Malta – Rivolta e incendi nel centro di detenzione di Hal Far

Una nuova rivolta è avvenuta domenica 20 ottobre, alle dieci di sera, nel centro di detenzione di Hal Far a Malta.

Nel lager e nell’adiacente centro di accoglienza, situati in un’ex caserma britannica dell’isola, vicino all’aeroporto, sono segregate circa 1.400 persone. Secondo le persone recluse la protesta è iniziata a causa delle violenze delle guardie contro alcune persone. Sono state lanciate pietre e appiccati diversi incendi ad alcune strutture tra le quali l’ufficio dell’AWAS (Agency for the Welfare of Asylum Seekers, l’agenzia statale che gestisce il centro) e 5 auto dei dipendenti. Gli operatori dell’AWAS sono fuggiti e i rivoltosi hanno preso il controllo del centro fino alle 23.30, quando sono arrivati i rinforzi di polizia e le unità di intervento rapido in assetto antisommossa. Gli scontri sono continuati e 3 auto della polizia sono state danneggiate. Verso le 4 di notte la protesta è stata repressa.

Questa mattina un numero ancora più ingente di poliziotti in assetto antisommossa, circa 200, ha effettuato un’irruzione nel campo di concentramento, tra grida e pianti delle donne presenti, arrestando almeno 75 persone accusate di aver partecipato alla rivolta, portate via ammanettate con i bus verso gli uffici centrali della polizia.

Dopo la polizia è arrivato nel lager il personale del dipartimento della protezione civile e ha condotto dei controlli in ogni cella.
Ad alcuni migranti è stato ordinato di lasciare i locali con le loro cose. Sono stati scortati fuori da un contingente di polizia, non si ancora verso dove.

A Malta i centri di detenzione sono tutti sovraffollati, migliaia di persone sono recluse da mesi, molte in attesa di un ricollocamento in altri paesi europei, malgrado la legge preveda la reclusione nei centri di detenzione per un massimo di 10 settimane.
Proprio oggi un tribunale maltese ha dichiarato illegale la detenzione di 6 richiedenti asilo, reclusi per più di 3 mesi nel lager di Hal Safi.
I loro avvocati avevano sostenuto che la detenzione continuata non era semplicemente una “limitazione della libertà di movimento” ma una flagrante privazione della loro libertà personale. I richiedenti asilo hanno raccontato come, immediatamente dopo il loro salvataggio in mare, erano stati interrogati da funzionari di polizia, senza l’assistenza di un interprete, e portati al centro di detenzione, dove i loro beni personali erano stati confiscati. Gli è stato quindi consegnato un documento che limitava il loro movimento affermando che c’erano “motivi ragionevoli” per sospettare che fossero portatori di una malattia contagiosa e che quindi richiedessero uno screening medico.
I richiedenti furono sottoposti a una scansione del torace in un centro sanitario, ma non furono mai informati dei risultati di quei test. Nel frattempo, avevano presentato domanda di asilo, rendendo la loro presenza a Malta “regolare e lecita”. Nonostante ciò, tuttavia, hanno continuato a essere detenuti nella caserma Safi. Ogni volta che venivano trasportati per andare al centro sanitario o all’Ufficio del Commissario per i rifugiati, venivano ammanettati.

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