Con il sangue agli occhi. Lottiamo contro i CPR

Nei Centri di espulsione continuano le fughe, gli scioperi, le resistenze alle deportazioni, le rivolte, le proteste collettive e individuali.
A forza di delegazioni in visita nei centri e commissioni d’inchiesta lo Stato ha acquisito un’esperienza ventennale e oggi rilancia con l’apertura di nuovi CPR: centri più piccoli e fortificati, sempre più simili alla carcerazione penale, espulsioni più veloci.
Meno propaganda e più fatti, questo è il segnale che arriva dall’attuale governo, in barba a chi crede che sia una possibile sponda per la conquista di diritti civili.

Tra “i fatti” ci sono gli abusi, la negligenza medica, la somministrazione coatta di psicofarmaci, il cibo avariato, i pestaggi, i lacrimogeni lanciati dove non si può scappare, le cariche della celere, il sequestro dei telefoni per impedire qualsiasi contatto con l’esterno, le deportazioni punitive nei confronti di chi racconta la realtà di questi moderni lager.
La discrezionalità nella gestione di questi Centri, più volte denunciata dall’associazionismo, potrebbe giungere oggi a una messa a sistema che “accontenta” tutti: normalizzare l’abominio è la tendenza che abbiamo sotto gli occhi.

Le morti, per qualsiasi causa, in ogni contesto di privazione della libertà per noi hanno sempre un responsabile: lo Stato.
Nessuno Stato racconterà la verità sulla violenza che commette quotidianamente.
Nel caso dei CPR, solo il coraggio delle persone recluse è riuscito a rompere l’invisibilità di ciò che accade perché molto spesso non ci sono neanche familiari e persone care che vanno ai colloqui e che possono raccogliere testimonianze.

Ne abbiamo avuto un tragico esempio proprio nel lager di Ponte Galeria. Il 24 novembre 2018, durante un presidio solidale, le donne recluse comunicarono la morte per mancanza di soccorsi di una loro compagna con problemi cardiaci, Natalia, avvenuta l’11 novembre. Nessuna istituzione confermò quella morte, nessun media ne accennò, non ci fu nessuna inchiesta. Solo 6 mesi dopo, nel maggio del 2019, nella relazione del Garante dei detenuti del Lazio, la morte di Natalia veniva accennata e minimizzata in tre righe: “Nonostante l’immediata prestazione di cure mediche, nel novembre del 2018 una donna  di  nazionalità  moldava  è  morta per un attacco cardiaco all’interno del Centro. Risiedeva  in  Italia  da  molti  anni  con  impiego  da  badante  ed  era  stata  fermata  con documenti non validi pochi giorni prima nelle strade della Capitale”.

Il primo febbraio ci uniamo al presidio previsto davanti al CPR di Ponte Galeria a partire dalle ore 15, in adesione ad una mobilitazione nazionale lanciata in più città.
Lo Stato ha provato con denunce e inchieste ad allontanare i/le solidali da quelle mura e ha sequestrato i telefoni dei detenuti per impedire che venga raccontato cosa avviene dietro quelle sbarre e quel cemento.
Non c’è altro modo per farci sentire vicini/e dalle persone recluse in quel Centro di espulsione.

Da Roma mandiamo la nostra solidarietà a Paska, compagno che il 31 gennaio verrà processato a La Spezia dopo aver ricevuto un pestaggio in carcere, e ai rivoltosi che verranno processati ad aprile per le proteste nel carcere di Spini di Gardolo (Trento) a seguito della morte di un compagno di prigionia.

Per la libertà.

Compagni e Compagne

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