Una voce dal CIE di Bari Palese

Da “Macerie“:

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«Siamo esseri umani, siamo persone come tutti gli altri: per loro no». E loro sono quelli che ti trattano come «oggetti rinchiusi», quelli che «ti chiamano ospite» ma poi ti tolgono l’accendino e la penna, la collanina e pure il cellulare se è dotato di una pericolosissima fotocamera, il portafoglio e gli oggetti personali. Che ti rinchiudono in gabbie quindici a quindici ma poi non ti fan parlare con i quindici della gabbia accanto. Che «ti sequestrano», insomma, che ti ficcano di nascosto psicofarmaci nel cibo perché tu non faccia casino e che poi te ne somministrano altri ancora per farti «dimenticare il dolore» anziché curarti quando stai male. Loro – loro -sono quelli che gestiscono il Cie, insomma. Un Cie ancora mezzo bruciacchiato dalle rivolte degli anni passati, dove il direttore non si vede mai e i dipendenti da un bel po’ non ricevono lo stipendio.

Una voce limpidissima da Bari Palese, che a molti di voi sembrerà identica alle tante che abbiamo raccolto in questi anni a far la storia dal di dentro delle “Guantanamo italiane”. Storia lunga e ripetitiva, piena di sofferenze ma anche di rivolte, finita ogni tanto sotto i riflettori della stampa e oggetto periodicamente degli strepiti e delle dichiarazioni inutili di deputati e consiglieri comunali. Storia cui manca sempre e solo una parola: «fine».

Ascolta la testimonianza dal Cie di Bari Palese qui.

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