Dal 14 dicembre scorso le popolazioni del Sudan scendono in strada per chiedere la fine della trentennale dittatura del generale Omar el-Bashir e del suo regime. A dare inizio alle proteste ragioni essenzialmente economiche (mancanza di petrolio e benzina, svalutazione della moneta e inflazione, aumento del prezzo del pane). Tuttavia, la protesta spontanea iniziata tra gli/le studenti universitarie nella città di Atbara, in cui venne incendiata la sede del partito di governo, ha finito ben presto per infiammare tutto il paese al grido di: “la rivoluzione è quello che il popolo ha scelto”. Sulla scia di quanto avvenuto nel 2011 in tanti paesi arabi, le persone si rivoltano in maniera autonoma e spesso spontanea contro la dittatura, la repressione, la corruzione, i soprusi delle forze di polizia e delle milizie fedeli al regime, e accusano apertamente Bashir di essere il responsabile di migliaia di morti nella guerra in Darfur, così come delle violenze contro le popolazioni del Sud Sudan e della Nubia. Medicx, farmacistx, professorx e studenti delle Università sono in sciopero da settimane.
Dopo due settimane di rivolte e la morte di decine di persone, il 1° gennaio la “Sudanese Professionals’ Association” – associazione che è riuscita a prendere la leadership nell’organizzazione delle proteste nel paese – ha pubblicato un documento chiamato “Dichiarazione per la libertà e il cambiamento” in cui si domanda:
1) L’immediata e incondizionata fine del governo di Omar Bashir;
2) la formazione di un governo di transizione di 4 anni che rappresenti realmente l’intera nazione (sono previsti anche 9 obbiettivi precisi che vanno dalla fine della guerra, al ritorno delle persone rifugiate, alle riforme economiche, all’istaurazione di un “modello di governo pluralista e rappresentativo”, all’indipendenza del sistema giudiziario, alla fine di ogni forma di oppressione e discriminazione contro le donne).
3) la fine immediata di tutte le forme di violazione dei diritti umani, incluso le leggi che restringono la dignità e il diritto alla vita del popolo del Sudan; la presentazione di fronte a un tribunale di coloro che hanno violato i diritti del popolo sudanese secondo le leggi interne e del diritto internazionale.
Alla pubblicazione di questa dichiarazione ha fatto seguito un calendario di proteste pacifiche che hanno visto aumentare la partecipazione e la determinazione popolare.
Qui di seguito una breve cronologia di quanto avvenuto nei giorni tra il 1° gennaio e il 09 dicembre (abbiamo già raccontato quanto avvenuto nelle settimane precedenti il 1° gennaio).
01 gennaio: 22 partiti politici (The National Front for Change) – di cui molti facenti parte del governo -hanno inviato una nota al Presidente Bashir che chiede la dissoluzione dell’attuale governo e del Parlamento e la formazione di un governo transitorio. Diverse segnalazioni sulla presenza di mercenari bianchi tra le milizie pro Bashir.
02 gennaio: L’opposizione pubblica i dati della repressione: 45 persone uccise, più di 1000 ferite, 2000 arresti e diversi casi di tortura.
03 gennaio: La Sudanese Professionals Association e le altre opposizioni fanno appello a continuare le proteste e organizzano una marcia unitaria per il 6 gennaio verso il palazzo presidenziale. Chiedono la partenza di Bashir e la formazione di un governo di unità nazionale transitorio. Il partito di governo (NCP) rifiuta l’appello. Il presidente Bashir propone di aprire un’inchiesta guidata dal ministro della giustizia per indagare sugli “incidenti” dei giorni precedenti. Ad Atbara continuano le azioni di disobbedienza civile e le proteste.
04 gennaio: manifestazione a Port Sudan. La polizia carica e spara gas lacrimogeno. Comunicato della “rete dei giornalisti” che denuncia la “rabbiosa e sistematica campagna” contro giornali e lavoratori/rici. Diversx giornalistx sudanesi e stranierx sono infatti detenutx e arrestatx fin dall’inizio delle proteste.
05 gennaio: il governo annuncia il prossimo aumento dei salari delle/degli impiegatx pubblicx.
06 gennaio: giornata di mobilitazione in tutto il paese quando inizia la seconda settimana di sciopero del personale medico. A Khartoum diversi cortei cercano di raggiungere il palazzo presidenziale. La marcia dei professori universitari è subito bloccata. I professori vengono detenuti fino a sera, malmenati e umiliati. Uno dei cortei, nel quartiere di al-Buri, riesce a sfondare il blocco della polizia. Duri scontri fino alla notte. Almeno un morto. La polizia/milizie entrano nelle case per arrestare chi partecipa alle manifestazioni. Scontri anche nella regione di Wad Madani e nella città di Atbara e Port Sudan
07 gennaio: giornata di sciopero delle farmacie pubbliche. Nella notte barricate in diversi quartieri di Khartoum. Il Consiglio dei Ministri rende noto un piano per risolvere problemi economici (svalutazione moneta e mancanza di benzina). Rilasciate molte delle persone arrestate il giorno prima. Le stazioni di polizia non hanno lo spazio sufficiente per tuttx i/le detenutx.
08 gennaio: manifestazione a Qaradif (sud-est del paese). In migliaia sfilano scandendo lo slogan della rivolta: “Libertà, pace e giustizia … la rivoluzione è ciò che ha scelto il popolo”. Manifestazioni anche a Atbara in occasione della visita del presidente Bashir che annulla tutte le cerimonie previste.
09 gennaio: Il presidente Bashir raduna qualche suo sostenitore e pezzi del suo regime. Dopo aver cominciato il suo intervento con un ballo, nel suo discorso elogia la polizia ed esercito e promette nessuna tolleranza contro “i sabotatori”. I Partiti di governo cancellano il corteo “pro Bashir” previsto per in giornata. Nel pomeriggio almeno 20 mila persone sfilano per le strade di Omdurman (Khartoum) verso il Parlamento. Durante il percorso sono attaccati dalla polizia. Almeno 3 persone restano uccise. Non si contano i feriti. Nel pomeriggio le milizie del governo entrano nell’ospedale di Omdurman. Sparano gas lacrimogeni nelle corsie e colpi in aria. Attaccano personale medico, pazienti e visitari/rici. Diverse persone sono arrestate. Il personale dell’ospedale proclama uno sciopero ad oltranza, intanto fuori comincia un’occupazione spontanea.
Rivoluzione fino alla vittoria (al-thawra hatta al-nasr)!