Egitto – Sugli scioperi della fame in carcere e l’assassinio di Ayman Hadhud

Mentre in Palestina continuano gli attacchi sionisti nei confronti di minori e non solo, il regime egiziano ha attivato voli diretti per entrare nel paese e, per incentivare il turismo proveniente “dall’unica democrazia del Medioriente”, è stato organizzato un festival musicale nel Sinai. Posti di blocco e perquisizioni sono invece il perenne ostacolo per migliaia di egiziani che hanno partecipato alla rivoluzione del 2011 e che hanno sempre più difficoltà a spostarsi nel proprio paese e raggiungere il Sinai.

Quello che accade a livello interno continua ad essere terrificante ogni giorno di più.
Ayman Hadhud è l’ennessimo morto ammazzato dal regime egiziano. Ayman, un ricercatore economista, il 5 febbraio è scomparso e il suo telefono risultava spento. Dopo qualche giorno dalla sua sparizione forzata, alcune guardie della sicurezza hanno informato la famiglia che era da loro, omettendo il luogo di detenzione. Il 5 aprile la famiglia è stata informata della sua morte nell’ospedale psichiatrico di al-Abbasiya. Le condizioni del suo corpo sono agghiaccianti. L’assassinio di Ayman è avvenuto il 5 marzo ma il cadavere è rimasto nella cella frigorifera dell’ospedale per un mese. Alla famiglia è stato impedito di divulgare le foto del corpo massacrato, con il ricatto di poter celebrare o meno il funerale.

Diversi compagni detenuti hanno iniziato lo sciopero della fame per le pessime condizioni all’interno delle carcerei, per le continue vessazioni e i pestaggi. Per alucni lo sciopero è terminato dopo una settimana per altri no.

Moka è un compagno che si trova in carcere dal 2013, è stato trasferito più volte e torturato diverse volte, la sua vita è in pericolo e sono più di 60 giorni che prosegue lo sciopero della fame mentre alla famiglia vengono vietati i colloqui.

Alaa Abdel Fattah è entrato in sciopero della fame il 2 aprile. Ricordiamo che Alaa ha già scontato una pena di 5 anni, oltre ai due anni di carcere preventivo e ora sta scontando un’altra pena di 5 anni nel carcere di massima sicurezza di Torah al Cairo dove gli viene negata la mezz’ora d’aria, la possibilità di leggere e i colloqui avvengono dietro vetro divisorio. Sono quotidiane le torture fisiche e psicologiche che avvengono all’interno di questo carcere. Alaa stesso è stato denudato e torturato quando è stato portato dentro, proprio quando aveva appena finito di scontare la pena di 5 anni per il primo processo e stava scontando 5 anni di semilibertà con l’obbligo di rientro in una cella del commissariato per 12 ore al giorno.
Alaa ha ottenuto la cittadinanza inglese in quanto la madre è nata lì, le sue richieste come egiziano sono l’apertura di indagini per le denunce fatte sulle pessime condizioni di prigioni e come cittadino inglese che qualcuno del consolato possa fargli visita.
Nonostante la sua carcerazione è riuscito a pubblicare un libro: “Non siete ancora stati sconfitti” che raccoglie tutti i suoi articoli e le sue lettere dal 2011 al 2020, un’importantissima testimonianza sugli eventi politici dall’inizio della rivoluzione e sulle carceri del regime.

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