31 marzo Sciopero delle persone immigrate – Appuntamenti in diverse città

Fonte: Documenti per tutt

Il 31 marzo saremo di nuovo in piazza, in varie parti d’Italia, per denunciare il razzismo istituzionale che affligge chi non ha la cittadinanza europea e per chiedere un radicale cambiamento delle politiche migratorie in questo paese. Mai come oggi è evidente quanto l’Italia e l’UE stiano adottando misure differenziali a seconda degli interessi geopolitici ed economici del momento. Improvvisamente, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione Europea ha tirato fuori dal cilindro una direttiva del 2001 (pensata per i profughi kosovari in fuga dalle bombe della NATO e mai applicata) che – giustamente – permette a chi scappa dalla guerra di essere regolarizzata/o senza passare per una richiesta d’asilo, mentre una potente macchina di solidarietà si è messa in moto in tutta Europa, Italia compresa, per accogliere i milioni di persone in fuga dai bombardamenti. Questi, nell’immaginario comune, sono “profughi veri” e meritevoli.

Dov’erano e dove sono questi imprescindibili strumenti, quando si trattava di persone in fuga dalla Libia, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan, dal Sudan, dalla Somalia, dallo Yemen, e da tutte le altre guerre, di cui l’Europa porta una responsabilità pesantissima? Non sono forse anche queste guerre “alle porte dell’Europa”, Libia in primis? Perché nel 2012 chi veniva costretto ad imbarcarsi dalla Libia per l’Italia, e sfuggiva alle bombe della NATO, è rimasto in Italia per anni senza uno straccio di documento, in condizioni deplorevoli, spesso sfruttato nelle campagne? Perché nel 2015 si parlava di “emergenza” per numeri molto più contenuti di ingressi? E perché l’accoglienza e la solidarietà incondizionate, anche oggi, sono riservate principalmente a chi ha il passaporto ucraino, mentre nel paese si trovano migliaia di studenti e studentesse, lavoratrici e lavoratori stranieri che ancora una volta vengono respinti alle frontiere o comunque sottoposti a ben maggiori ostacoli burocratici per poter entrare nello spazio UE? Per non parlare di ciò che oggi accade, nel silenzio quasi totale, in Libia e Tunisia, dove migliaia di persone, fuggite da guerre a più o meno alta intensità e accampate davanti ai quartier generali dell’agenzia ONU per i diritti umani in condizioni di estremo disagio, chiedono da mesi di essere evacuate, ricevendo in cambio rastrellamenti, morte e indifferenza. È chiaro poi che le guerre da cui si scappa oggi non sono soltanto quelle combattute con le armi, ma anche con il furto di risorse (magari con il supporto militare), con la corruzione, la violenza politica e le loro conseguenze su scala globale (in primis il cambiamento climatico).

Da anni, immigrati e immigrate in Italia come in altri paesi europei chiedono la fine di questo sistema che crea varie gradazioni di accesso ai diritti di cittadinanza e costringe chi ne è escluso a molteplici forme di violenza e sopruso. La politica sa benissimo quanto queste persone siano necessarie all’economia, come non manca di affermare periodicamente, facendo eco alle associazioni dei datori di lavoro, Confindustria in primis. Lavoratrici e lavoratori immigrati possono essere pagati meno, sia che siano irregolari o soggetti al ricatto del permesso di soggiorno. Quando non lavorano in nero, poi, contribuiscono in maniera determinante a pagare le pensioni degli italiani. Infine, anche come “ospiti” di centri di accoglienza che speculano sulla loro pelle, i richiedenti asilo sono una “risorsa”. Ma la politica fa finta di non volerli, alimentando le divisioni e l’odio per distrarci dai veri problemi e dai loro responsabili e favorire lo sfruttamento.

Contro tutto questo, consapevoli che soltanto sottraendoci dal lavoro avremo nelle nostre mani un’arma di ricatto potente, scenderemo in piazza il 31 marzo. Al governo portiamo rivendicazioni concrete frutto di lotte che vanno avanti da anni, fra cui: la regolarizzazione di chi non ha il permesso di soggiorno,lo sblocco delle richieste di sanatoria, la cancellazione del legame fra contratto di lavoro e permesso di soggiorno e della residenza come requisito per il rinnovo, l’accesso alla cittadinanza e la facilitazione dei ricongiungimenti familiari, l’abolizione della detenzione amministrativa, dei respingimenti e delle deportazioni, così come l’abolizione dei decreti sicurezza e la fine di ogni abuso e discriminazione da parte delle istituzioni.

Per documenti per tutti/e e repressione per nessuno/a!

APPUNTAMENTI NELLE CITTA’

– Roma: h. 10 Piazza dell’Esquilino

– Foggia: h.10 davanti alla Prefettura (C.so Giuseppe Garibaldi)

– Torino: h. 10:00 davanti all’Ufficio Immigrazione della Questura (C.so Verona)

– Milano: h. 9.30 davanti all’Ufficio Immigrazione della Questura (Via Montebello)

– Modena: h. 10:00 davanti alla Prefettura (Viale Martiri della libertà)

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Roma – Egitto: la solidarietà femminista non è un crimine. 20 marzo @ LEA Berta Cáceres

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci: hurriya [at] autistici.org

Egitto: la solidarietà femminista non è un crimine

Domenica 20 marzo 2022 alle ore 15:00

Al LEA Berta Cáceres, via della Caffarella 13, Roma

Evento fb

Come femministe, dall’Egitto, all’Argentina, all’Italia e ovunque nel mondo, consideriamo la solidarietà femminista contro il patriarcato una pratica da agire quotidianamente.

Questa è ancora più forte quando la l’oppressione viene giustificata nei tribunali, luogo che da sempre serve a punire chi alza la voce e lotta ma che diventa più feroce contro le donne che urlano cosa è violenza senza aspettare che a decidere siano dei giudici

Come per il processo a l’Aquila e non solo, anche nel caso di Rasha Azab al Cairo è la solidarietà ad essere processata. Difendiamola come atto politico.

La terza udienza del processo a Rasha sarà il 26 marzo 2022.

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31 marzo 2022 – Sciopero degli immigrati e delle immigrate in tutta Italia

Riceviamo e diffondiamo. Per scriverci: hurriya [at] autistici.org

31 MARZO 2022 SCIOPERO DEGLI IMMIGRATI E DELLE IMMIGRATE IN TUTTA ITALIA!

L’Italia ha bisogno degli immigrati, lo dice anche il governo. Senza di loro l’economia italiana crollerebbe, lo abbiamo visto bene in questi anni di pandemia! Ma le leggi sull’immigrazione gli rendono la vita sempre più difficile, moltissimi sono senza documenti anche se lavorano in questo paese da anni; chi ha il permesso di soggiorno fa fatica a rinnovarlo e le pratiche rimangono spesso bloccate in questura per tempi lunghissimi. Chi arriva in Italia è costretto a viaggi lunghi e pericolosi, e poi a una lunga attesa in centri che assomigliano a prigioni.

AL GOVERNO CHIEDIAMO:

∙ permesso di soggiorno incondizionato per tutti, non legato al contratto di lavoro né alla residenza

∙ cittadinanza per tutti i bambini nati in Italia

∙ abolizione di tutti i decreti sicurezza

∙ fine degli abusi e dei lunghi tempi di attesa nelle questure

∙ azzeramento dei costi dei permessi

∙ chiusura dei centri di detenzione (CPR) e fine dei rimpatri

∙ permesso di soggiorno valido in tutta l’Unione Europea.

Facciamoci ascoltare dai responsabili di queste leggi razziste:

Il 31 marzo non lavoriamo e usciamo a manifestare in tutta Italia!

La lotta per i documenti riguarda tutti, immigrati e italiani; perché le discriminazioni alimentano divisioni e sfruttamento. Lottiamo insieme per documenti per tutti/e, repressione per nessuna/o!

31 marzo 2022 – ore 10 – Roma, piazza dell’Esquilino

Info: documentipertutt [at] gmail.com

Scarica la locandina in formato pdf

Di seguito le corrispondenze su Radio Onda Rossa con una compagna e un compagno che hanno raccontato la conferenza stampa che ha avuto luogo il 12 marzo per lanciare lo sciopero delle persone immigrate che si terrà il 31 marzo alle ore 10 a Piazza dell’Esquilino.

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No nation truck e Solibus portano 48 persone dal confine ucraino a Berlino

Traduzione da: No Nation Truck

No nation truck è un collettivo berlinese che supporta le lotte delle persone migranti alle frontiere interne ed esterne dell’Unione Europea, con infrastrutture mobili nel suo camion adattato allo scopo.

Noi di Soli-bus siamo tuttx attivistx di varie reti e contesti politici antirazzisti, antifascisti, femministi,  e di altro tipo. Siamo supportatx da una vasta rete di persone e gruppi con molte abilità, capacità e possibilità diverse. Ci consideriamo parte di un movimento sociale di emancipazione basato sull’auto-organizzazione.

Consideriamo il progetto “Solibus” come parte di una struttura di sostegno politico e sociale che facilita la mobilità della comunità e la partecipazione ad attività in Germania e in altri paesi europei. Per noi è importante che le persone possano partecipare a eventi e attività politiche e culturali, indipendentemente dai loro mezzi finanziari individuali, senza incontrare sessismo, razzismo o discriminazione sociale. “Solibus” lo rende possibile: mobilità per tutti, finanziata attraverso la solidarietà e con un ascensore per sedie a rotelle! “Solibus” è un progetto non commerciale di opposizione extraparlamentare, partigiano ma indipendente dai partiti.

2 marzo 2022

Dopo che la situazione in Ucraina è definitivamente peggiorata il 24 febbraio, noi come No Nation Truck Collective abbiamo deciso di fare qualcosa. Il nostro camion  è in viaggio per la Grecia con il collettivo ROSA, quindi abbiamo collaborato con un altro collettivo: il Solibus . Insieme abbiamo guidato durante la notte fino al confine ucraino a Przemyśl, in Polonia, venerdì 25 febbraio. I treni da Lviv arrivano qui, ma anche il valico di frontiera di Medyka non è lontano, dove le persone a piedi e in auto aspettano di essere fatte passare attraverso il confine con il contagocce.

Una stazione degli autobus è cresciuta in un parcheggio alla periferia della cittadina. Decine di persone, per lo più polacchi, alzano cartelli che offrono passaggi. Coloro che non vengono prelevati da amici o familiari vengono qui per continuare il loro viaggio. Molti sono rimasti al freddo al confine per un giorno, altri sono rimasti al buio per ore su un treno affollato durante un bombardamento. Molti sono raffreddati, sono stanchi e non hanno né soldi né una rete di telefonia cellulare.

È stato evidente che quasi nessuno voleva andare direttamente in Germania, ma principalmente in paesi come Francia, Belgio o Paesi Bassi, dove hanno parenti. Molte persone con passaporto ucraino volevano rimanere in Polonia e cercavano un passaggio per le grandi città più vicine. Abbiamo notato che i neri e in particolare le persone di colore sono bloccate qui e non sanno cosa fare dopo: studenti internazionali, persone con status di asilo, persone con visti di lavoro internazionali. Si sono susseguite notizie secondo cui queste persone hanno avuto difficoltà a superare le frontiere. Molte di queste persone volevano trasferirsi nell’Europa occidentale, per visitare parenti o conoscenti – in Polonia avevano pochissimi contatti.

Quasi quattro ore dopo, il Solibus con 48 passeggeri è tornato in Germania. Tra loro c’era una madre con un bambino il cui marito l’ha portata al confine ma è rimasto lui stesso nel paese. Nel frattempo, agli uomini abili tra i 18 ei 60 anni è vietato lasciare il Paese. Una famiglia del Mali, in fuga dalla guerra nel nord del Paese, aveva chiesto asilo in Ucraina. Due studenti algerini che avevano svolto un semestre all’estero a Kiev. Due uomini dall’Afghanistan che sono fuggiti di recente dai talebani. Una donna della zona di Berlino che era a Kiev per una conferenza. Tutte queste 48 storie sono individuali e tuttavia hanno una cosa in comune: sono tutte alla ricerca di un posto sicuro dove stare. Alle quattro del mattino di domenica 26 febbraio siamo poi arrivati alla stazione centrale dei bus di Berlino.

Lo stesso autobus con cui stavamo viaggiando qui, solo pochi mesi fa, è stato respinto al confine polacco-bielorusso ed è dovuto tornare indietro vuoto, mentre le persone sono morte per congelamento come pedine politiche davanti ai cancelli dell’UE. La solidarietà con i rifugiati in Ucraina è importante e giusta, ma mostra anche dove risiedono le priorità di una società prevalentemente bianca e cristiana quando si tratta di empatia per i rifugiati. Al momento della stesura di questo articolo, le ferrovie tedesche e polacche menzionano solo il viaggio gratuito per i cittadini ucraini. Per altrx, le frontiere sono più difficili da attraversare, in alcuni punti di confine per niente. Sono proprio coloro che spesso cercano protezione per la seconda volta, fuggendo dalla guerra o che sono già stati espulsi, ad affrontare un momento particolarmente difficile.

Ci sono state anche situazioni nelle stazioni ferroviarie in cui le persone di colore sono state spinte giù dai treni o gli è stato impedito di salire a bordo con la forza. Ad alcune frontiere ci sono code separate per europei e non europei. Nei resoconti pubblici circolano anche formulazioni e narrazioni così apertamente razziste che non vogliamo nemmeno ripeterle. Questa disparità di trattamento è intollerabile e non può essere giustificata da nulla.

Anche di fronte alla guerra e alla violenza, l’Europa mostra il suo disgustoso razzismo.

Chiediamo che TUTTE le persone in fuga siano trattate con la stessa solidarietà e continueremo a lavorare per garantire che TUTTI arrivino dove vogliono vivere in sicurezza e pace!

Vuoi che il solibus si possa dirigere più spesso al confine ucraino? Esprimi la tua solidarietà al team, aggiornati sul sito www.soli-bus.org, contribuisci a organizzare più viaggi e fai una donazione se ne hai l’opportunità.

Pagina per le donazioni.

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Opuscolo – Report sulla situazione alla frontiera orientale dell’Europa

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci: hurriya [at] autistici.org

Report sulla situazione alla frontiera orientale dell’Europa

Questo documento vuole essere un report delle notizie e delle esperienze acquisite discutendo e collaborando con le persone attive contro le violenze della frontiera tra Polonia e Bielorussia. Al suo interno non vi sono analisi personali ma piuttosto la trascrizione di informazioni da fonti suggerite, dinamiche quotidiane, esperienze e racconti diretti raccolti in loco. Al termine è presente la raccolta di fonti da cui alcune informazioni sono state prese; le fonti personali non verranno citate.

Gennaio 2022

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Claviere – Per Fathallah, manifestazione 16 gennaio

Fonte: Passamontagna

Domenica 16 gennaio ci siamo ritrovatə tuttə insieme a Claviere. Ci siamo presə lo spazio pubblico per dare finalmente voce alla storia di Fathallah, ucciso da questa frontiera. Fathallah, un ragazzo marocchino di 31 anni era arrivato in Francia attraverso l’Italia tra il 29 dicembre e il 1 gennaio, ed è stato trovato morto il 2 gennaio nel bacino del Freney, a valle di Modane. L’ottava persona morta su questa maledetta frontiera di cui si ha notizia in 3 anni.

Alle 10 é stato montato un banchetto solidale di fronte alla chiesa di Claviere dall’altro lato della strada, in mezzo al viavai di turisti e sciatori. Con l’arrivo dell’autobus delle 11 ci ha raggiunto un bel gruppo di persone di passaggio. Dopo qualche intervento, siamo partitə in corteo verso la frontiera. Il confine invisibile tra italia e francia percorso dalla strada 94 del Monginevro è rimasto bloccato per due ore. Sono stati fatti diversi interventi; dalle persone che avevano conosciuto Fathallah alle situazione attuale dei cpr, dalla lotta No tav e l’arresto di Emilio agli aggiornamenti da Tripoli. Il dispiegamento delle forze dell’ordine, come sempre succede, era massiccio sia dalla parte italiana che dal lato francese. Abbiamo contato almeno 20 camionette da una parte e l’altra del confine, con annessi sentinelle, digos, polizia investigativa e qualche giornalista al fianco loro. Continua a leggere

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Torino – Sulle due giornate di lotta al Cpr e in frontiera

Fonte: No CPR Torino

Dopo aver sentito i racconti  dei reclusi del Cpr di corso Brunelleschi, che ci hanno aggiornato rispetto alle condizioni strutturali e di vita a cui sono sottoposti, il 15 gennaio ci siamo presentat* sotto le mura del centro per comunicare con loro, per sentire direttamente le loro voci e portare solidarietà attraverso la nostra presenza.
Davanti al solito muro e la consueta presenza di svariate camionette lungo il perimetro sono stati fatti molteplici interventi per continuare a ribadire quello che questi centri sono: luoghi di invisibilizzazione e tortura. Dal crescente numero di contagi all’interno del centro, al ricordo rabbioso di Fathallah Belafhail, gli interventi e i cori hanno provato a ribadire anche a chi passeggiava lungo il prato che questi posti, in quanto luoghi di morte e detenzione, vanno distrutti.
Dopo qualche intervento e dopo aver rilanciato il numero con cui sentiamo le testimonianze di chi è rinchiuso lì dentro, le voci dei detenuti si sono sentite forti e chiare, scandendo la parola libertà. Il presidio si è poi concluso salutando i reclusi con fuochi d’artificio e cori, sperando di sentire presto le persone dentro al centro.
Consapevoli che il Cpr rappresenta solo un ultimo tassello del dispositivo-frontiera, l’ultimo ingranaggio che nasconde ed elimina chi non rientra nel meccanismo dei documenti, il giorno successivo abbiamo partecipato alla giornata di manifestazione in frontiera per Fathallah Belafhail, morto il 2 gennaio nel bacino del Freney, nella valle di Modane.

Fathallah Belafhail è l’ennesimo morto ucciso dalla frontiera, dalla chiara volontà degli Stati di selezionare ed escludere, attraverso le politiche di gestione dei flussi migratori, parte delle persone che tentano di attraversare i confini del territorio europeo. Come scritto nel resoconto, la strada è stata bloccata per due ore, infastidendo così il traffico di chi invece, abitualmente, può attraversare il confine indisturbatamente.
Nonostante la forte militarizzazione, solidali e compagn*che attraversano questa valle hanno voluto spezzare la monotonia di un ricco paesino di frontiera. Luogo in cui, mentre si incentiva il business del turismo sciistico, chi tenta di superare il confine viene fortemente represso ed ucciso.
Noi rimaniamo complici e solidali con chi tenta di uscire dalle reti imposte dallo Stato, che sia un confine o un luogo di detenzione!

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Autolesionismo e mancato soccorso nel CPR di Gradisca

Fonte: Assemblea No Cpr no frontiere -FVG

In queste ultime ore, da dentro il CPR di Gradisca escono storie di violenza, autolesionismo e mancato soccorso.
Un video pubblicato su un gruppo facebook di persone tunisine in Italia mostra due persone a terra, in mezzo al sangue, dopo essersi procurate dei tagli (TW: sangue, autolesionismo). L’autolesionismo è una pratica di resistenza spesso utilizzata dai reclusi, che sono privati di ogni altra maniera di denunciare la propria situazione e rivendicare il proprio desiderio di libertà.
Dentro è un inferno, i reclusi ci raccontano che vengono trattati di merda, non escono mai dalle gabbie e non vengono portati in ospedale neppure quando i medici che li visitano nel CPR dicono che dovrebbero andarci.
In questo caso, si è dovuta aspettare più di un’ora per i due uomini che stavano perdendo molto sangue. Per ora, le voci su cosa sia successo non sono confermate.
Il deputato tunisino Majdi Karbai, che spesso ha raccontato la situazione dei tunisini in Italia, ha scritto oggi in un post di aver contattato il Garante per i diritti delle persone detenute e dei funzionari del ministero della Giustizia al fine di aprire un’indagine su quanto è successo ieri a Gradisca.
Intanto, pochi giorni fa è stato il secondo anniversario della morte di Vakhtang Enukidze, morto a un mese dalla riapertura del CPR, dopo un pestaggio poliziesco. Dopo di lui, dentro la galera etnica di Gradisca, sono morti anche Orgest Turia, nell’estate 2020, e Ezzedine Anani, il mese scorso. Ezzedine, tunisino, se non fosse morto, sarebbe stato deportato direttamente in Tunisia, come avviene con tutti i suoi concittadini che da Gradisca, bisettimanalmente, vengono rimandati nel luogo dal quale hanno scelto di andarsene.

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Un altro morto in frontiera. Mobilitazione a Claviere domenica 16 gennaio

Fonte: La Molla occupata

Riceviamo e diffondiamo:

UN ALTRO MORTO IN FRONTIERA.
MOBILITIAMOCI E ORGANIZZIAMOCI! DOMENICA 16 GENNAIO ALLE 13 A CLAVIERE DAVANTI ALLA CHIESA

Il 2 gennaio nella diga di Freney (Mondane) è stato trovato il corpo di Fathallah Belafhail.
Stava cercando di raggiungere la francia attraversando la frontiera franco-italiana, come tant* altr* considerat* illegali dagli stati. Ha perso la vita sulle nostre montagne come almeno altre 7 persone dal 2018. La colpa non è della neve o del freddo, ma dello stato francese e italiano che aumentano la repressione e conducono a questa situazione, e a questa ennesima morte.
Retate, identificazioni e schedature mirate, caccia all’uomo in montagna è quello che subiscono le persone senza documenti sulle frontiere.
La morte di Fathallah non è un avvenimento isolato ma ci ricorda che questa violenza statale è sistematica e organizzata, e si manifesta con la presenza del braccio armato dello stato (Paf, gendarmerie, police, militari). Di fronte alla sistematizzazione della violenza statale vogliamo reagire e mobilitarci per mettere fine allo sfruttamento che porta alla morte di persone considerate illegali.
Non sono le montagne che uccidono, sono gli stati e le loro polizie. Organizzarci è quindi un necessità.

MOBILITIAMOCI E ORGANIZZIAMOCI! DOMENICA 16 GENNAIO ALLE 13 A CLAVIERE DAVANTI ALLA CHIESA

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Emilio in carcere. Appello alla solidarietà

Fonte: Passamontagna

Emilio in carcere. Appello alla solidarietà
fra, eng below

Venerdì 3 dicembre 2020 un nostro compagno, Emilio Scalzo, è stato estradato dall’Italia alla Francia e rinchiuso nel carcere di Aix-Luynes.
Emilio, ex pescivendolo di 67 anni, storico attivista NoTav e dall’inizio impegnato a portare solidarietà ai migranti di passaggio tra la Valsusa e il Brianconnese è accusato di violenza contro pubblico ufficiale in seguito alla manifestazione del 15 maggio 2020 tra Claviere e Monginevro, giornata pubblica organizzata in risposta allo sgombero della Casa Cantoniera, il Rifugio Autogestito per migranti di Oulx.
Quella manifestazione, parte di una tre giorni di campeggio contro le frontiere era stata quasi subito “bloccata” da decine di CRS che avevano sbarrato la strada e inseguito il corteo lungo i sentieri per impedirgli di passare, sparando lacrimogeni, “grenade” (tipo di armi in dotazione alla polizia francese) e distribuendo manganellate. Emilio era rimasto un po’ indietro data la sua protesi ad un ginocchio e il secondo in attesa di operazione ; da seduto è stato attaccato da un gendarme che prima gli ha lanciato addosso una granata, e poi ha cercato di colpirlo con una manganellata. Emilio si è difeso. Il poliziotto di quarantacinque anni più giovane, se n’è andato con un braccio dolorante. Manganello contro un legno trovato in terra.
Il 15 settembre Emilio è stato arrestato; agenti della polizia italiana in borghese l’hanno letteralmente rapito per strada, e per molte ore nessuno ha avuto sue notizie. I mandanti sapevano quanto Emilio è amato nella valle in cui vive e dunque lo hanno sequestrato nell’ombra. Il 23 settembre gli sono stati dati i domiciliari, finché il 1 ottobre i giudici della Corte d’Appello di Torino hanno concesso l’estradizione richiesta dallo stato francese. Il 1° dicembre, dopo due mesi e mezzo di arresti domiciliari, Emilio è stato arrestato di nuovo dalla Digos di Torino (polizia politica), che ha usato una quantità enorme di celerini per bloccare le strade intorno alla sua casa, scavalcando e forzando il cancello e procedere all’arresto. E’ stato portato al carcere delle Vallette di Torino, nonostante fosse già ai domiciliari da due mesi. Perché? Per la “troppa solidarietà” del movimento, in presidio permanente davanti alla casa di Emilio per stargli vicino fino all’arresto e non lasciarlo solo. In pratica avevano paura di non riuscire a consegnarlo in tempo e fare brutta figura coi gendarmi francesi. Continua a leggere

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