Bardonecchia – Domenica 29 aprile ore 15.30 presidio informativo davanti alla stazione

Fonte: Chez Jesus – Rifugio Autogestito

Domenica 29 aprile, dalle ore 15.30

PRESIDIO INFORMATIVO e MERENDA SINOIRA

davanti alla stazione di Bardonecchia

in solidarietà a ELEONORA, THÈO e BASTIEN

CONTRO FRONTIERE E FASCISMI

TUTTE E TUTTI LIBERI!

+++ IMPORTANTE +++

Per sostenere economicamente Ele, Théo e Bastien e le conseguenti spese legali, ecco l’iban su cui versare donazioni, benefit e quant’altro.

IBAN: it 56h0760105138211776611787

Conto Corrente intestato a Lucia Costa

Aggiornamenti sugli arresti del 22 aprile dopo la marcia Claviere- Briancon e sulle prossime iniziative.

Bastien e Theo sono stati trasferiti dal carcere di Gap a quello di Marsiglia, dopo che e’ stato lanciato pubblicamente un presidio sotto il carcere. Motivazione ufficiale avanzata dal procuratore per lo spostamento.

Per Eleonora, detenuta anche lei a Marsiglia, e’ stata fatta una richiesta di scarcerazione che sara’ discussa giovedì.

Per scriverle: Eleonora Laterza,

Centre pénitentiaire de Marseille-Baumettes, Maison d’arrêt pour femmes.

Numero d’ecrou 188381.

239 Chemin de Morgiou, 13009 Marseille

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Roma – Aggiornamenti dal CPR di Ponte Galeria

riceviamo e diffondiamo

ANCORA PASTI NARCOTIZZANTI AL CPR DI PONTE GALERIA

Nel c.p.r. di Roma in questo momento ci sono una 30ina di donne di nazionalità varie. Da quel che si può capire prosegue la tattica del divide et impera. Operatori e guardie alimentano i conflitti fra le recluse e cercano di terrorizzare chiunque provi a interagire con i/le solidali all’esterno. “Se parli con loro vieni espulsa” un messaggio chiaro e diretto, nemmeno si prendono la briga di velare le loro minacce. Inoltre continuano i giochetti snervanti alle detenute con le promesse mai mantenute su visite specialistiche (che praticamente non vengono mai concesse) e date di uscita.

Nel frattempo gli episodi di resistenza individuale proseguono faticosamente.

Da un po’  di tempo sono stati vietati persino i televisori e la possibilità di mettere musica. L’aria dentro, tra la sporcizia e l’arrivo del caldo, si è fatta sempre più irrespirabile. Un po’ di rumore era stato fatto per far uscire una donna 60enne che , in evidenti difficoltà nel reggere i maltrattamenti ordinari nel c.p.r., effettivamente dopo più di una settimana ha ottenuto la libertà.

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I corridoi umanitari ovvero un tassello del controllo statale sul movimento delle persone

Negli ultimi anni una delle principali richieste e parole d’ordine avanzate dalle realtà antirazziste “democratiche”, umanitarie e religiose (partiti, sindacati, ONG, associazioni, chiese, cooperative sociali, gruppi per i diritti umani etc.) è stata quella dell’istituzione dei cosiddetti corridoi o canali umanitari, per permettere l’arrivo legale e in sicurezza delle persone migranti nei paesi occidentali.

Con il termine “corridoio umanitario” (dall’inglese humanitarian corridor) storicamente si intendeva “la fascia di territorio di un paese in guerra in cui le attività belliche vengono sospese per consentire il passaggio di convogli per il trasferimento dei profughi e per l’assistenza alle popolazioni”, un provvedimento temporaneo ed eccezionale applicato in tempo di guerra. Ora questa espressione viene estesa alla gestione di quella che i governanti dei paesi europei definiscono la crisi dell’immigrazione di massa.

Gli aspetti pratici di questa richiesta di corridoi umanitari sono sempre rimasti ambigui. Al sostegno di chi sarebbe stato rivolto questo corridoi umanitario? A tutte le persone che lasciano i loro paesi o solo ad alcune nazionalità e categorie? Si sarebbe trattato di un provvedimento temporaneo o di un cambiamento sostanziale nel sistema delle frontiere?

Nella sostanza con questa equivoca espressione si chiede a quegli stessi stati che da anni impediscono alle persone di arrivare senza rischi in Europa (non concedendo i visti che permettono di muoversi con navi e aerei o di attraversare semplicemente le frontiere terrestri, deliberando leggi sempre più restrittive sui movimenti delle persone, spendendo miliardi di euro per blindare le frontiere) di concedere un canale di accesso straordinario e legale solo ad alcune tra le persone intenzionate a lasciare i loro paesi. Non si propone dunque di modificare un regime delle frontiere che ha provocato decine di migliaia di morti negli ultimi anni, e che continua con torture, detenzioni, lager e deportazioni, ma di dar vita a un provvedimento di eccezione, limitato nel tempo, che non mette in discussione il principio del controllo militarizzato dei confini nei confronti delle persone migranti.

Berlino

Non è certo un caso che questa parola d’ordine così ambigua in breve tempo sia stata fatta propria dal Governo italiano. Alla fine del 2015 una prima sperimentazione è diventata operativa con la firma di un protocollo d’intesa tra istituzioni (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Ministero dell’Interno) e società civile (Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche e Tavola Valdese). Continua a leggere

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Torino – CPR, di scabbia e altre rogne

Fonte: Macerie

La settimana scorsa in c.so Brunelleschi alcuni ragazzi avevano la scabbia, infezione altamente contagiosa e tutt’altro che sopportabile.

All’infermeria del centro? Se ne fregano, e non solo per la scabbia, pure in punto di morte l’unica cosa che fanno è proporre il cocktail di psicofarmaci per far star buoni i detenuti e farli dormire.

Chiamare il 118? Inutile, prima che arrivino al Cpr, i gestori delle ambulanze chiamano le forze dell’ordine al suo interno che negano sistematicamente ci sia un bisogno di cure continuamente eluso.

Se l’Asl torinese pare essere parecchio diligente nei controlli alle attività commerciali della città, per costruire gli standard d’eccezione per il consumo alimentare dei bistrot e bar, meno solerte sembra l’attenzione su altri contesti, come quello della prigione per senza documenti in cui le emergenze sanitarie sono state tante e spesso gravose: dalle ferite dei pestaggi ai detenuti lasciate a marcire, alle epidemie più diffuse. Ma si sa, che gli interessi di ogni settore pubblico tendono a una spesa sostenibile e funzionale a certe direttrici dell’economia territoriale. Chi sta in una struttura detentiva, tutti cavoli suoi!

Meno male che ci sono altri modi per arrivare a ottenere dei risultati. I ragazzi dentro hanno fatto insieme un po’ di bordello con urla e battiture, e alla fine, dopo giorni, sono arrivate magicamente le pomate contro la scabbia.

La situazione al Cpr sabaudo è ancora statica, le aree sono tutte piene. Giovedì scorso, dopo venti giorni di pausa nelle deportazioni, sono stati prelevati venti ragazzi tunisini e portati all’aeroporto di Palermo. Lì, con altri cento connazionali provenienti dal centro di Bari e alcuni appena giunti a Lampedusa, sono stati espulsi.

macerie @ Aprile 24, 2018

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Bulgaria – Dopo la rivolta, arriva il processo. Appello all’azione in solidarietà con i ribelli di Harmanli

Traduzione da: Antifa Bulgaria

Domani 24 aprile 2018 nel tribunale di Harmanli ci sarà la prima udienza del processo contro gli arrestati durante la rivolta nel centro di detenzione ai confini della città durante l’autunno del 2016. Vi ricordate? I migranti vennero trattati come animali dallo stato e dalla sua macchina repressiva – dapprima isolati e messi illegalmente in quarantena, poi brutalmente picchiati per aver osato resistere a questa assurda pratica e infine accusati e mandati in tribunale. Manco a dirlo, nessun processo per i poliziotti responsabili delle violenze brutali inflitte durante la repressione della rivolta, né per i militanti nazionalisti responsabili di aver fomentato la propaganda anti-immigrati culminata nell’obbligo di quarantena e nella reazione dei reclusi.

Com’è successo tutto ciò?

Il centro di Harmanli è stato costruito nel 2014 come centro di accoglienza aperto, dove l’assistenza e le condizioni di vita erano ridotte al minimo. Entro il 2016, a soli due anni dall’apertura del campo, le strutture sanitarie di base e l’assistenza medica erano totalmente assenti. Il 2.10.2016 i militanti ultranazionalisti, tra cui l’europarlamentare Angel Dzambazki, l’attuale ministro della difesa Krasimir Karakachanov e la parlamentare Magdalena Tasheva, marciarono in corteo nella cittadina di Harmanli chiedendo che il centro diventasse una prigione e che i migranti fossero rinchiusi. Una delle ragioni addotte alla richiesta era il pericolo di “malattie” diffuse dai migranti. Dopo un mese la propaganda razzista aveva generato tanta isteria che il campo fu messo in quarantena totale, imprigionando completamente tutti i migranti reclusi con un presidio permanente della polizia a guardia. A livello igienico-sanitario è stato provato che tali misure erano assolutamente inutili e che la paranoia riguardo le malattie sembrava copiata dalla strategia propagandistica di Goebbels. Il 22 novembre 2016 i migranti imprigionati senza nessuna possibilità di lasciare il campo si sono ribellati, costruendo barricate e tirando pietre alla polizia. Contro di loro fu mobilitata la gendarmerie, che usò l’occasione per provare il suo nuovo idrante. In seguito, la polizia entrò nel campo e picchiò brutalmente e in maniera indiscriminata centinaia di persone che si trovavano nelle loro stanze e nei loro letti. Nell’ala dei reclusi afgani soltanto ci furono 125 feriti, di cui alcuni gravi. In 21 furono incriminati nonostante le chiare evidenze di violenza da parte della polizia e di pestaggi casuali e di massa. Nessun poliziotto venne investigato.

Per questo oggi facciamo un appello all’azione in solidarietà con i ribelli di Harmanli. Lo stato bulgaro che al momento guida la presidenza del consiglio d’Europa, le sue istituzioni e i politici devono essere condannati per la repressione totale sui migranti e l’uso ripetuto della violenza. Solidarietà, giustizia e libertà per i 21 incriminati a Harmanli!

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Lesbo – I fascisti assaltano i/le migranti, la polizia li sgombera e arresta, il governo annuncia una nuova legge restrittiva sull’immigrazione

Ieri sera, domenica 22 aprile, verso le 20 un gruppo di circa 200 fascisti ha attaccato i/le migranti che occupavano piazza Saffo nella città di Mitilene sull’isola di Lesbo.

I fascisti del “Movimento patriottico di Mitilene”, tra i quali noti appartenenti ad Alba Dorata, avevano nei giorni precedenti attraverso la loro pagina facebook diffuso l’appello per un presidio da tenersi domenica 22 in occasione dell’anniversario del golpe dei colonnelli in Grecia dell’aprile 1967. Riunitisi alle 19.30, dopo aver manifestato per la liberazione di 2 militari greci imprigionati nelle prigioni turche, la maggior parte dei fascisti, circa 200, armati di bastoni, si sono diretti alle 20 verso piazza Saffo a Mitilene, occupata da martedì 17 aprile da più di cento migranti, per la maggior parte famiglie afgane, chiedendone lo sgombero. Dopo un paio d’ore, verso le 22, senza alcun intervento della polizia antisommossa presente sul luogo in forze con due plotoni, il numero dei fascisti è aumentato, in seguito ad una chiamata dalla pagina facebook ad intervenire in piazza. Cantando slogan e cori come “Bruciamoli vivi! Buttiamoli a mare!” i fascisti hanno aggredito i/le migranti lanciando bottiglie di vetro e pietre divelte dai marciapiedi, razzi di segnalazione e petardi. I migranti si sono difesi incordonandosi in una tripla catena umana circolare, con al centro i bambini, cercando di proteggerli dai lanci coprendoli con cartoni e coperte bagnate. Ai migranti si sono uniti anche dei solidali locali. Solo dopo questa resistenza di migranti e solidali la polizia è intervenuta frapponendosi tra i 2 gruppi, ma ciò non ha impedito che i fascisti continuassero l’assalto, incendiando cassonetti poi spinti verso i cordoni dei migranti, lanciando da dietro i cassonetti razzi e fuochi d’artificio prendendo di mira in particolare donne e bambini. Intorno alle 23 i fascisti hanno tentato un movimento di aggiramento, attaccando dal lato del mercato. La polizia a questo punto ha lanciato dei lacrimogeni nella piazza, che sono finiti anche addosso ai migranti. All’ 1 gli scontri si sono trasferiti dal lungomare di Mitilene fino allo storico municipio e alle stradine circostanti. I fasci hanno dato fuoco ai cassonetti costruendo barricate e interrompendo il traffico in tutto il porto. Nel frattempo la polizia ha circondato l’hotspot di Moria per impedire che i migranti, venuti a conoscenza di quanto stava avvenendo e intenzionati a supportare i loro compagni, potessero uscire. Gli scontri a Mitilene sono continuati fino alle 3 di notte. Almeno 35 tra migranti e solidali risultano feriti, e 10, tra i quali un bambino con delle ustioni, sono stati ricoverati in ospedale.

Racconta una persona presente sul posto: “Lasciate che vi dica questo riguardo a questa folle serata di guerra di stasera: la polizia non avrebbe potuto coordinarsi meglio con i fascisti, al punto da attaccare i solidali locali. I fascisti erano in possesso di gas lacrimogeno; la polizia ha dato mano libera ai fascisti, guardava mentre i fascisti stavano terrorizzando non solo i rifugiati, ma anche i locali. Un caffè è stato attaccato perché ha fatto entrare i profughi feriti; i fascisti hanno cercato di attaccare le ambulanze, hanno attaccato chiunque abbia cercato di aiutare o documentare la loro violenza.” Un solidale riporta: “La polizia aveva ordini (li abbiamo anche ascoltati molte volte dalle loro ricetrasmitenti) di non muoversi contro i fascisti al fine di arrestarli ma solo per disperderli. Alla fine hanno deciso di allontanare i fascisti dalla piazza ma non ci hanno messo molto per tirare gas lacrimogeni contro di noi perchè avevamo semplicemente reagito agli assalti incendiari gridando loro che qualcuno sarebbe rimasto ucciso a causa dei loro ordini di non effettuare arresti dei fascisti.”

Alle 5:20 la polizia antisommossa ha fatto arrivare in piazza dei bus e ha ordinato ai migranti di sgomberare l’occupazione, giustificando l’operazione come una forma di tutela per la loro incolumità. I migranti, continuando a tenersi incordonati, si sono fino all’ultimo rifiutati di lasciare la piazza, gridando slogan contro il campo di concentramento, ma dopo poco tempo la polizia con la forza e le minacce li ha costretti a salire sui bus dicendo loro che li avrebbe riportati nell’hotspot di Moria. I migranti riferiscono che la polizia gli abbia detto, riguardo la detenzione, che “se si fossero dimenticati di quanto avvenuto ieri sera non ci sarebbero state conseguenze”. La notizia di poche ore fa è che circa 120 migranti, tra i quali 25 donne e bambini, sono stati arrestati e reclusi nella stazione di polizia, con le accuse di occupazione di spazio pubblico. Agli arresti anche due solidali.

Nei fatti, come avvenuto altre volte in precedenza sia al Pireo come a Lesbo e Chios, anche in questo caso fascisti e polizia hanno nei fatti collaborato nella repressione delle proteste delle persone migranti.

L’occupazione di piazza Saffo era cominciata martedì 17 febbraio, dopo che un corteo di circa 200 persone migranti, affiancate dai solidali, aveva lasciato l’hotspot di Moria. I motivi della protesta erano la segregazione e le condizioni di vita sull’isola, la detenzione, le deportazioni e la notizia della morte di un afgano in seguito alla mancata assistenza medica (avvenuta in realtà successivamente, dopo giorni di coma). Continua a leggere

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Attraversando il confine – Corteo contro le frontiere. En traversant la frontiere – Manifestation contre les frontieres

Fonte: Chez Jesus – Rifugio Autogestito

Attraversando il confine – Corteo contro le frontiere

Ieri 22 aprile 300 persone sono partite da Claviere, per attraversare il confine con la Francia. Dopo una mattinata di incontro su “Alpi, frontiere e resistenze” e un pranzo condiviso fuori dal Rifugio Autogestito Chez Jesus, ci siamo organizzati tra solidali e migranti, insieme, contro la frontiera.

Abbiamo camminato uniti sulla strada che da Claviere porta a Briançon, per rispondere alla militarizzazione che negli ultimi giorni ha visto bloccare completamente la frontiera, ma anche per dare una risposta al presidio dei neofascisti di “génération idéntitaire” al Colle della Scala. Se militari e fascisti vogliono bloccare le frontiere, noi continueremo a lottare affinché queste vengano abbattute.

In questa ultima settimana, con la fine della stagione turistica, la frontiera italo-francese del Monginevro ha lasciato la sua immagine di località sciistica per diventare meta di decine di militari qui per allenarsi alla guerra facendo la caccia ai migranti.

In queste notti ci sono stati veri e propri agguati dei militari e gendarmi nei boschi, e i tanti respingimenti hanno fatto sì che il rifugio autogestito Chez Jesus vedesse decine di persone bloccate qui in frontiera senza riuscire a passare.

Questo, insieme alla presenza neofascista al Colle della Scala, ci ha spinto a scegliere di rompere, in tanti, quel dispositivo che tenta di rendere impossibile il passaggio a chi non è gradito.

Ieri abbiamo camminato per 19 chilometri sul sentiero e sulla strada, rompendo i tentativi di interruzione del corteo da parte delle forze di polizia francese, determinati a raggiungere l’obbiettivo di questa marcia. Siamo arrivati a Briançon nel pomeriggio, entrando in città in 300 con cori e slogan contro frontiere, fascisti e controlli polizieschi. Per una volta, nessuno è stato obbligato a nascondersi nella notte e nella neve e a camminare tanti chilometri per essere poi respinto dalla polizia.

Con l’arrivo a Briançon si è conclusa una bella giornata di lotta. Alle sei del pomeriggio siamo arrivati in centro a Briançon e sono iniziati i festeggiamenti. È in questo momento che la polizia ha iniziato la caccia all’uomo: veniamo a sapere che nove manifestanti sono stati fermati a piccoli gruppi, quando ormai si trovavano lontani dal concentramento. Sono stati bloccati sul marciapiede, messi spalle al muro, ammanettati e portati via.

4 persone sono state liberate stamattina. Tutti gli altri sono ancora in stato di fermo.

I gendarmi hanno anche cercato di prendersi un altro compagno, dopo averlo malmenato e sbattuto a terra sull’asfalto.

D’altronde la frontiera è fatta di divise, manganelli e strumenti di selezione. Sta a noi trovare il meccanismo dell’ingranaggio per poi distruggerlo.

Vogliamo la liberazione immediata di tutti i compagni e le compagne arrestate.

La frontiera è solo una linea immaginaria. Se ci organizziamo insieme per combatterla, riusciamo a farla scomparire e ieri l’abbiamo dimostrato.

LIBERTA PER TUTT* I-LE COMPAGN* ARRESTAT*!

En traversant la frontiere. Manifestation contre les frontieres

Hier, Dimanche 22 Avril, 300 personnes sont parties depuis Clavière, pour traverser la frontière. Après une matinée de discussions et de rencontres sur le thème des « Alpes, frontières et résistances » et un repas partagé devant le Refuge Autogeré Chez Jésus, nous nous sommes organisé·e·s, exilé·e·s et solidaires, ensembles, contre toutes les frontières.

Nous avons marché ensemble et unis, et nous avons bloqué la route qui va de Clavière jusqu’à Briançon. Ceci pour donner un signal clair aux fascistes et à la police, et en réponse à la militarisation qui s’est developpée et a complètement bloqué la frontière ces derniers jours. Il s’agissait bien d’une chasse à l’homme, nocturne et diurne. Hier, la traversée de la frontière était aussi une réponse à la manifestation des néo-fasciste de « génération identitaire » au Col de l’Echelle. Si les militaires et les fascistes veulent bloquer les frontières, alors nous continuerons à lutter afin que celles-ci soient abattues.

La semaine passée, avec la fin de la saison touristique, la frontière italo-française du Montgenèvre a changé de visage: elle a perdu son image de « village de ski » pour devenir le lieu de villégiature de dizaines de militaires, qui sont venus s’entrainer à la guerre en chassant les exilé·e·s. Et c’est bien d’une chasse qu’il s’agit: des patrouilles de nuits de dix, vingt personnes surveillent les sentiers qui traversent la frontière, équipées de torches et de moto-neige. Ils sont à la recherche de celleux qui, determiné·e·s à continuer leur vie en dehors de l’Italie, tentent chaque jour de traverser cette frontière, perméable seulement pour celleux qui détiennent le privilège du lieu de naissance ou de la richesse.

En conséquence, les nuits passées ont été le théatre de véritable guet-appens des militaires et des gendarmes dans les bois. Les refoulements en masse ont bloqué des dizaines de personnes au Refuge Autogeré Chez Jesus, sans possibilité de passage.

Ceci, ainsi que la présence néo-fasciste au Col de l’Echelle, nous a poussé·e·s à choisir de rompre, en nombre et à la lumière du jour ce dispositif frontière qui tente de rendre la traversée impossible à celleux qui ne sont pas les bienvenu·e·s.

Afin que toutes et tous voient et entendent, contre l’utilisation politique et économique des flux migratoires et contre tout le dispositif qui se met en place pour leur « gestion ».

Hier, nous avons marché pendant 19 kilomètres sur le sentier et sur la route, déjouant les tentatives d’interruption du cortège de la police française, déterminé·e·s que nous étions à atteindre l’objectif de cette marche.

Nous sommes arrivé·e·s à Briançon pendant l’après-midi. Nous sommes rentré·e·s dans la ville à 300, en chantant des chœurs et slogans contre les frontières, les fascistes et les controles de police. Pour une fois, personne n’a été obligé de se cacher dans la nuit et la neige, personne n’a marché pendant des kilomètres pour etre repoussé par la police au point de départ. Un jeu de l’oie qui tue.

L’arrivée à Briançon a été la conclusion d’une belle journée de lutte. Nous sommes arrivé·e·s au centre de Briançon et les festivités ont commencé. C’est justement à ce moment là que la police a commencé sa chasse à l’homme : peu après nous avons su que neuf manifestant·e·s avaient été arreté·e·s en petits groupes, quand ils étaient éloigné·e·s du rassemblement. Ils ont été bloqué·e·s sur le trottoir, aligné·e·s, menotté·e·s et emmené·e·s.

4 personnes ont été libérées ce matin. Tous les autres sont encore en état d’arrestation. Hier les gendarmes ont essayés d’arreter un autre camarade après l’avoir jeté à terre et malmené.

La frontière est faite d’uniformes, de batons et de dispositifs de division. C’est à nous de trouver les mécanismes de l’engrenage pour ensuite, le détruire

Nous voulons la libération immédiate de tout·e·s les camarades arreté·e·s.

La frontière est seulement une ligne imaginaire. Si nous nous organisons ensemble pour la combattre, nous réussirons à la faire disparaitre, et nous l’avons demontré hier.

LIBERTE POUR TOUT·E·S LES CAMARADES ARRETE·E·S !

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Da Claviere a Briançon: la determinazione delle persone migranti e la forte solidarietà abbattono la frontiera

Fonte: Radio Onda Rossa

Con un compagno che vive in Valsusa raccontiamo l’importante giornata di lotta al confine, il contesto da cui è scaturita e la rappresaglia di polizia e fascisti a Briançon. Le informazioni in corso di aggiornamento sui/sulle fermatx parlano di tre migranti e un francese fermati nella stessa giornata di ieri alla frontiera mentre cercavano di attraversarla in auto, e cinque solidali dopo l’arrivo del corteo a Briançon.

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Colonialismo carcerario: il progetto della Gran Bretagna per costruire un’ala in una prigione in Nigeria

Traduzione da: Corporate watch

Il governo britannico ha recentemente annunciato l’intenzione di costruire una nuova ala in una prigione in Nigeria. L’ala da 112 posti sarebbe stata costruita nella prigione di massima sicurezza di Kirikiri ad Apapa, nello Stato di Lagos, in Nigeria, e avrebbe consentito la deportazione dei prigionieri dal Regno Unito alla Nigeria. Lo stato britannico ha firmato un “accordo per il trasferimento del prigioniero” nel 2014 con la Nigeria ma non è stato in grado di espellere le persone a causa delle cattive condizioni delle carceri nigeriane.

Questo articolo presenta la ricerca di Corporate Watch su questo allarmante progetto; indagando sul flusso di finanziamenti e sul quadro più ampio del colonialismo carcerario, nonché sulla criminalizzazione razzista dei cittadini stranieri e sulla traiettoria che le persone devono affrontare dalla prigione alla detenzione fino alla deportazione.

Quello che sappiamo finora

Il Segretario agli Esteri, Boris Johnson, tramite una dichiarazione scritta il 7 marzo 2018, ha annunciato l’intenzione del governo britannico di costruire un’ala della prigione in Nigeria. La dichiarazione dice:

“Il 9 gennaio 2014, il Regno Unito ha firmato un Accordo di trasferimento obbligatorio del prigioniero con la Nigeria. Come parte di questo accordo, i prigionieri idonei che scontano condanne penali in Nigeria e nel Regno Unito possono essere rimpatriati per completare le loro condanne nei rispettivi paesi. A sostegno di questo, e per contribuire a migliorare la capacità del Servizio penitenziario nigeriano, il governo ha accettato di costruire un’ala con 112 letti, conforme alle norme delle Nazioni Unite, nella prigione di Kiri Kiri, a Lagos. Sono state piazzate offerte e identificato un fornitore per condurre i lavori di costruzione, insieme al supporto del progetto, al monitoraggio e alla valutazione, portando il costo totale a 695.525 sterline. Questo progetto è finanziato dal CSSF (Fondo per il Conflitto, la Stabilità e la Sicurezza ) del Fondo Migrazioni per il rimpatrio. La fornitura di questa assistenza è in linea con gli obiettivi di sicurezza e stabilità del governo in Africa occidentale. Funzionari dell’FCO effettuano regolari controlli dei nostri programmi in Nigeria per garantire che i finanziamenti siano diretti solo ai destinatari approvati.”

La prigione di massima sicurezza di Kirikiri fu costruita nel 1955, cinque anni prima che la Nigeria diventasse ufficialmente indipendente dal dominio coloniale britannico. La capacità ufficiale della prigione è di 1.056 persone. A marzo 2018, il carcere deteneva circa 5000 prigionieri, rendendolo incredibilmente sovraffollato. Secondo una ricerca dell’ONU, 3700 prigionieri erano in attesa di processo da cinque anni o più. È una delle 144 prigioni e 83 prigioni satelliti in tutto il paese.

Dopo l’annuncio, il portavoce del servizio carcerario nigeriano, Francis Enobore, ha dichiarato che il governo britannico non ha ancora comunicato formalmente il suo piano al governo federale. Ha inoltre dichiarato che:

“Nessun edificio del genere può essere costruito senza una sinergia tra il Regno Unito e il governo nigeriano; il Regno Unito non può farlo. Non c’è possibilità che il Regno Unito possa semplicemente entrare a Kirikiri e iniziare a costruire qualsiasi cosa. Ufficialmente, non siamo a conoscenza di tale mossa. Nessun documento formale è stato inviato al Servizio carcerario. Per quanto ne so, non ho visto nessun documento che mostri un passo formale da parte del Regno Unito per costruire un’ala della prigione a Kirikiri… Ho letto del piano. È una proposta ancora in esame nel Regno Unito. Non vi è alcun passaggio in cui si menzioni che sia stato fatto un invito formale al governo nigeriano. Il Responsabile generale sarà avvisato e ci saranno ulteriori piani. È troppo presto per me per iniziare a parlare di un progetto che non ho visto o sentito”. I prigionieri non possono attualmente essere trasferiti in Nigeria a causa delle condizioni delle carceri, che violano gli standard delle Nazioni Unite. Nel 2017, gli investigatori per i diritti umani hanno scoperto che i prigionieri nel paese erano soggetti a “esecuzioni extragiudiziali, torture, grave sovraffollamento e scarse strutture di base.” Il paese prevede ancora la pena di morte per reati come tradimento, omicidio, omicidio doloso e rapina a mano armata. Anche lo stupro, la sodomia e l’adulterio sono punibili con la pena di morte, secondo i codici penali basati sulla Shari’a, vigenti in alcuni stati. Più di 527 persone sono state condannate a morte nel 2016, con oltre 1979 presenti nel braccio della morte. Anche la corruzione è un serio problema nel servizio penitenziario, così come il fatto che bambini e adulti vengano imprigionati insieme.

Informazioni sul Conflict, Stability and Security Fund (CSSF) del Regno Unito

Secondo il governo, il Fondo “Conflitto, Stabilità e Sicurezza” (CSSF) della Gran Bretagna ha un budget annuale di oltre un miliardo di sterline e mira a commissionare progetti che possano aiutare a prevenire conflitti e stabilizzare paesi o regioni. È stato istituito nel 2015 ed è guidato dal Consiglio di sicurezza nazionale. Il suo budget era di 1.16 miliardi di sterline nel 2018.

Il fondo è incredibilmente riservato. Una relazione annuale è stata prodotta a causa delle pressioni sulla trasparenza, ma non fornisce un elenco completo dei progetti finanziati né dei paesi in cui opera. Un nuovo quadro contrattuale è attualmente in fase di sviluppo, tuttavia, di seguito è riportato l’elenco degli appaltatori finora noti:
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Modena- La memoria è corta? La miccia della rivolta è ancora lunga

fonte: No CIE Modena

E’ confermato! Riaprirà a Modena il CPR, centro per rimpatri. Ne danno notizia il sindaco, il prefetto e il questore. Riguardo a questo evento l’unica remora delle autorità e del PD, in primis, riguarda la gestione del centro.
Avremo abbastanza poliziotti, carabinieri e guardia di finanza a disposizione per tenere a bada i riottosi?
Ne avremo ancora abbastanza per tenere controllate le strade modenesi?
Non ci stupisce che la questione venga posta in questi termini da chi ha sostenuto politicamente e gestito militarmente questi lager per i senza documenti. Le autorità modenesi hanno evidentemente la memoria corta. Durante gli anni di attività dell’ex CIE sono state frequenti le rivolte e i danneggiamenti alla struttura da parte degli internati, così come i tentativi di evasione (molti riusciti) e la solidarietà attiva all’esterno da parte dei nemici delle frontiere. In particolare nell’estate 2013 era scoppiata un’epidemia di parassiti e, alle richieste di migliori condizioni igienico-sanitarie, le forze dell’ordine predisposte alla “gestione” del centro avevano risposto con la solita repressione violenta. Scoppiò così una rivolta che causò 70 000 euro di danni, parecchi sbirri all’ospedale e la chiusura definitiva del lager.
Il CPR, che hanno ora deciso di riaprire, si era dimostrato (e lo dimostrano quelli aperti in altre parti di Italia) un lager a tutti gli effetti a sfondo razziale in un connubio di manganellate e psicofarmaci.
Noi abbiamo le idee ben chiare sul perché si voglia riaprire proprio ora il CPR nelle nostre zone. Negli ultimi mesi la politica estera rispetto all’immigrazione è stata quella di stabilire rapporti sempre più saldi con l’ ipotetico governo libico. Questo con lo scopo di spostare la responsabilità di gestione dei flussi migratori alla polizia di frontiera libica, sostenendola con finanziamenti europei nella costruzione di nuovi lager nei loro territori. Tutto ciò nel tentativo di tenere lontano dagli occhi del buon cittadino lo scandalo delle vite umane affogate in mare, torturate, schiavizzate e stuprate nei centri di detenzione. A causa della continua destabilizzazione del governo libico il progetto di cessione della gestione non è ancora del tutto attivo.
Con l’arrivo dell’estate, e conseguentemente di aumentati sbarchi di migranti sulle coste italiane, i temi della gestione e del controllo tornano prepotentemente a farsi sentire. Nel tentativo di rispedire sulle coste africane un surplus umano problematico e non schiavizzabile, e per mostrare che la situazione è sotto controllo, diventa necessario aumentare il numero di strutture che rinchiudono migranti.
Il CPR, oltre a segregare le vite di migliaia di migranti, risponde anche alla necessità di lucro di diversi enti. Tra questi ricordiamo coloro che da tempo si occupano delle varie strutture del sistema sprar nel modenese, “Caleidos” e “L’Angolo”; il Comune di Modena con l’impiego dei migranti in attività di manodopera a costo zero e in attività di affiancamento alla polizia municipale.
Per quanto riguarda la proprietà dell’ex cie, dall’anno di chiusura ne è stata protagonista la società finanziaria Finint (con sede a Conegliano, Treviso), e, a seguito della recente revoca, la gestione è passata in mano a un’altra società finanziaria chiamata “Alba Leasing” (Bper ne è uno dei soci di maggioranza).
C’è inoltre chi si oppone al CPR con la preoccupazione che la sua apertura comporterebbe la carenza di personale di polizia nella gestione della sicurezza cittadina. Chi auspica un maggior numero di sbirri per le strade auspica persecuzione contro chi vive ai margini e più repressione per chi contrasta logiche di dominio e di arricchimento dei soliti noti.
Ricordiamo a questo ipocrita carrozzone di lagnosi, agli speculatori sulle vite altrui, ai difensori degli sfruttatori, ai politici che permettono e plaudono a tutto ciò, che chi combatte per la libertà e per la dignità degli individui li avrà sempre loro nemici.. e non resterà a guardare.
Senza alcun compromesso, i CPR si chiudono col fuoco della rivolta

Alcuni anarchici e anarchiche modenesi

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