Fonte: No CPR Torino
Dopo aver sentito i racconti dei reclusi del Cpr di corso Brunelleschi, che ci hanno aggiornato rispetto alle condizioni strutturali e di vita a cui sono sottoposti, il 15 gennaio ci siamo presentat* sotto le mura del centro per comunicare con loro, per sentire direttamente le loro voci e portare solidarietà attraverso la nostra presenza.
Davanti al solito muro e la consueta presenza di svariate camionette lungo il perimetro sono stati fatti molteplici interventi per continuare a ribadire quello che questi centri sono: luoghi di invisibilizzazione e tortura. Dal crescente numero di contagi all’interno del centro, al ricordo rabbioso di Fathallah Belafhail, gli interventi e i cori hanno provato a ribadire anche a chi passeggiava lungo il prato che questi posti, in quanto luoghi di morte e detenzione, vanno distrutti.
Dopo qualche intervento e dopo aver rilanciato il numero con cui sentiamo le testimonianze di chi è rinchiuso lì dentro, le voci dei detenuti si sono sentite forti e chiare, scandendo la parola libertà. Il presidio si è poi concluso salutando i reclusi con fuochi d’artificio e cori, sperando di sentire presto le persone dentro al centro.
Consapevoli che il Cpr rappresenta solo un ultimo tassello del dispositivo-frontiera, l’ultimo ingranaggio che nasconde ed elimina chi non rientra nel meccanismo dei documenti, il giorno successivo abbiamo partecipato alla giornata di manifestazione in frontiera per Fathallah Belafhail, morto il 2 gennaio nel bacino del Freney, nella valle di Modane.
Fathallah Belafhail è l’ennesimo morto ucciso dalla frontiera, dalla chiara volontà degli Stati di selezionare ed escludere, attraverso le politiche di gestione dei flussi migratori, parte delle persone che tentano di attraversare i confini del territorio europeo. Come scritto nel resoconto, la strada è stata bloccata per due ore, infastidendo così il traffico di chi invece, abitualmente, può attraversare il confine indisturbatamente.
Nonostante la forte militarizzazione, solidali e compagn*che attraversano questa valle hanno voluto spezzare la monotonia di un ricco paesino di frontiera. Luogo in cui, mentre si incentiva il business del turismo sciistico, chi tenta di superare il confine viene fortemente represso ed ucciso.
Noi rimaniamo complici e solidali con chi tenta di uscire dalle reti imposte dallo Stato, che sia un confine o un luogo di detenzione!