Fonte: Campagne in lotta
Dopo l’incendio del 3 dicembre scorso al Gran Ghetto di Rignano, non si è perso tempo nel mettere in moto la già rodata macchina speculatrice sulla pelle dei lavoratori. Pochi giorni dopo la tragedia, che ha distrutto buona parte delle abitazioni lasciando centinaia di persone prive di casa, la Prefettura ha messo in piedi la solita risposta, che non ha nulla di provvisorio ma anzi si appresta a diventare la nuova normalità che tutti conoscono bene: tende. Ad oggi sono circa 25, le tende blu della protezione civile che sono state posizionate nel terreno adiacente a ciò che rimane del ghetto, per mezzo di protezione civile e Regione. A tendopoli conclusa i posti totali saranno 500, in base a quanto raccontato dalle forze dell’ordine ad alcuni abitanti, con 10 persone per tenda, il che non lascia dubbi sulle condizioni di sovraffollamento a cui saranno sottoposte le persone che vi andranno a vivere, date le ridotte dimensioni delle tende. Già è emersa la volontà, per quanto concerne l’organizzazione della nuova Tendopoli, di sottoporre i futuri abitanti a un rigido regolamento: divieto di cucinare per conto proprio, pasti portati da fuori e con ogni probabilità (visto che si stanno già raccogliendo i nomi) accesso strettamente regolamentato e consentito solo a chi è registrato.
Difficile non rivedere in queste imposizioni un altro esempio, già rivelatosi ampiamente fallimentare, di Tendopoli militarizzata: quella di San Ferdinando (in Calabria), in cui le vite delle persone sono costantemente sottoposte al controllo e messe a profitto – così come è successo a Casa Sankara, anche se in dimensioni ridotte -.
Inoltre fin dal giorno dell’incendio è stato attivato un servizio di catering gestito da Gam Ristorazione, azienda che già in passato si era candidata al bando per la gestione della ristorazione del CARA di Borgo Mezzanone. Secondo le testimonianze di diversi abitanti del ghetto, i generi alimentari verrebbero recapitati dalla ditta esclusivamente presso la casa di una persona notoriamente legata al sindacato USB, che da tempo minaccia e cerca di intimidire chi partecipa alle lotte autorganizzate: tutte le altre persone sarebbero costrette a rivolgersi a lui per ricevere il pasto.
Anche in questo caso appare palese la connivenza tra sindacati, associazioni e istituzioni, con il comune obiettivo di speculare sulla precarietà a cui sono costrette le persone che vivono nei ghetti.
Ancora una volta si risponde con soluzioni emergenziali e provvisorie a una questione, quella abitativa, che già da anni è sotto gli occhi di tutti; ancora una volta, la volontà e l’opinione di chi nei ghetti è costretto a viverci viene sistematicamente taciuta, ignorando le istanze portate avanti da anni di lotta per ottenere documenti e case vere.
Gli abitanti del Ghetto hanno chiaro il progetto istituzionale e non sono disposte a sottostare al ricatto: come ha dimostrato la giornata di lotta del 6 dicembre, l’unione e la solidarietà fanno tremare il potere.
Ancora una volta siamo pronti a scendere in strada.
GHETTI E TENDOPOLI PER NESSUNO, CASE PER TUTTI!