Il 20 marzo scorso il capo della polizia Gabrielli è stato al Cairo per dare il via al progetto “pilota” biennale ITEPA (International Training at Egyptian Police Academy). Il protocollo tecnico italo – egiziano tra Accademia di polizia egiziana, Direzione Centrale dell’Immigrazione e Polizia delle Frontiere italiana, firmato già lo scorso settembre, prevede “la formazione della polizia di frontiera di 22 Paesi africani al fine di contrastare l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani”. A tal fine sarà istituito un “centro internazionale di formazione” presso l’Accademia della polizia egiziana dove per tre volte all’anno saranno erogati 6 corsi per la formazione di funzionari di polizia e ufficiali di frontiera, che a loro volta istruiranno poliziotti nei loro paesi d’origine. Il fine è quello di rafforzare le competenze delle varie polizie nella gestione di flussi migratori, nello svolgere indagini “sul traffico di migranti e reati connessi, nel controllo alle frontiere e nella frode dei documenti”.
Come d’abitudine non poteva mancare una nota alla salvaguardia dei diritti umani e al rispetto delle procedure internazionali di protezione. Proprio per questo l’addestramento prevede l’utilizzo di esperti appartenenti sia alle organizzazioni europee (Commissione Europea, Frontex, Europol) che internazionali (Interpol, Unodoc, Unhcr e Oim).
Si tratta di un ulteriore importante elemento di una più ampia cooperazione tra Italia, Europa e regime egiziano nel controllo e blocco delle persone migranti in passaggio e in partenza dall’Egitto. Del resto, il presidente dittatore al-Sisi, ha più volte ripetuto di essere pronto a impegnarsi maggiormente in questo ruolo solo in cambio di forti investimenti economici (l’Egitto ha bisogno di moneta estera per evitare la bancarotta e rispettare impegni con FMI) e del silenzio sulla repressione brutale delle opposizioni politiche (e non solo) all’interno del paese. Più o meno quello che l’Europa sta già facendo con l’altro presidente dittatore turco (due regimi uniti nelle pratiche dittatoriali ma sull’orlo di una crisi militare nel Mar Rosso).
Del resto che i rapporti tra regime egiziano ed Europa siano ottimi lo dimostra l’incontro tra Sisi e Merkel nei primi di marzo. La Germania si dice pronta ad aiutare l’Egitto “nell’addestramento della polizia di frontiera e nella lotta all’immigrazione illegale”. D’altronde subito dopo l’incontro 100 migranti e richiedenti asilo di origine egiziana sono stati espulsi dalla Germania con il rimpatrio coatto in Egitto, deportati da 50 agenti tedeschi che li hanno lasciati nelle mani della polizia del Cairo.
Su un altro fronte, Bibi Netanyahu, primo ministro dello stato razzista di Israele, ha dichiarato che “un’inondazione di infiltrati illegali dall’Africa” è peggio degli attacchi terroristici. Pertanto la costruzione di un muro elettrificato lungo i 200 km del deserto del Negev al confine con l’Egitto, motivata con la “sicurezza dello stato”, avrebbe in realtà lo scopo principale di bloccare i flussi migratori che passano dal Sinai e non quello della lotta al terrorismo come lo stato sionista ripete da anni. E in questi ultimi tempi, in effetti, Israele ha dato il via a una vera e propria caccia alle persone migranti africane (principalmente sudanesi ed eritree) presenti nel suo territorio costrette a lasciare il paese oppure destinate al carcere a vita o all’espulsione.