Il 15 aprile scorso la famiglia di Alaa Abdel Fattah ha saputo tramite gli avvocati che Alaa era entrato in sciopero della fame almeno dal 13 aprile. Tuttavia, ma non gli era stato concesso di leggere gli atti e le motivazioni che lo hanno portato a iniziare lo sciopero.
La famiglia di Alaa dice che probabilmente il motivo dello sciopero è il divieto di fare i colloqui che dura da più di un mese.
Alaa ha già scontato una pena di 5 anni per manifestazione non autorizzata. Quando è stato arrestato a settembre, al seguito di una serie di proteste scoppiate nel paese, stava scontando altri 5 anni di semilibertà che prevedevano di passare 12 ore notturne in commissariato.
Al momento Alaa si trova nel carcere di massima sicurezza di Tora al Cairo, in isolamento, senza ora d’aria, senza la possibilità di leggere, né scrivere.
Come lui anche uno degli avvocati che lo difendeva, Mohamed Baker.
In questi ultimi due giorni Laila Soueif, la madre di Alaa si è recata davanti al carcere per avere notizie, ma il risultato è stato ore di attesa interminabili e niente di fatto. I secondini non hanno preso neppure il detergente, una soluzione contro la disidratazione e una lettera per il figlio. Qualche settimana fa la dottoressa era stata arrestata con sua figlia, sua sorella e una loro compagna per aver fatto un presidio di fronte al Parlamento. Chiedevano l’amnistia per tuttx i/le detenutx.
L’ultima volta che Alaa è riuscito a parlare delle sue condizioni in una lettera diceva di star bene di salute, ma era preoccupato per le persone fuori, perchè non avendo accesso a giornali o altri mezzi di informazione era veramente difficile immaginare cosa stesse succedendo.
Ricordiamo che dal 10 marzo in tutte le carceri egiziane sono sospesi i colloqui con le famiglie a causa del virus. Sempre per lo stesso motivo i rinnovi avvengono senza che le persone detenute vengano trasferite nei tribunali.
Sono centinaia le compagne e i compagni che si trovano in carcere preventivo, con le solite accuse di diffusione di false notizie, non abbiamo nessuna notizia di cosa stia succedendo dentro.
Dal 24 marzo il regime ha istituito il coprifuoco dalle 7 di sera alle 6 di mattina, che poi è stato alleggerito dalle 8 alle 6 di mattina, questa misura ha portato all’arresto di più di mille persone che non si sono attenute alle disposizione del regime.
Continuano, dunque, quindi gli arresti nonostante la situazione di emergenza sanitaria anche nei confronti di chi dà voce alla situazione all’interno delle carceri denunciando le condizioni di compagne e compagni in carcere. Il 29 marzo Noha Kamal, una compagna di Alessandria è stata prelevata dalla propria abitazione e trasferita direttamente nel carcere di al-Qanater al Cairo. Dopo l’ennesimo processo farsa con le solite accuse, ora si trova reclusa anche lei in attesa di processo.
Oggi, 21 aprile, l’attivista per la difesa dei minori in carcere, Marwa Arafa, moglie del socialista rivoluzionario Tamer Mowafy è stata prelevata da casa dalla polizia e vittima di sparizione forzata.
Il regime, intanto, sta discutendo l’estensione dei poteri del presidente durante lo stato d’emergenza per il Corona virus. Ossia – tra le altre cose – il potere di vietare incontri, manifestazioni pubbliche e private, distribuire denaro e beni a persone e imprese, fissare il prezzo di determinati articoli e beni, trasformare centri e scuole in ospedali.
Libertà per tutte e tutti