Traduzione da: Antifa Bulgaria
Domani 24 aprile 2018 nel tribunale di Harmanli ci sarà la prima udienza del processo contro gli arrestati durante la rivolta nel centro di detenzione ai confini della città durante l’autunno del 2016. Vi ricordate? I migranti vennero trattati come animali dallo stato e dalla sua macchina repressiva – dapprima isolati e messi illegalmente in quarantena, poi brutalmente picchiati per aver osato resistere a questa assurda pratica e infine accusati e mandati in tribunale. Manco a dirlo, nessun processo per i poliziotti responsabili delle violenze brutali inflitte durante la repressione della rivolta, né per i militanti nazionalisti responsabili di aver fomentato la propaganda anti-immigrati culminata nell’obbligo di quarantena e nella reazione dei reclusi.
Com’è successo tutto ciò?
Il centro di Harmanli è stato costruito nel 2014 come centro di accoglienza aperto, dove l’assistenza e le condizioni di vita erano ridotte al minimo. Entro il 2016, a soli due anni dall’apertura del campo, le strutture sanitarie di base e l’assistenza medica erano totalmente assenti. Il 2.10.2016 i militanti ultranazionalisti, tra cui l’europarlamentare Angel Dzambazki, l’attuale ministro della difesa Krasimir Karakachanov e la parlamentare Magdalena Tasheva, marciarono in corteo nella cittadina di Harmanli chiedendo che il centro diventasse una prigione e che i migranti fossero rinchiusi. Una delle ragioni addotte alla richiesta era il pericolo di “malattie” diffuse dai migranti. Dopo un mese la propaganda razzista aveva generato tanta isteria che il campo fu messo in quarantena totale, imprigionando completamente tutti i migranti reclusi con un presidio permanente della polizia a guardia. A livello igienico-sanitario è stato provato che tali misure erano assolutamente inutili e che la paranoia riguardo le malattie sembrava copiata dalla strategia propagandistica di Goebbels. Il 22 novembre 2016 i migranti imprigionati senza nessuna possibilità di lasciare il campo si sono ribellati, costruendo barricate e tirando pietre alla polizia. Contro di loro fu mobilitata la gendarmerie, che usò l’occasione per provare il suo nuovo idrante. In seguito, la polizia entrò nel campo e picchiò brutalmente e in maniera indiscriminata centinaia di persone che si trovavano nelle loro stanze e nei loro letti. Nell’ala dei reclusi afgani soltanto ci furono 125 feriti, di cui alcuni gravi. In 21 furono incriminati nonostante le chiare evidenze di violenza da parte della polizia e di pestaggi casuali e di massa. Nessun poliziotto venne investigato.
Per questo oggi facciamo un appello all’azione in solidarietà con i ribelli di Harmanli. Lo stato bulgaro che al momento guida la presidenza del consiglio d’Europa, le sue istituzioni e i politici devono essere condannati per la repressione totale sui migranti e l’uso ripetuto della violenza. Solidarietà, giustizia e libertà per i 21 incriminati a Harmanli!