“Siamo qui per morire o per ottenere la libertà”: sciopero della fame nel centro di detenzione ed espulsione di Moria
Traduzione da: Aegean border monitoring
Le persone recluse nel centro di detenzione pre-espulsione di Moria (PRO.KE.KA) a Lesbo sono in sciopero della fame dal 5 aprile 2020. Gli scioperanti della fame chiedono il loro rilascio immediato per evitare le conseguenze disastrose di un focolaio di virus nella prigione. Secondo gli scioperanti, “Tutte le carceri del mondo hanno liberato i prigionieri… abbiamo deciso per libertà o morte”. La polizia responsabile del centro di detenzione ha risposto con derisioni, intimidazioni e violenze. Un’unità delle forze speciali di polizia è stata di stanza nel centro di espulsione per almeno 24 ore, molestando e minacciando i detenuti. Secondo un detenuto, “Hanno portato fuori dei prigionieri per interrogarli, uno di loro ha ricevuto un pestaggio… Vogliono sapere perché lo facciamo.” Quattro detenuti si sono cucite le labbra in segno di protesta, dopo alcune ore è stato chiamato un medico per venire a rimuovere il filo con la forza. Lo stato greco insiste sul fatto che nessun detenuto migrante verrà rilasciato. Ciò nonostante gli annunci di un rilascio di prigionieri con brevi condanne rimanenti e di un rilascio globale di detenuti durante la pandemia di Coronavirus. Un tribunale ha stabilito che le persone detenute in un campo di detenzione nella Grecia settentrionale dovrebbero rimanere recluse perché “a rischio di fuga”. Al contrario, il governo greco ha aumentato la detenzione di persone migranti, trasformando i campi profughi in prigioni in cui l’accesso a cure mediche adeguate, igiene, acqua e la capacità di mantenere le distanze sociali sono tragicamente impossibili.
[…] Il 6 gennaio 2020 un uomo di 31 anni è stato trovato impiccato nella sua cella dopo essere stato posto in isolamento. Da allora, ci sono stati diversi tentativi di suicidio. In un caso, un uomo ha tentato il suicidio ed è stato espulso il giorno seguente. In più di un caso, i tentativi di suicidio sono stati preceduti e seguiti da violenze e molestie della polizia.
Nuclei antisommossa e selvaggia repressione contro gli immigrati in sciopero della fame a Paranesti, nella provincia di Drama.
Traduzione da: Athens Indymedia
Massacrati di botte in un’operazione repressiva centinaia di prigionieri migranti, in sciopero della fame nel campo di concentramento di Paranesti (Drama), i quali si erano ribellati contro le loro misere condizioni di detenzione.
Da contatto telefonico con diversi immigrati detenuti nel centro di detenzione di Paranesti siamo stati informati dei seguenti fatto verificatisi venerdì 3 aprile.
Il campo ha 6 sezioni in cui sono posizionati da 7 a 8 container, e in ciascuno di essi vivono stipate 15 persone. Le condizioni di vita sono miserabili e le persone sono private persino degli oggetti di prima necessità.
Oltre a queste condizioni di detenzione disumane, un mese fa le richieste di asilo sono state sospese, ed è sopraggiunta anche la limitazione della mobilità a causa del coronavirus, cosicché molte persone sono rimaste intrappolate nei container senza alcuna speranza di sfuggire a questa sorte.
Non è stata data loro alcuna informazione sulle ragioni per cui sono stati posti in quarantena, né su ciò che sta accadendo fuori, e neppure su cosa dovrebbero fare per proteggersi dal virus.
Nella confusione generale e nel clima di incertezza sul proprio destino, venerdì 3 aprile a mezzogiorno i reclusi hanno deciso di reagire, dapprima protestando per il cibo scadente che viene loro fornito e poi, dopo essersi consultate tra loro, circa 500-600 persone nelle 6 sezioni si sono rifiutate di mangiare rendendone note le ragioni all’Amministrazione, la quale ha reagito immediatamente assicurando che la loro richiesta sarebbe stata soddisfatta nel pomeriggio, e persuadendoli ad accettare temporaneamente il cibo.
Nel pomeriggio, avendo ricevuto il medesimo vitto scadente e comprendendo così le reali intenzioni dei loro carcerieri, hanno deciso lo sciopero della fame non solo per il cibo, ma anche per essere aggiornati sulla situazione che riguardava anche la loro salute, nonché sui motivi della loro reclusione.
E così i gestori del campo di concentramento, da autentici epigoni dei fascisti, li hanno immediatamente rinchiusi nei container, cercando di isolarli e di intimidirli per fermare la mobilitazione, e inoltre a scopo punitivo hanno smesso di rifornirli di cibo dal supermercato.
Il trattamento loro riservato è stata poi degno degli aguzzini nazisti nei campi di concentramento. Dopo averli tenuti rinchiusi per ore nei container, intorno alle 21:00, sono sopraggiunti i nuclei antisommossa con la gentile collaborazione delle teste di cuoio e 2 cellulari con poliziotti armati fino ai denti.
Ne è seguito un pestaggio selvaggio, con le forze di repressione che hanno aperto le porte dei container una ad una, e trascinato fuori i migranti uno alla volta, come capitava, letteralmente massacrandoli. Nel contempo 6-7 sbirri entravano in ciascun container a dar botte da orbi a chi avevano davanti. Poi, continuando anche dopo averli trascinati fuori, colpivano alla testa, alle gambe, al corpo e in qualsiasi altro posto coi loro manganelli. Gli stessi immigrati riferiscono di essere stati persino colpiti da taser, senza che tuttavia ciò possa essere accertato.
L’intera operazione di repressione è durata da 2 a 3 ore, e dopo aver saziato la propria ferocia hanno detto di voler aggiungere qualche “trattamento” extra, tenendo i migranti fuori dai container, nel cortile dell’ala, alcuni di loro fino alle 3 del mattino, mentre tutti gli altri erano già stati rinchiusi nuovamente.
Molti migranti avevano la testa aperta, alcuni sono stati portati in ospedale il giorno successivo, altri sono stati trasferiti per rappresaglia in differenti centri di detenzione, alcuni altri sono stati portati nelle stazioni di polizia, altri sono stati trasferiti in un centro sanitario nelle vicinanze per le loro ferite. In questo modo li hanno sparpagliati, isolandoli affinché non abbiano contatti tra loro e così da impedire che i fatti trapelino all’esterno.
Il massacro e la repressione dei migranti in sciopero della fame non resteranno senza risposta.
Non dimentichiamo, non perdoniamo.
Carogne delle forze di sicurezza, noi siamo le gocce della tempesta in arrivo