Francia – Aggiornamenti sulle condizioni nei CRA

traduzione da abaslecra

Dopo più di un mese di stato di emergenza sanitaria, di confino e di chiusura delle frontiere, lo Stato continua a rinchiudere nei CRA e nelle prigioni, per imprigionare (con o senza virus) quelli/e che non hanno i « buoni documenti ». 

Condizioni sempre di merda

 

-Alcune liberazioni, dei nuovi arrivi e dei CRA che riaprono

Nella settimana del 13 aprile, lo Stato si è rimesso a rinchiudere in massa nei CRA : tra le 15 e le 20 nuove persone sono state recluse a Nîmes (sud), 17 a Mesnil Amelot (Parigi) nel corso della settimana, poi 22 nella notte tra sabato 18 e domenica 19. Per quanto riguarda le prigioniere, a Mesnil Amelot, a seguito di alcune liberazioni, una persona si è ritrovata da sola come era stato il caso due settimane fa a Oissel (Rouen, nord-ovest). Queste donne si ritrovano sole e isolate di fronte al razzismo e al sessismo delle guardie, in delle condizioni ancora più dure di quelle degli uomini. Le prefetture dell’Ile-de-France non sono nell’ottica di chiudere i centri di detenzione com’è stato annunciato su alcuni giornali, in particolare dopo la decisione del Tribunale Amministrativo di Parigi riguardo al CRA di Vincennes. Al CRA di Lille-Lesquin, alcune persone rinchiuse continuano ad essere liberate ma spesso nel mezzo della notte, e le persone si ritrovano sole in strada alle due del mattino nelle vie di Lesquin senza alcun modo di raggiungere Lille. Per quanto riguarda i prigionieri di Mesnil Amelot trasferiti a Lille dopo la rivolta di domenica 12, questa volta nessuno è stato liberato. 

Alcune prefetture avevano annunciato la chiusura dei centri di detenzione che di fatto non sono mai stati chiusi, bisogna continuare a restare attenti/e. (…) È quello che è successo al CRA di Lione, che era stato dichiarato chiuso ma dove 30 persone erano rinchiuse la settimana scorsa, ci sono ancora molte persone rinchiuse ogni giorno, e anche qualche liberazione. Lo stesso è successo per il CRA di Lille, dove non restava che una sola zona aperta in tutto il centro due settimane fa, mentre ad oggi le quattro zone vengono usate per rinchiudere. O a Nîmes, dove il 16 aprile venivano rinchiuse 15 persone. Il CRA di Bordeaux serve ancora a infliggere una doppia pena per le persone che sono appena uscite di prigione, prelevate dalla polizia direttamente all’uscita e rinchiuse in centro di detenzione. 

Il 16 aprile restavano 5 prigionieri/e nel CRA di Tolosa, a Cornebarrieu. Come in ogni CRA, gli sbirri rifiutano l’accesso alle cure alle persone rinchiuse, e le picchiano. Quel giorno, mentre un prigioniero viene preso da un malore, le guardie non intervengono, nonostante le richieste dei suoi codetenuti. Quando la PAF ha finito per arrivare, è stato solo per picchiare la persona e isolarla. In seguito a questo, il giorno successivo il prigioniero in questione ha iniziato uno sciopero della fame. Sabato 18, dei nuovi prigionieri sono stati rinchiusi e nei giorni seguenti c’è stata qualche liberazione. Il prigioniero in sciopero della fame si è trovato solo a partire da domenica sera. Lo Stato continua a tenere aperti i centri per rinchiudervi poche persone, come a Tolosa, ma anche nei centri di detenzione “oltre mare”, nelle colonie francesi. È il caso della Guyana, dove 10 persone sono state rinchiuse il 20 aprile, e 5  il 21 aprile, tutte appena uscite di prigione. Nota bene, questa prigione per persone senza documenti era stata vuotata all’inizio del lockdown. 

A Mayotte, nonostante il CRA avesse chiuso, riaprirà le sue porte per rinchiudere par la quarantena di 14 giorni le persone straniere che arrivano in nave dalle Comore. Con il pretesto di quarantenarli, il CRA riprende servizio. Dappertutto nei territori controllati dallo stato francese, si potrebbe pensare che le prefetture si preparano alla fine del lockdown (che sarà tra meno di 90 giorni, la durata massima della reclusione), sperando di poter riprendere le deportazioni dei/lle prigionieri/e. 

Sulla salute

Il rifiuto di acceso alle cure è la norma nei CRA: gli sbirri, la prefettura, i giudici e i medici lasciano che le condizioni di salute dei prigionieri si degradino sempre di più. Da un lato, i trattamenti in corso vengono interrotti, dall’altro le persone che si ammalano nei centri non vengono curate. Le infermerie sono delle farmacie dove vengono distribuiti antidolorifici a chi avrebbe bisogno di cure, e continuano a provare a stordire con le pillole il più alto numero di prigionieri/e. In alcuni casi urgenti, gli sbirri rifiutano di ricoverare la gente, (ne abbiamo avuto notizia recentemente per dei casi di covid). E tutto questo in delle condizioni sanitarie disgustose. 

Quando dei prigionieri malati sotto trattamento vengono rinchiusi in un centro, l’interruzione delle cure è quasi sistematica: un appello alla solidarietà è stato diffuso per un prigioniero rinchiuso a Mesnil Amelot, dopo essere stato liberato di prigione per essere operato. L’interruzione dei trattamenti medici rappresenta una doppia pena inflitta ai prigionieri, una pena che mette in pericolo la loro stessa vita. 

Per quanto riguarda il Covid-19 più specificamente, lo Stato fa prendere ai/lle prigionieri/e il rischio di crepare continuando a rinchiuderli/e, spesso mettendo più persone per cella, in delle condizioni sanitarie insalubri, lasciando gli sbirri, che entrano ed escono ogni giorno, contaminarli e rinchiudendo delle nuove persone ogni giorno. Le prefetture, per poter mantenere i centri aperti, sostengono di poter fare un tampone a tutti/e quanti/e. 

All’ora in cui, dall’inizio dell’epidemia, la società intera è invasa dall’angoscia aumentata dalla situazione catastrofica degli ospedali, bisogna immaginare cosa vivono i/le prigionieri/e rinchiusi/e senza alcun tipo di protezione né presa in carico della loro salute, con la sola certezza che saranno gli/le ultimi/e – con i/le prigionieri/e in carcere – ad essere curati/e. 

Riguardo alle famiglie

Gli effetti della reclusione, in prigione come in CRA, non si ripercuotono solo sui/lle prigionieri/e ma anche sulle persone che li circondano: ore di attesa per i colloqui, gli abusi da parte delle guardie durante la perquisizione, il disprezzo dei giudici. In questi tempi di epidemia, si aggiunge l’interruzione delle visite e la paura del contagio, oltre alla mancanza di informazioni e l’assenza di misure sanitarie all’interno dei centri di detenzione. In alcuni CRA le famiglie possono portare qualche oggetto di prima necessità ai/lle prigionieri/e, del cibo, vestiti, tabacco, SIM (a Lille per esempio una volta a settimana). A Mesnil Amelot alcuni poliziotti sono arrivati persino a fare delle multe per violazione delle misure di lockdown a dei familiari che venivano a portare degli oggetti ai propri parenti rinchiusi. 

Di fronte a questa situazione, i/le prigionieri/e si organizzano e le rivolte si moltiplicano. 

 

Sempre più rivolte contro la reclusione

A Vincennes, Lille, Mesnil-Amelot, Lione e Oissel tutte le lotte condotte dai/lle prigionieri/e queste ultime settimane rivendicano la liberazione immediata di tutti e tutte e la chiusura delle prigioni per persone senza documenti. 

Rivolta e repressione a Mesnil Amelot

A Mesnil Amelot tutti i prigionieri rimasti sono stati raggruppati nel CRA2. Gli ultimi prigionieri rimasti a Plaisir e Palaiseau (entrambi in Ile-de-France), vi sono stati trasferiti a fine marzo. La decisione di raggruppare i prigionieri aumenta i rischi di trasmissione del coronavirus tra i detenuti e permette soltanto di ridurre il numero di poliziotti della PAF presenti. Nella notte tra l’11 e il 12 aprile, il cortile dell’aria è stato bloccato dai/lle prigionieri/e che l’hanno invaso urlando “Libertà! Libertà!”. Il comandante e la direzione del centro hanno cercato di farli risalire nelle celle, ma i prigionieri si sono rifiutati e hanno passato la notte fuori. Durante la mattinata del 12, la celere è stata chiamata in rinforzo oltre agli agenti in antisommossa già presenti. Una parte dei prigionieri è stata pestata mentre le guardie hanno perquisito tutto l’edificio e confiscato i telefoni. Poi la celere ha riportato di forza i prigionieri nelle loro celle fatta eccezione per 8 persone che sono state fermate e poi trasferite in altre prigioni per stranieri/e: 5 a Lille Lesquin e 3 a Oissel (Rouen). Per i prigionieri che si trovano a Lille, la repressione continua, sono stati messi in una zona del CRA aperta per l’occasione, isolati dagli altri prigionieri. Da allora, diversi prigionieri del CRA sono stati liberati, ma dei due prigionieri trasferiti da Mesnil Amelot che sono passati davanti al giudice, entrambi si sono visti prolungare il periodo di detenzione. Uno di loro si è rivoltato dopo questa decisione, e la polizia lo ha tenuto in stato di fermo per una giornata. 

– Sciopero della fame e solidarietà a Oissel

Quando domenica 12 aprile i 3 prigionieri di Mesnil Amelot sono arrivati a Oissel dopo un trasferimento all’insegna delle violenze, i 13 prigionieri del CRA di Oissel hanno lanciato uno sciopero della fame per esigere la loro immediata liberazione. Come già lo dicevano il 25 marzo, denunciano la mancanza materiale di protezioni sanitarie (gel antibatterico, sapone, maschere) che mette in pericolo le persone rinchiuse. I tre prigionieri trasferiti si uniscono alla lotta in corso. Non hanno potuto prendere le loro cose e i loro documenti che la PAF ha lasciato nel cra di Mesnil Amelot. 

Di fronte alle rivolte nei centri, la strategia delle guardie e delle prefetture è spesso di trasferire quelli che considerano i capi in altri CRA per spezzare i legami di solidarietà e l’organizzazione: fatica sprecata perché da Mesnil a Oissel, la lotta continua! Questa settimana al CRA di Oissel c’è stata qualche liberazione e dei nuovi arrivi. Gli ultimi prigionieri in sciopero della fame sono stati arrestati il 17 aprile senza aver ottenuto nessuna risposta da parte dell’amministrazione. In quel momento dieci prigionieri si trovavano nel centro. 

– Isolamento e sciopero della fame a Vincennes

Fine marzo, degli scioperi della fame scoppiano a Vincennes. Da allora, l’edificio 1 ha chiuso, i prigionieri sono raggruppati negli edifici 2A e 2B, dove il 9 aprile, dei casi di coronavirus sono stati confermati, mentre i prigionieri reclamavano da diverse settimane libertà e misure sanitarie all’altezza della crisi. Gli sbirri, piuttosto che portare i prigionieri malati all’ospedale, li mettono in isolamento. Il 12 aprile, dopo un incendio durante la mattinata, un prigioniero malato con i sintomi del covid stava molto male la sera. I prigionieri si sono scontrati con la polizia per esigere che venisse portato in ospedale, ma gli sbirri, fedeli al loro sporco lavoro razzista, hanno rifiutato di chiamare un’ambulanza e hanno detto che sarebbe stato sottoposto al tampone martedì. Intorno a mezzanotte, i detenuti hanno finito per ottenere che il prigioniero venisse portato con un’ambulanza. Per proteggere le guardie, l’amministrazione ha messo delle maschere a disposizione dei prigionieri/e, cosa che è stata ovviamente presa come un insulto: a cosa possono servire le maschere quando tutti/e sono già stati/e potenzialmente contaminati/e, e dopo che la situazione viene denunciata ormai da settimane?  Sulla giustizia, i politici e i giornali: anche durante la crisi, non ci dimentichiamo che nono sono degli alleati.

Il tribunale rifiuta di far chiudere il CRA di Vincennes

Il 14 aprile, il tribunale amministrativo di Parigi si è espresso riguardo la chiusura del CRA di Vincennes con una decisione vigliacca e ambigua: rifiuta di chiudere il centro e vieta di mettere in detenzione nuove persone nel CRA di Vincennes. Sappiamo che questo non vuol dire meno reclusione: nei giorni seguenti, abbiamo assistito a un’ondata di arrivi al CRA di Mesnil Amelot. Il tribunale chiede inoltre al CRA di Vincennes, per quanto riguarda chi è risultato positivo al Covid-19, di “isolarli e quarantenarli pur mantenendo l’accesso alle cure necessarie al loro stato di salute”. Più che ipocrisia, è un accanimento, visto che la giustizia sa molto bene che l’accesso alle cure è inesistente nei CRA, in tempo normale e ancora di più in questo momento. La prova: domenica scorsa, gli sbirri hanno riunito 4 prigionieri malati nell’edificio 2B, tutti nella stessa cella, e hanno stipato gli altri (circa una ventina) due per cella nell’edificio 2A – sappiamo bene, tra l’altro, che ci sono ben più di 4 persone che hanno il virus. È stato detto ai malati che sarebbero rimasti nel centro perché i loro sintomi non sono abbastanza gravi. Alla fine, una persona è stata liberata dal 2B il 20 aprile e un’altra portata in ospedale.

Riguardo a media, politici e istituzioni

Sui giornali si è scritto tanto dei CRA durante la rivolta dell’11-12 aprile a Mesnil-Amelot, con articoli di tutti i tipi. Per cambiare, non si interessano ai CRA che quando possono scrivere di “battibecchi” tra prigionieri e sbirri. Ancora peggio, mettono le persone in pericolo: diversi giornalisti, anche “militanti”, hanno pubblicato testimonianze audio dei prigionieri e articoli con i loro nomi. Al di là della possibilità della repressione giudiziaria dopo le rivolte, questi giornalisti espongono i prigionieri alle rappresaglie della polizia, che può identificarli. A Mesnil, durante la rivolta, gli sbirri dicevano apertamente che i prigionieri presi di mira dai trasferimenti o dai pestaggi erano “quelli che parlavano ai giornalisti”, che le guardie si aggiravano intorno alle cabine del telefono tendendo le orecchie e cercavano di confiscare i telefoni cellulari. 

Speriamo comunque che il breve momento in cui i CRA sono stati sotto i riflettori grazie alle rivolte dei detenuti abbia un effetto sull’attitudine quotidiana della polizia, almeno per un po’… 

Con la rivolta di Mesnil abbiamo anche assistito all’abituale passerella dei politici, in particolare di Coquerel, deputato della France insoumise che è andato al centro il 13 aprile per fare luce sulla situazione e distribuire mascherine “ai reclusi e ai poliziotti”. Sui giornali, tra l’altro, si sofferma lungamente sul rischio che corrono i poliziotti. I prigionieri dicono che niente è cambiato dalla sua visita. Anche le istituzioni “indipendenti” si risvegliano. È il caso del Controllore Generale dei Luoghi di Privazione della Libertà, Adeline Hazan, che si è recata a Vincennes e a Mesnil Amelot e ha annunciato il 17 aprile che esortava il governo a svuotare e chiudere i CRA. La stessa cosa è stata fatta dal Garante dei Diritti: per la seconda volta dall’inizio del lockdown, il 18 aprile ha reclamato la chiusura dei CRA e la liberazione dei/lle prigionieri/e. Come sempre, è tutto molto bello ma non ha nessun effetto… 

Per noi non si tratta di chiedere come fanno alcune associazioni e certi politici di “sinistra” la chiusura temporanea dei CRA fino alla fine del confino, ne esigere che i CRA vengano riformati per renderli più “umani” o efficienti. Per noi, si tratta di partire dalle parole e dalle lotte dei/lle prigionieri/e, che mostrano chiaramente cosa bisogna fare di queste prigioni per persone senza documenti: distruggerle. 

Per questo continueremo, con o senza virus, a far circolare la loro voce all’esterno e a sostenere le loro rivolte. 

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