Oulx – Dopo lo sgombero della Casa Cantoniera Occupata

fonte: Chez JesOulx – Rifugio Autogestito

***english version below***
***version française ci-dessois***
Il testo seguente rappresenta un tentativo, da parte di alcune persone che erano coinvolte nella Casa Cantoniera Occupata, di analizzare lo sgombero del nostro spazio e di riflettere sugli ultimi anni della nostra presenza da questo lato del confine.

Ora più che mai, vogliamo invitare tuttx a venire in frontiera per dimostrare che lo sgombero dei nostri spazi, la repressione delle persone di passaggio e dei solidalx, non arresteranno la nostra volontà di resistenza. Stiamo provando a ri-unirci e riorganizzare la presenza sul confine. Non sappiamo ancora che forma prenderà ciò che intendiamo fare, poichè dipende dagli eventi dei prossimi giorni e settimane. Se siete interessatx e volete rimanere aggiornatx, scrivete un’e-mail a chezjesoulx[at]riseup.net.

La mattina presto del 23 marzo, la polizia, insieme a vigili del fuoco e ad alcune ONG, hanno sgomberato la Casa Cantoniera occupata a Oulx. I 13 compagni che erano presenti nella casa durante lo sgombero sono stati accusati di occupazione, mentre oltre 60 persone di passaggio sono state sottoposte a test forzati per il coronavirus, identificate, prese le impronte digitali, e poi trasportate in diverse strutture.
Il modo in cui questo sgombero è stato eseguito dimostra ancora una volta tutte le contraddizioni della politica migratoria europea. La repressione della libera circolazione è possibile solo con la complicità delle istituzioni cosiddette “umanitarie”. Mentre i poliziotti sono il volto visibile della repressione statale, le organizzazioni umanitarie sono usate (e con compiacenza) come il volto amico di questa repressione.

La Croce Rossa e l’associazione “Rainbow 4 Africa” hanno fornito l’infrastruttura di trasporto e stivamento per le oltre 60 persone di passaggio che erano presenti nella casa durante lo sgombero, spedendole in diverse direzioni e facendole retrocedere dal confine. I vigili del fuoco hanno aiutato i poliziotti a sfondare le barricate della casa e hanno permesso loro di intrufolarsi nella casa dalle finestre del tetto usando le loro attrezzature. Senza l’aiuto di queste istituzioni, lo sgombero della Casa Cantoniera sarebbe stato molto più difficile e lungo (e, quindi, visibile al pubblico).
Non è la prima volta che la Croce Rossa collabora con la polizia – in questa frontiera o in altri luoghi. Ci sono state varie occasioni in cui i suoi membri sono stati ripetutamente presenti sul confine, cercando (invano) di convincere le persone di passaggio a non attraversare invece di fornire qualcosa di utile o permettere loro di decidere da soli. Spesso sono stati complici dell’intervento della polizia, aiutandola a realizzare i respingimenti. In diverse occasioni la Croce Rossa ha consapevolmente sfruttato la fiducia della gente nella sua istituzione mentre collaborava apertamente con la polizia.
L’associazione Rainbow 4 Africa ha una lunga storia di tentativi di collaborazione con i centri sociali e hanno più volte cercato di forzare la loro presenza sulla Casa Cantoniera. Allo stesso tempo sostengono il CPR di Torino con personale medico e hanno fornito infrastrutture mediche per lo sgombero della casa. Quando la protesta il giorno dello sfratto è arrivata al dormitorio dei Salesiani per portare solidarietà alle famiglie che vi erano state portate, ci siamo accorti che il cancello principale della struttura è stato chiuso a chiave fin dal loro arrivo, impedendo loro di uscire. Questo dimostra ancora una volta che la loro percezione delle persone a cui rivolgono i loro “servizi” non è quella di individui liberi e uguali, ma di oggetti gestibili e confinabili.

Per più di due anni la Casa Cantoniera ha cercato di creare uno spazio di solidarietà concreta e di resistenza contro la frontiera, l’oppressione e la violenza che ne derivano. Uno spazio che rifiutava di partecipare alla “gestione” della migrazione, dove coloro sulle cui spalle si costruiscono i nostri privilegi e le nostre ricchezze non venivano trattati come oggetti, come pericolosi delinquenti o vittime infantilizzate, ma come soggetti individuali in grado di prendere le proprie decisioni. La frontiera è evidentemente permeabile al continuo passaggio di denaro, turismo e commercio, ma non alle persone prive del pezzo di carta “corretto”. Il nostro obiettivo non è mai stato quello di fornire un servizio alla gente, ma di costruire una lotta inclusiva con persone che sono oppresse dal sistema capitalista e dello stato, in diversi modi.

Molte persone che sono passate per la Casa Cantoniera hanno partecipato attivamente alla gestione dei compiti quotidiani. Il fatto che questa casa sia stata aperta alla gente senza pause per 828 giorni è stato possibile solo perché abbiamo raccolto collettivamente le nostre conoscenze e competenze, massimizzando le nostre possibilità, adattandoci e valorizzando le differenze nelle nostre capacità. Condividendo la rabbia e la frustrazione in comune, ma anche passare momenti di affetto e di gioia, ci ha aiutato a diventare più forti e determinati nella nostra opposizione alla realtà violenta di questo mondo.
Nella casa occupata le persone hanno condiviso le loro storie, i loro sogni e le loro lotte tra di loro, trovando forza nel non essere soli. A volte questi momenti consistevano semplicemente nel condividere un caffè al mattino, nel passarsi un piatto di qualcosa di delizioso e fritto da condividere durante le discussioni, nel ballare musica pop da tutto il mondo mentre si preparava un pasto collettivo, o il collettivizzare con quattro persone diverse l’ultima cartina, filtro, ciuffo di tabacco o accendino per una sigaretta tanto necessaria…
Questa opposizione che si crea, non è semplicemente in contrasto con l’oppressione sistemica della frontiera – parallelamente ad essa, cerca di costruire una realtà alternativa. Questa casa è stata un luogo dove ci siamo confrontati molte forme di oppressione:
C’era un orto auto-organizzato, per ripensare il nostro modo di rapportarci al cibo e alla natura rispetto al consumismo.
C’era uno spazio riservato alle donne e agli individui non-binari/non conformi al genere, perché il sistema del patriarcato si smantella in parte, valorizzando e dando spazio.
C’era una biblioteca con libri e testi auto-pubblicati in varie lingue, dai fumetti e romanzi alla auto-cura e al DIY, puntando su un’alternativa radicale* che richiede una costante riflessione, autocritica ed espansione della conoscenza.
Pur avendo, in alcune occasioni, accettato l’appoggio materiale di ONG, non ci siamo mai sottomessi per conformarci ai loro paradigmi e abbiamo sempre cercato di auto-sostenere la casa con l’appoggio finanziario e materiale di persone che condividono o sostengono le nostre idee.

Ovviamente, in un mondo che si basa sulla violenza e in cui tutti noi abbiamo interiorizzato dinamiche di oppressione e certi stereotipi, è impossibile non commettere certi errori. Molte persone che sono passate per la casa sono sopravvissute a traumi e perdite, alcune delle quali non hanno mai avuto il privilegio di vivere senza paura e oppressione.
Non vogliamo negare che la casa ha visto episodi di violenza e che abbiamo commesso errori in certe situazioni, ma per creare qualcosa al di fuori della logica del profitto e del dominio, dobbiamo mettere in pratica ed imparare dagli errori che sono stati fatti in passato, anche se non sempre ci riusciamo. Siamo disgustati dal modo in cui questi episodi sono stati strumentalizzati per sventrare un approccio alternativo, usati per dimostrare che effettivamente un altro mondo non è possibile; in realtà è brutalmente ironico che questi episodi di violenza siano un risultato diretto dei sistemi oppressivi che gli stati nazionali sostengono con tanta vemenza.

Dall’inizio del progetto, molte speculazioni e disinformazioni sono state diffuse su questa casa. Subito dopo l’esecuzione dello sgombero, erano state condivise foto dell’interno della casa (che era in uno stato terribile, come logicamente sono tutte le case dopo gli sgomberi), strumentalizzandole per confermare la loro narrazione degli “sporchi abusivi e malfattori”. Ci rifiutiamo di parlare con i giornalisti, perché non vogliamo essere ritratti secondo l’immagine stereotipata “dell’anarchico” e strumentalizzati per alimentare lo spettacolo.
Così ora questo piccolo spazio di autodeterminazione che ci aveva dato la possibilità di respirare per un momento, pur sempre sommersi da un mondo di politiche dure e leggi razziali, è scomparso.
Lo sfratto della Casa Cantoniera è solo una parte della repressione globale contro la libertà di movimento, le strutture di solidarietà e gli spazi liberati ed occupati in generale. In tutta Europa negli ultimi anni, spazi occupati da tempo sono stati sfrattati, mentre i tentativi di creare nuovi spazi e nuove lotte vengono immediatamente accolti con tutta la forza degli organi statali repressivi. La militarizzazione delle frontiere e la normalizzazione dei respingimenti alle frontiere interne ed esterne dell’Europa, non fa che alimentare sentimenti razzisti sempre maggiori e la fascistizzazione della società. Allo stesso tempo, coloro che si rifiutano di credere in questa logica e continuano a sostenere le persone in movimento sono continuamente colpiti.
A Calais la distribuzione di cibo è stata illegalizzata, in altri luoghi, alle persone viene impedito di praticare la loro solidarietà individualmente e sono costrette a registrarsi presso una ONG. In Ungheria tutte le forme di sostegno alle persone in movimento sono state illegalizzate da anni.
L’obiettivo è da un lato quello di creare le condizioni che rendano la migrazione il più difficile possibile, e che agiscano da deterrente per impedire ad altri di tentare il viaggio. Dall’altro lato, si sta mandando il messaggio che l’umanità e il sostegno sono possibili solo quando sono raccolti in un contesto e una metodologia approvata dallo stato.
Tuttavia, la repressione delle strutture di solidarietà e la fortificazione delle frontiere non impediranno alle persone di esercitare la loro volontà e necessità di migrare. La migrazione è ovecchia come l’umanità, e finché questo mondo sarà parcellizzato in spazi di coloro che sono sfruttati e coloro che traggono profitto da questo sfruttamento – finché le guerre e i conflitti saranno alimentati dal bisogno del capitalismo di produrre profitto e dal bisogno degli stati nazionali di espandere il loro potere e la loro influenza – le persone continueranno a migrare da un luogo all’altro. E finché esisterà questa disuguaglianza tra il “sud globale e il nord globale” del mondo, la gente continuerà a cercare di venire in Europa.

Lo sgombero e la repressione della Casa Cantoniera non impediranno alle persone di passare questa parte della frontiera. Li porterà solo ad essere costretti ad usare percorsi sempre più pericolosi, e per le persone più disperate, e all’utilizzo di passatori che traggono profitto dalla miseria delle persone.
Possono prendere i nostri spazi, possono criminalizzarci e imprigionarci, ma non possono seppellire le nostre idee e non possono mettere a tacere la verità, e questa verità è questa:
Finché il mondo sarà organizzato secondo il principio della dominazione – della natura da parte dell’uomo, o di un tipo di uomo sull’altro, o di un sistema economico basato sullo sfruttamento delle risorse e delle vite umane – non potremo essere liberi. Abbiamo bisogno e troveremo, altri modi di esprimere la nostra opposizione, di costruire e lottare per spazi dove possiamo imparare, creare, vivere in libertà.
* usiamo la parola radicale nel suo senso originale, nel senso che vogliamo arrivare alla “radice” del problema invece di limitarci a riformare ciò che crediamo essere fondamentalmente disfunzionale
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VERSION FRANCAISE
Le texte qui suit est une tentative, par quelques personnes impliquées dans l’occupation de la Casa Cantoniera, d’analyser l’expulsion de notre espace, et de poser une réflexion sur notre présence à cet endroit de la frontière.
Aujourd’hui, plus que jamais, nous voulons appeler à converger vers cette zone de la frontière, afin de montrer que l’expulsion de nos espaces, la répression des personnes en migration et celleux présent.es en solidarité, ne nous empêcheront pas d’exprimer et mettre en place une résistance active. Nous ne savons à ce point pas quelle forme elle prendra, cela dépendra des prochains jours et semaines. Si vous étés intéressé.es et voulez être tenu.es au jus, envoyez un mail à chezjesoulx@riseup.net (clé pgp dispo sur demande)
Le 23 Mars à l’aube, la police, accompagnée par des associations et les pompiers a expulse la Casa Cantoniera à Oulx, un petit village à la frontière franco-italienne où des milliers de personnes ont transité les dernières années.. Les 13 camarades present.esdans la maison pendant l’expulsion ont été accusé.esd’occupation illégale, pendant que les plus de 60 personnes de passage ont été tésté.es de force au coronavirus, identifié.eset transporté.esdans différentes structures.
La façon dont l’expulsion s’est passée nous démontre, encore une fois, toutes les contradictions de la politique migratoire européenne. La répression d’un mouvement libre n’est possible que grâce à la complicité d’institutions dites « humanitaires ». Bien que la police soit la face visible de la répression, les organisations humanitaires sont partie prenante (et s’en complaisent) de la face acceptable de la dite répression.
La Croix Rouge ou l’association « Rainbow 4 Africa » ont fourni , et imposé, des infrastructures de transport et d’ « assistance » médicale pour les plus de 60 personnes présentes lors de l’expulsion, les expédiant dans différentes directions, les ramenant loin de la frontière. Les pompiers ont assisté la police dans la destruction des barricades, et facilité leur accès au toit grâce à leurs équipements. Sans l’aide de ces institutions, l’expulsion de la Casa Cantoniera aurait été quasiment impossible, ou du moins bien plus compliquée.
Ce n’est pas la première fois que la Croix Rouge collabore avec la police à cet endroit de passage ou ailleurs. Il y a eu de nombreuses situations ou ses membres étaient constamment présent.es à la frontière, essayant, (en vain) de persuader des gens de ne pas la passer sans se soucier de leur libre arbitre, se faisant complices des interventions policières, s’y substituant pour déporter celleux à qui l’on refusait l’entrée en france. A plusieurs reprises, la Croix Rouge a consciemment profité de la confiance envers leur institution en collaborant ouvertement avec la bleusaille.
L’association « Rainbow 4 Africa » a une longue histoire de velléité de collaboration avec des centres sociaux et a toujours tenté d’imposer sa présence à la Casa Cantoniera, supportant dans le même temps le CPR (NdT : CRA) de Turin avec du personnel de « soin » (ou la négligence du bien être humain est quotidienne) et fournissant des infrastructures médicales pour l’expulsion de la maison. Quand la manifestation sauvage, le jour de l’expulsion, est arrivée à l’accueil de nuit des Saleziani afin d’exprimer notre solidarité avec les familles déportées là, nous nous sommes rendu compte que la porte principale en était close depuis leur arrivée, les privant de leur liberté. Cela montre, une fois de plus, que les personnes qu’iels disent aider ne sont pas vues comme des individus libres et égaux mais comme des objets que l’on peut gérer … ou confiner.
Durant plus de deux ans, la Casa Cantoniera s’est voulue un espace de solidarité active et de résistance contre la frontière, l’oppression et la violence qui lui sont inhérentes. Un espace qui refusait de participer au “management” de la migration, où celleux sur qui l’on a construit notre richesse et nos privilèges ne sont pas traité.escomme des objets qui soient ou dangereux, ou victimes infantilisées, mais comme des individus capables d’auto-détermination. De fait, la frontière est bien entendu perméable au passage continu de l’argent, du tourisme et du commerce, mais pas à celui des personnes à qui il manque les « bons » papiers.
Notre but n’a jamais été de fournir un service à ces personnes, mais plutôt de créer une lutte inclusive par celleux qui sont oppréssé.espar les systèmes capitaliste et étatique. Beaucoup de gens passé.espar la Casa Cantoniera ont participé activement à la gestion des taches quotidiennes. Le fait que cette maison ait été occupée sans interruption pendant 828 jours a été possible uniquement grâce à la mobilisation de nos connaissances et compétences, en prenant en compte nos différences, possibilités et privilèges. Partager notre rage et notre frustration, mais aussi passer des moments de liesse et d’amitié mutuelle nous a renduplus fort.esquant à notre opposition à la violente réalité de ce monde.
Dans la maison occupée, on a partagé des histoires, des rêves, des luttes, ensemble, en puisant la force dans le fait de ne plus être isolé.es. Parfois, ces moments se résumaient simplement à partager un café corretto le matin, faire tourner des plats délicieusement huileux pendant une tchatche, danser sur de la pop de l’autre bout du monde en préparant une bouffe collective, ou mettre en commun une dernière feuille, filtre pour rouler une cigarette bien méritée.
Cette opposition n’est pas uniquement dirigée contre le système des frontières, elle essaie aussi de construire une réalité alternative. La maison était un endroit où l’on a tenté de déconstruire d’autres formes d’oppression::
Il y a eu un potager autogéré, parce qu’en tentant de surpasser la logique monétaire et consumériste, on se doit de repenser notre relation à la bouffe et la nature.
Il y eu un espace réservé aux femmes, aux personnes non binaires ou ne se reconnaissant pas dans des stéréotypes de genre, parce que la lutte contre les oppressions ne peut se faire sans lutte contre le patriarcat.
Il y a eu une bibliothèque pleine de livres et de brochures dans différentes langues, des BD aux romans, de l’autogestion des soins au DIY, parce que poursuivre une alternative radicale* demande une réflexion permanente, une auto critique et une recherche de la connaissance.
Bien que nous ayons à certains moments accepté l’aide matérielle de quelque ONG, nous ne nous sommes jamais assujetti.esau conformisme de leurs paradigmes et avons toujours recherché l’autosuffisance de la maison via le soutien matériel et financier des personnes soutenant nos idées.
Évidemment, dans un monde où la violence est omniprésente et où chacun.e de nous a internalisé des dynamiques d’oppression et certains stéréotypes, il est impossible de ne pas faire d’erreurs. Beaucoup de gens ayant passé par la maison ont survécu à pertes et traumatismes, certain.esn’ayant jamais eu le privilège de vivre à l’abri de la peur et des oppressions.
Nous ne nierons pas que la maison a connu des épisodes de violence, et que nous avons commis des erreurs dans certaines situations, mais dans le but de créer quelque chose qui existe en dehors de logiques de profit et de domination, nous nous devons d’expérimenter et apprendre des dites erreurs du passé, bien que nous n’y soyons pas toujours parvenus.
Nous sommes écœuré.espar l’instrumentalisation de ces épisodes, comme preuves qu’un autre monde ne serait pas possible, quand, ironique brutalité, ils sont la conséquence directe des systèmes oppressifs que l’état nation soutient sans sourciller.
Depuis les prémices du projet, spéculations et rumeurs pullulent sur la maison. Juste après l’expulsion, des photos de la maison, évidemment dans un sale état (une expulsion c’est pas joli …) ont été partagées, appuyant la narration des « squatteur.euses dégueulasses et des mafaiteur.ices» .On refuse de parler aux gratte papiers, parce qu’on ne veut pas être caricaturé.esselon le stéréotype de l’ « anarchiste » au profit d’un sensationnalisme dépassé.
Maintenant, ce petit espace d’autodétermination, qui nous a donné un temps la possibilité de respirer dans un monde de politiques répressives et de lois racistes , n’est plus.
L’expulsion de la Casa Cantoniera est partie prenante d’une répression plus globale contre la liberté de circuler, les structures de solidarité et les espaces occupés en général. Partout en europe** des occupations établies sur le long terme ont été expulsées les dernières années, pendant que des tentatives de créer des nouveaux espaces et de nouvelles luttes ont immédiatement fait face à la toute puissance des organes étatiques de répression. La militarisation et la normalisation des déportations aux frontières internes comme externes de l’europe ne font que nourrir les sentiments racistes et la fascisation de la société. Dans le même temps, celleux qui refusent de se conformer à cette logique et continuent de soutenir les personnes sur la route se retrouvent de plus en plus criminalisé.es.
A Calais, les cantines solidaires sont réprimées par la loi, ailleurs on empêche des personnes d’exprimer leur soutien individuel et on les force à adhérer à des ONG . En hongrie toute forme d’aide est officiellement interdite depuis des années. L’objectif, d’un côté, est de créer des conditions migratoires les plus difficiles possible, et de dissuader des populations d’entamer le voyage. De l’autre côté, on envoie le message que le soutien humain n’est possible que sous le contrôle de l’état.
Néanmoins, la répression des structures de solidarité et la fortification des frontières n’empêchera pas des personnes d’assouvir leur envie et leur besoin de migrer. La migration est vieille comme le monde, et depuis que le dit monde est divisé entre les exploité.eset celleux qui profitent de cette exploitation, depuis que les guerres et conflits sont nourries par le besoin du capitalisme de produire du profit et celui de l’état nation d’étendre leur pouvoir et leur influence, des personnes continueront de migrer d’un endroit à l’autre. Aussi longtemps que perdurera l’inégalité entre deux pôles de ce monde, des personnes continueront de converger vers l’europe. Aussi longtemps que les richesses de l’europe seront construites sur cette inégalité, l’etat nation et ses institutions ne pourront donner une autre réponse à la migration que la militarisation et la violence.
L’expulsion et la répression envers la Casa Cantoniera n’empêcheront pas ces personnes de traverser ici. Elles les entraîneront seulement sur des routes plus dangereuses, amenant ainsi leur lot de mort.eset de désespoir, et ouvriront la porte à plus de passeurs, qui font leur blé sur la misère humaine.
Ils peuvent prendre nos espaces, nous criminaliser, nous emprisonner, mais ils n’enterreront pas nos idées et ne tairont pas la vérité.
La vérité, c’est que tant que le monde tourne grâce à la domination d’un.e être humain.e sur un.e autre ou sur la nature, ou grâce à un système économique basé sur l’exploitation des ressources et de l’humain, nous ne pourrons être libres. Nous trouverons d’autres moyens d’exprimer notre opposition, de nous battre et de créer des espaces ou nous pouvons vivre, apprendre, et créer, librement : Hurriya !
* on utilise ici le mot radical dans son sens originel, qui implique que l’on cherche la « racine » du problème plutôt que d’en corriger les conséquences
**les noms d’états sont laissés sans majuscule consciemment
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ENGLISH:
The following text is an attempt by some of the people that were involved in the occupied Casa Cantoniera to analyse the eviction of our space and reflect on the past years of our presence in this part of the border.
Now, more than ever we want to call everyone to come to the border in order to show that the eviction of our spaces, the repression of people on the move and people in solidarity with them, will not stop us from expressing and exercising our resistance. We are trying to regroup and organize presence in the border. We don’t know yet which form this will take, because it depends on what is going to happen in the next days and weeks. If you are interested and want to stay updated, write an email to chezjesoulx@riseup.net (pgp key on request).
In the early morning of March 23rd, the cops along with firefighters and certain NGOs evicted the occupied Casa Cantoniera in Oulx, a small village at the italian-french border where thousands of people have transitted in recent years. The 13 comrades that were present in the house during the eviction have been accused of occupation, while over 60 people in passage have been forcibly tested for coronavirus, identified, fingerprinted, and then transported to different structures.
The way this eviction has been executed demonstrates once again all the contradictions of the european* migration policy. The repression of free movement is only possible with the complicity of so called «humanitarian» institutions. While the cops are the visible face of state repression, humanitarian organizations are used (and complacently so) as the friendly face of this repression.
The Red Cross and the association «Rainbow 4 Africa» have provided the infrastructure of transport and processing for the over 60 people in passage without consent that were present in the house during the eviction, shipping them off in different directions while backtracking them away from the border. The firefighters assisted the cops with breaking the barricades of the house and enabled them to sneak into the house from the roof windows using their equipment. Without the help of these institutions, the eviction of the Casa Cantoniera would have been much more difficult and time consuming (and, thus, visibile to the public.)
It is not the first time that the Red Cross has collaborated with the police – at this border or in other places. There have been various occasions in which its members were repeatedly present on the border, trying (in vain) to persuade people in passage not to cross instead of providing something useful or allowing them to decide for themselves. They often were accomplices to police intervention, aiding them to carry out pushbacks. On several occasions the Red Cross has consciously exploited people’s trust in their institution while openly collaborating with the police.
The association Rainbow 4 Africa has a long history of trying to collaborate with social centres and have repeatedly tried to force their presence on the Casa Cantoniera, while at the same time supporting the CPR of Torino with medical staff (in which the neglect of the physical well-being of people imprisoned is daily routine) and providing medical infrastructure for the eviction of the house. When the protest on eviction day arrived at the dormitory of the Salesiani in order to bring solidarity to the families that were brought there, we realized that the main gate of the structure has been locked since their arrival, preventing them from exiting. This shows once again that their perception of the people they are directing their “services” to is not one of equal free individuals but of manageable and confinable objects.
For over two years the Casa Cantoniera has attempted to create a space of practical solidarity and resistance against the border and the oppression and violence that comes with it. A space that refused to participate in the «management» of migration, where those on whose backs our privileges and wealth are built are not treated as objects, as dangerous delinquents nor infantilized victims, but as individual subjects that are able to make their own decisions.
The border is evidently permeable to the continuous passage of money, tourism and commerce, but not to people lacking the “adequate” piece of paper. Our aim was never to provide a service to people but to build an inclusive struggle with people that are oppressed by the system of capitalism and state in different ways.
A lot of people who passed by the Casa Cantoniera participated actively in the management of daily tasks. The fact that this house has been open to people without pause for 828 days was only possible because we collectively compiled our knowledge and skills, maximizing possibilities by adapting and appreciating the differences in our capabilities. Sharing through our anger and frustration in common but also passing moments of affection and joy helped us to get stronger and more determined in our opposition against the violent reality of this world.
In the occupied house people have shared their stories, dreams and struggles among each other, finding strength in not being alone. Sometimes these moments consisted of simply sharing a coffee in the morning, passing a platter of something delicious and fried to share during discussions, dancing to pop music from all over the world while preparing a collective meal, four different people offering their last respective filter, paper, tobacco, or lighter for a much needed cigarette…
This opposition that is created, is not merely in contrast to the systemic oppression of the border – parallel to it, it seeks to build an alternative reality.
That house has been a place where we confronted many forms of oppression:
There was a self-organized garden,to rethink our way of relating to food and nature with regards to consumerism.
There was a space reserved for women and non-binary/gender nonconforming individuals, because the system of patriarchy is dismantled in part by validating and giving space.
There was a library with books and self-published texts in various languages, from comic books and novels to self care and DIY, aiming for a radical** alternative which demands constant reflection, self-criticism and expansion of knowledge.
While we have on some occasions accepted material support from NGOs, we have never subjected ourselves to conform to their paradigms and we have always tried to self-sustain the house with the financial and material support of people that share or support our ideas.
Obviously, in a world that is based on violence and in which all of us have internalized dynamics of oppression and certain stereotypes, it is impossible to not make mistakes. Many people that have passed the house have survived trauma and loss. We don’t want to deny that the house has seen episodes of violence and that we have made mistakes in certain situations, but in order to create something outside of the logic of profit and domination, we have to practice and learn from the mistakes that have been done in the past, although we have not always succeeded in doing so.
We are disgusted by the way these episodes have been used as a way to gut an alternative approach, as if to prove that another world is not possible; in fact it is brutally ironic that these episodes of violence are a direct result of the oppressive systems that the nation states are so keenly upholding.
From the beginning of the project, lots of speculation and misinformation has been spread about this house. Right after the eviction had been carried out, photos of inside the house (which obviously was in a terrible state post bombardment) had been shared, instrumentalizing it in order to confirm their narrative of the « dirty squatters and wrong doers ». We refuse to speak with journalists, because we don’t want to be portrayed according to the stereotyped idea of the « anarchist », instrumentalized for making profit out of spectationalism.
So now this tiny space of autodetermination which gave us the possibility to breathe for a moment submerged in a world of harsh policies and racialized laws, is gone…
The eviction of the Casa Cantoniera is just a part of global repression against freedom of movement, solidarity structures and occupied free spaces in general. All over europe* long existing occupied spaces have been evicted in the last years, while attempts of creating new spaces and struggles are instantly met with the full force of repressive state organs. The militarization of borders and the normalization of push backs at internal and external european* borders only feeds ever growing racist sentiments and the fascization of society. At the same time those who refuse to buy into this logic and continue to support people on the move are continuously being attacked.
In Calais food distribution has been illegalized, in other places people are prevented from practicing their solidarity individually and are being forced to register with an NGO, in hungary* all forms of support for people on the move have been illegalized since years. The aim is on the one hand to create conditions that will make migration as difficult as possible, and act as a deterrent to prevent others from trying to make the journey. On the other hand, it is sending the message that humanity and support is only possible when herded into a state-approved method and context.
However, the repression of solidarity structures and the fortification of borders will not prevent people from exercising their will and need to migrate. Migration is as old as humanity and as long as this world is divided into parts of those that are exploited and those that are profiting from this exploitation- as long as wars and conflicts are fuelled by the need of capitalism to produce profit and the need of nation states to expand their power and influence- people will continue to migrate from one place to another. And as long as this inequality exists between the ‘global south and the global north’ of the world, people will continue to try to come to europe*. And as long as europe’s* wealth is built on this inequality, its nation states and institutions can’t give another answer to migration than militarization and violence.
The eviction and repression of the Casa Cantoniera will not stop people to pass this part of the border. It will only lead to them being forced to use ever more dangerous routes, to more people desperate, and to the arrival of smugglers that make profit off the misery of other people.
They can take our spaces, they can criminalize and imprison us, but they cannot bury our ideas and they cannot silence the truth, and that truth is this:
As long as the world is organized according to the principle of domination -of nature by humans, or of one kind of human over the other, or of an economic system based on the exploitation of resources and human lives- we cannot be free. We need and we will find other ways of expressing our opposition, of building and fighting for spaces where we can learn, create, live in freedom.
*names of states are left without capital letter on purpose
** we use the word radical in its original sense, meaning that we want to get to the “root” of the problem instead of just reforming what we believe to be fundamentally dysfunctional.

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