Da ieri, mercoledì 3 luglio, 72 persone recluse nel CPR di Caltanissetta-Pian del Lago sono in sciopero della fame per protestare contro la detenzione e la deportazione di 18 persone verso la Tunisia, prevista per oggi, giovedì.
Veniamo a sapere di questa lotta non grazie a una comunicazione diretta da parte dei reclusi, o dai contatti che spesso si riescono a intessere durante un presidio solidale all’esterno delle mura, o ancora leggendo qualche media locale o nazionale (i quali in genere danno spazio alle proteste, per criminalizzarle, solo quando provocano danni ai lager).
Questa volta a dare notizia della protesta è stato lo stesso ministro dell’interno con un post sui social network dove prende in giro gli scioperanti (“peggio per loro”) e gongola per il risparmio di soldi ottenuto in conseguenza dello sciopero della fame.
Le persone sbarcate in Italia conoscono purtroppo subito la realtà dei campi di concentramento europei, venendo recluse negli Hotspot appena mettono piede in questo paese. Successivamente molte delle persone provenienti da paesi con i quali l’Italia ha accordi di riammissione (Tunisia, Egitto, Marocco etc, che rappresentano circa un terzo del totale delle persone sbarcate) ricevono immediatamente un decreto di espulsione o vengono recluse nei CPR, principalmente quelli di Trapani e, appunto, Caltanissetta.
Nei primi sei mesi di quest’anno le persone deportate sono state 2.839, quasi il doppio rispetto alle 1.561 sbarcate nello stesso periodo in Italia. I voli di deportazione sono regolari, dall’inizio dell’anno sono stati effettuati 26 charter: 17 verso la Tunisia, 4 verso Egitto e Nigeria, uno per il Gambia. I più recenti di cui si ha notizia sono quelli verso Tunisia e Egitto avvenuti nella prima settimana di giugno.
Ci fa rabbia constatare la quasi totale assenza di complicità e solidarietà con le lotte delle persone recluse. Malgrado l’isolamento, nei CPR di Caltanissetta e Trapani le lotte, individuali o collettive, sono frequenti. A Trapani il 5 giugno, per resistere alle deportazioni verso Egitto e Tunisia delle quali abbiamo scritto sopra, almeno una trentina di persone recluse avevano dato vita a due momenti di rivolta, uno nel pomeriggio e poi nel corso della notte. I reclusi avevano divelto porte e infissi per guadagnarsi l’uscita verso le recinzioni, in modo da tentare la fuga, e si erano difesi con quello che avevano tra le mani dalla repressione, durante la quale sono stati usati anche degli idranti. Delle circa 90 persone presenti nel lager, una ventina sono state deportate la mattina successiva. Sempre a Trapani erano stati trattenuti anche due minorenni, uno dei quali è riuscito qualche giorno fa a evadere.
Anche nel lager di Caltanissetta negli ultimi mesi i reclusi avevano provato più volte ad opporsi alle deportazioni, protestando e attuando dei tentativi di evasione: il 3 febbraio, il 23 gennaio e il 28 dicembre.
Il CPR di Caltanissetta era stato riaperto ai primi di dicembre 2018 dopo i lavori di ristrutturazione, durati un anno, in seguito alla rivolta del 9 dicembre 2017, quando erano stati distrutti dal fuoco tre padiglioni. Per quella rivolta furono arrestate inizialmente 5 persone con l’accusa di “devastazione e saccheggio”, tre furono in breve tempo scagionate e rilasciate e per le altre due si è concluso nel novembre 2018 il processo di primo grado, con una assoluzione a formula piena e una durissima condanna a 10 anni per un ragazzo di 21 anni.