Tunisia – Strage di stato e deportazioni

Il racconto di un parente di una vittima della strage di 52 persone, il 9 novembre scorso, condotta dalla guardia costiera tunisina, addestrata, finanziata e fornita di motovedette dal governo italiano.

“Aspettavo da giorni notizie di mio cugino Musa, aveva sedici anni ed era scappato, come me, dalla guerra in Sudan. Sapevo che era partito dalla Tunisia per raggiungere l’Italia ma la sua chiamata, dall’altra parte della costa, non è mai arrivata. Sono arrivati i tunisini, li hanno speronati, poi li hanno fatti ribaltare e li hanno guardati affogare. Mio cugino Musa, è uno dei minori annegati quella notte insieme ad altre 52 persone. Una volta tornati a Sfax sono stati consegnati alla polizia che a sua volta li ha divisi in due gruppi: un gruppo è stato abbandonato nel deserto tra Libia e Tunisia e un altro gruppo venduto ai libici, nel centro di Al-Assah. La nostra vita qui è continuamente in pericolo, non sappiamo se e per quanto sopravviveremo. Chi non è mentalmente forte in Tunisia rischia il suicidio”.

traduction en français

Témoignage d’un proche d’une des 52 victimes du massacre, perpétré le 9 novembre par les garde-côtes tunisiens, formés, financés et équipés de patrouilleurs par le gouvernement italien.

« J’attendais depuis des jours des nouvelles de mon cousin Musa, il avait 16 ans et avait fui, comme moi, la guerre au Soudan. Je savais qu’il avait quitté la Tunisie pour rejoindre l’Italie, mais son appel, de l’autre côté de la côte, n’est jamais arrivé. Les Tunisiens sont arrivés, les ont éperonnés, puis les ont fait basculer et les ont regardés se noyer. Mon cousin Musa est l’un des mineurs qui se sont noyés cette nuit-là avec 52 autres personnes. De retour à Sfax, ils ont été remis à la police qui les a divisés en deux groupes : un groupe a été abandonné dans le désert entre la Libye et la Tunisie et un autre groupe a été vendu aux Libyens dans le centre d’Al-Assah. Nos vies ici sont constamment en danger, nous ne savons pas si et combien de temps nous survivrons. Celleux qui n’ont pas de force mentale en Tunisie risquent de se suicider ».

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