Trentino – Impressioni di novembre

Fonte: Informa-azione
Al presidio di tre giorni e tre notti nato a Marco di Rovereto per bloccare i carotaggi legati al progetto del TAV partecipa anche un gruppo di ragazzi del luogo. Uno di loro, durante una partita a carte, dice: “Questo presidio riscatta in parte il pessimo clima che si era creato qui a Marco contro i profughi”. A luglio, con il pretesto di un tentativo di stupro, si erano espressi per la chiusura del campo profughi praticamente tutti i politici, dal sindaco PD alla Lega, dalla circoscrizione ai fascisti. I discorsi che si sentivano in piazza e nei bar avevano l’odore inconfondibile del linciaggio. Se a Marco ci fosse stata una presenza organizzata di fascisti non è escluso che avremmo assistito ad una sorta di “caccia al negro” realizzata con la partecipazione o con il consenso di una parte del paese.

Ad ottobre in tutta Italia, e anche in Trentino, i clerico-fascisti delle Sentinelle in piedi vengono duramente contestati. La “legge contro l’omofobia” presentata dal centro-sinistra viene congelata dopo un’intervista di Bressan a “Vita Trentina” in cui l’arcivescovo di Trento paragona l’omosessualità alla pedofilia.

Anche nella democratica Trento si svolgono le retate contro gli immigrati privi di documenti. L’operazione si chiama “Mos maiorum”, cioè “costumi degli antenati”. Alla polizia piace il latino. Un paio di anni prima la Digos aveva chiamato “Ixodidae” (“zecche”) un’operazione contro 43 anarchici per “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” conclusasi con l’assoluzione degli imputati. Ma i “costumi” rimangono. Il 5 novembre, a Trento, al termine di un dibattito sullo squadrismo fascista svoltosi nella facoltà di sociologia, tre pattuglie di polizia (tra quelle presenti in città per i controlli “antidegrado” voluti dal democratico Andreatta) cercano di fermare e perquisire una quarantina di compagni, che se ne vanno in corteo per sfuggire all’accerchiamento. Nella concitazione del momento, uno sbirro dimentica il latinorum ed urla “Fermatevi, zecche!”.

Mentre in Italia la società è divisa tra le giornate istituzionali contro la violenza sulle donne e una violenza sessista che segna tragicamente la vita quotidiana di migliaia di donne, le donne curde difendono armi alla mano, a Kobane, il proprio percorso di emancipazione dall’assalto assassino dei mercenari dello Stato Islamico. La morale democratica difende le donne in quanto “vittime”. Quando le donne prendono le armi per difendersi da sole, la morale democratica invoca la polizia (globale).

Secondo Renzi è criminale affermare che gli interessi dei lavoratori e quelli dei proprietari sono divisi. È il sogno antico del capitale, il suo. Mussolini lo chiamava corporativismo. Ma non c’è politica al mondo che sia mai riuscita a cancellare del tutto la realtà della lotta di classe. Le manganellate contro gli operai di Terni, così come le uova e gli scontri che stanno accogliendo il presidente del Consiglio un po’ ovunque sono, forse, i segnali di un ritorno alla realtà dopo anni di quel fittizio organizzato che è la pace tra le classi.

È proprio questo ritorno alla realtà che democratici e fascisti cercano di scongiurare, rinnovando senza sosta “emergenze sociali” con cui sviare gli sfruttati. Dalle lame dei fascisti al manganello della polizia la politica parla la lingua dell’ordine. Persino il fiume Adige, che rischia di tracimare argini a lungo cementificati, viene chiamato da un giornalista “sorvegliato speciale da parte delle ronde di Comune e Provincia”.

Dal 14 novembre al 17 dicembre il movimento no tav della Valsusa invita alla mobilitazione diffusa sui territori in solidarietà con quattro compagni accusati di terrorismo per un sabotaggio nel cantiere chiomontino dell’Alta Velocità.
Mentre più di settecento persone hanno partecipato alla campagna di acquisto collettivo di un terreno per resistere al TAV in Trentino, e mentre tutti i giorni ci si sveglia all’alba per presidiare le zone dei prossimi carotaggi, che la solidarietà ai compagni in carcere non ci rimanga in tasca.

Ha ragione quel ragazzino di Marco. Solo le lotte riscattano le nostre vite dal clima reazionario che ci investe da destra come da sinistra.
Basta lamentele o piagnistei. Organizziamo la controffensiva.
Contro i fascisti, certo, ma anche contro il mondo che li arma e li protegge.

alcuni anarchici

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