Torino – Sabato 5 giugno presidio al CPR e aggiornamenti dall’interno

Fonte: No CPR Torino

TORNIAMO SOTTO LE MURA DEL CPR

SABATO 5 GIUGNO ORE 17

PRESIDIO SOTTO IL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI

( Contemporaneamente con il presidio chiamato sotto il Cpr di Milano di via Corelli alle ore 17 )

I CPR sono luoghi in cui vengono rinchiuse le persone senza documenti in attesa di essere identificate ed espulse. Campi di internamento contemporanei creati per rendere estremamente ricattabili coloro che non hanno i documenti in regola;  un’arma nelle mani della politica, dei padroni di case, del caporalato agricolo, di tutti coloro che sulla pelle di chi non ha la carta giusta possono puntare la carica di un feroce sfruttamento.

I CPR non vanno riformati, ristrutturati, resi più umani e vivibili…

I CPR NON DEVONO ESISTERE.

VOGLIAMO LOTTARE CONTRO QUESTE GALERE PER SENZA DOCUMENTO FINCHÉ NON NE RIMARRANO CHE MACERIE. I CPR VANNO DISTRUTTI E, CON LORO, TUTTA LA POLITICA DI GESTIONE E CONTROLLO DEI FLUSSI MIGRATORI.

Musa Balde, un ragazzo di 23 anni originario della Guinea, è morto in una cella di isolamento all’interno del Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di corso Brunelleschi a Torino nella notte tra il 22 e il 23 maggio. La tragica storia di Musa è la storia della violenza dello Stato e delle sue innumerevoli frontiere dove ogni giorno muoiono centinaia di persone. La morte di Musa è riuscita a scuotere le coscienze dei più e riportare l’attenzione sulla detenzione amministrativa e sul razzismo strutturale che viviamo. Ma sappiamo bene che non è stato un episodio isolato, una fatalità, ma è la NORMALITA’ all’interno dei CPR e in tutti i luoghi di frontiera dove ogni giorno muoiono centinaia di persone.

Il CPR E LE FRONTIERE UCCIDONO.

Ricordiamo chi sono i responsabili delle condizioni cui sono costretti i reclusi dentro il Cpr di corso Brunelleschi e quindi i responsabili della morte di Musa Balda:

-la multinazionale francese GEPSA, appartenente al gruppo ENGIE Energia, che da anni lucra sulla pelle dei detenuti in tutta Europa, è l’ente gestore.

-Chi dovrebbe valutare se le condizioni di salute dei reclusi sono compatibili con la detenzione è l’ASL territoriale di via Monginevro e l’ASL Città di Torino di via San Secondo che sistematicamente chiudono gli occhi sulla condizione di salute dei reclusi non intervenendo mai.

-Lo Stato è responsabile delle condizioni dei reclusi in tutti i luoghi di detenzione ed è responsabile di tutte le morti nelle frontiere, create con l’obiettivo di selezionare, dividere ed eliminare le persone ritenute indesiderabili e non produttive da quest’ordine sociale.

I ragazzi dentro il CPR hanno bisogno di tutta la nostra forza e complicità.

Non facciamo cadere l’attenzione su ciò che accade quotidianamente dentro quelle mura.

Dobbiamo continuare a lottare contro questi luoghi infami, al fianco dei reclusi, cercando il più possibile di dare voce a chi non la ha.

Vogliamo far sentire la nostra solidarietà alle persone ancora rinchiuse nei CPR!

Al fianco dei reclusi in lotta che hanno scelto di non abbassare la testa!

TUTTI LIBERI, TUTTE LIBERE!

AGGIORNAMENTO DAL CPR DI TORINO del 31.05.2021

I racconti dei ragazzi che abbiamo sentito in questi giorni testimoniano con rabbia la convinzione che quello che è avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 maggio al loro compagno non è un suicidio ma è stato provocato dalla polizia che è intervenuta mentre Musa, all’interno di una cella di isolamento, chiedeva disperatamente l’intervento di un medico per essere soccorso.

Ci hanno comunicato che in questi giorni hanno interrotto lo sciopero della fame anche se spesso, organizzati in piccoli gruppi, cercano di rifiutare il più possibile il cibo che gli viene consegnato digiunando per uno o due giorni massimo. Le proteste sono motivate principalmente dalla presenza, all’interno degli alimenti, di medicine che provocano sonnolenza e perdita di lucidità. Medicine che vengono somministrate quotidianamente ai reclusi senza che nessuno sappia quale tipologia di sostanze vengono utilizzate e  in quali quantità. Abbiamo sentito ieri al telefono un ragazzo dopo pranzo che con difficoltà riusciva a parlare come se avesse appena subito una forte dose di psicofarmaci.

Dopo la morte di Musa nessuno dei reclusi ha avuto la possibilità di vedere un avvocato per fornire la propria versione dei fatti. Dalle loro testimonianze è evidente come si siano sentiti abbandonati dalle istituzioni che in questi giorni non hanno mai mandato un loro rappresentante all’interno del CPR per ascoltare la loro voce. Una voce che invece vuole essere messa a tacere attraverso la violenza della polizia che continua a terrorizzare i reclusi. Due giorni fa un ragazzo ci ha raccontato che quotidianamente avvengono perquisizioni all’interno delle stanze con l’obiettivo di provocare i ragazzi e trovare un banale pretesto per manganellare qualcuno. Ci ha raccontato inoltre che le guardie continuano a battere con i manganelli contro le grate che dividono le aree del centro per minacciarli gridando: “Da qui non uscite vivi!”. Le provocazioni delle guardie avvengono, secondo le testimonianze dei reclusi, molto spesso sotto gli occhi della direttrice del CPR a dimostrazione del fatto che chi gestisce questi luoghi è complice e responsabile delle violenze subite dai detenuti.

Un ragazzo proveniente dal Marocco ci ha raccontato che tra una settimana dovrebbe terminare il suo periodo di detenzione e che ieri l’ispettore di polizia di turno voleva costringere lui e altri due ragazzi ad andare in isolamento senza una motivazione chiara. Lui si è rifiutato da subito e a quel punto l’ispettore lo ha afferrato al collo per provocare una sua reazione ed avere un movente per portarlo in carcere. Le sue continue proteste hanno evitato il suo trasferimento in cella di isolamento ed è quindi ritornato all’interno dell’area insieme ai suoi compagni.

A distanza di una settimana dalla morte di Musa Balde all’interno del CPR di Torino non è cambiato nulla, anzi secondo molti reclusi le condizioni di detenzione sono peggiorate.

Chi con foga aveva proposto una gabbia più umana per i detenuti del CPR indignandosi per la morte di un ragazzo di 23 anni, sembra essere scomparso nella bolla mediatica che avevano creato.

Abbiamo chiesto ad un ragazzo recluso proveniente dalla Tunisia di raccontarci cosa ne pensa del servizio sanitario all’interno del CPR. La sua risposta è stata: “Qui non esiste nessun servizio sanitario!”. Questa è la normalità descritta da chi è convinto che quello che è accaduto a Musa non sia una fatalità o un episodio.

All’interno dell’area Rossa, dove sono detenute circa trenta persone, la settimana scorsa un ragazzo egiziano si è arrampicato su di una cancellata per protestare contro il suo imminente rimpatrio e le condizioni in cui era costretto quando all’improvviso è scivolato cadendo al suolo da un’altezza di quattro metri sbattendo violentemente la testa. I suoi compagni ci hanno raccontato che è rimasto per circa 45 minuti per terra privo di conoscenza, con un’evidente emorragia cerebrale, senza ricevere nessun soccorso da parte del personale medico del CPR nonostante le loro richieste di intervento. Dopo l’arrivo dell’ambulanza non hanno avuto più notizie del loro compagno.

Il ragazzo dovrebbe ancora essere in coma all’interno di un ospedale qui a Torino ma al momento non abbiamo informazioni certe.

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