Sabato 11 agosto è entrato in vigore il decreto reale che permette di nuovo la detenzione di famiglie con minori al seguito, al fine di espellerli dal paese. Dei nuclei familiari sono stati già trasferiti presso il CIE 127bis di Steenokkerzeel (Bruxelles), accanto alle piste dell’aeroporto nazionale. Nei prossimi giorni è previsto il loro trasferimento nella sezione del lager per migranti riservato alle famiglie. Una grossa mobilitazione di singoli, gruppi e associazioni è in atto da mesi. Negli scorsi giorni sono state fatte alcune azioni. Un sit-in nel centro di Bruxelles è previsto il giorno in cui la prima famiglia varcherà i cancelli del lager.
Maggiori informazioni si possono trovare in questi indirizzi facebook: Collectif Crer, Semira Adamu 2018.
La scorsa domenica 5 agosto la polizia ha tentato di espellere per la terza volta un migrante di nazionalità algerina, in Europa da 13 anni. L’espulsione è fallita solo grazie alla tenacia e al coraggio dell’uomo aiutato dalla mobilitazione di un gruppo di solidali che si è recato in aeroporto per avvisare della deportazione i passeggeri del volo. L’uomo è stato comunque aggredito, percosso e offeso dalla polizia. Qui di seguito la traduzione del resoconto scritto dai/dalle solidali.
Deportazione violenta impedita dai/dalle passeggerx.
Traduzione da Getting the voice out
Un uomo detenuto nel CIE (centre fermé) Caricole ci chiama d’urgenza. È il 5 agosto alle 10 del mattino. Gli è stato detto che sarà espulso alle 4 dello stesso giorno sul volo TUI in partenza da Charleroi verso Algeri. L’uomo viene messo immediatamente in prigione.
Il signor A. è un uomo di 35 anni, nato ad Algeri, in Europa dal 2004. Ha vissuto prima in Italia e da 6 anni vive in Belgio. Lavora in un cantiere edile come manovale. Ha sempre lavorato, soprattutto nei grossi cantieri edili di Anversa e del centro commerciale del canale a Bruxelles per 9 mesi, prima di essere recluso a Merksplas, poi a Bruges e infine al Caricole presso Steenokkerzeel (Bruxelles). L’uomo non ha mai avuto un contratto di lavoro e dunque non possiede né documenti, né protezione sociale.
Il 5 agosto è il suo terzo tentativo di espulsione, gli è stata promessa una scorta di polizia. In effetti, egli aveva rifiutato già i primi due tentativi di espulsione. Risiede in Europa da 13 anni e non desidera ritornare in Algeria.
Un appello ai/alle militanti era stato lanciato per recarsi all’aeroporto di Charleroi per informare i passeggeri dello stesso volo della sua presenza e spiegargli la sua situazione.
Noi abbiamo deciso di non diffondere questi appelli sul nostro sito, dal momento che l’Ufficio di Stato lo sorveglia, il che potrebbe generare delle reazioni securitarie e interrompere la mobilitazione.
Tante persone erano presenti all’aeroporto per sensibilizzare i passeggeri e ci sono arrivati numerosi messaggi. Scrive un contatto: “l’aereo per Algeri non è mai decollato. I/Le passeggerx sono piuttosto nervosx e per ora sembra che sia impossibile imbarcare l’uomo”.
Poi: “È stato riportato al CIE. È stato massacrato dalla sua scorta. Dei passeggeri hanno rifiutato di viaggiare con loro. Una donna ha gridato molto forte dicendo che non si possono trattare le persone come degli animali. Il comandante dell’aereo ha preteso di lasciare l’apparecchio”.
Al suo ritorno un detenuto del centro ci ha detto: “è stato massacrato dalla sua scorta, è pieno di colpi su tutto il corpo e hanno insultato la sua religione. È questo che gli ha fatto più male”.
Estratto del rapporto medico che descrive le violenze della polizia.
“Domenica 5 agosto 2018, Mr Allag è stato trasferito dal centro Caricole al commissariato federale, poi al commissariata a Charleroi. Durante quest’ultimo trasferimento, è stato attaccato con delle cinture. La sua descrizione fa pensare a una camicia come quella utilizzata per i pazienti aggressivi. Dice di aver avuto dei dolori perché le cinture erano troppo strette. Al commissariato di Charleroi, gli hanno legato anche le gambe. E’ stato trasferito nell’aereo da sei poliziotti federali. Gli sono state legate le mani vicino alla vita, poi ancora con le mani sono state cinturate davanti alla pancia e alla fine è stato attaccato ai braccioli. L’immobilizzazione che descrive rendeva ogni movimento impossibile.
L’uomo ha cercato di gridare per avvertire i passeggeri della sua espulsione contro la sua stessa volontà ma dei poliziotti gli hanno schiacciato il collo e la cassa toracica per impedirgli di gridare. Gli hanno anche spinto la testa tra i due sedili incastrandolo come in una morsa.
Uno dei poliziotti l’ha insultato: “fotti tua madre”. Poi gli ha detto che il suo Corano doveva essere gettato alla spazzatura. Un altro poliziotto che egli identifica come il responsabile del gruppo con gli occhi blu e una t-shirt arancione ufficiale l’ha chiamato “miserabile” e “coglione”. […]
Bisogna dunque continuare…continuare a denunciare perché i passeggeri possano essere messi al corrente e possano reagire rifiutando di sedersi, o non mettendo i loro bagagli nel posto previsto. Continuare a denunciare per aggirare i piani messi in atto dalla polizia per far passare tutto nel silenzio. Continuare a denunciare per mettere fine a altre espulsioni.
Stop deportation!!!