fonte: Abbattere le frontiere
Dalla ribalta mediatica al silenzio. Della “questione Brennero” non si parla più, se non per elogiare, di tanto in tanto, il prevalere del buon senso e della collaborazione sulla logica dei muri. La realtà, ovviamente, è ben diversa.
Si può dire, innanzitutto, che la polizia austriaca ha raggiunto gli obiettivi che aveva dichiarato durante la conferenza stampa del 27 aprile: predisporre le strutture di controllo al Brennero in caso di un eventuale aumento degli immigrati in arrivo, modulandone caratteristiche e tempi a seconda dei controlli effettuati a sud del Brennero dalla polizia italiana. Se persino i sindacati di polizia hanno definito atteggiamento da zerbino quello del governo italiano (di fatto da Bolzano in su la gestione è in mano alla polizia austriaca) possiamo farci un’idea della pronta collaborazione nei controlli e, sullo sfondo, di quanto preoccupino eventuali disagi al transito delle merci al Brennero.
Cerchiamo quindi di descrivere la situazione attuale.
Mentre continuano i controlli trilaterali – tedeschi, austriaci e italiani – sui treni internazionali (gli OBB Verona-Monaco), si sono rafforzati i controlli su tutti i treni già a partire da Verona, dove una massiccia presenza di polizia ferma chiunque abbia la pelle scura prima di accedere ai binari. Lo stesso avviene nella stazione di Bolzano. Per gli immigrati è dunque molto difficile superare Bolzano. Nonostante gli arrivi al Brennero siano davvero pochissimi, i lavori preliminari per i controlli alla frontiera sono andati avanti, a dispetto delle chiacchiere trionfalistiche dei politici. E’ stata costruita, nell’aria di sosta dell’autostrada poco dopo il confine italiano, una grande tettoia, una sorta di sottopasso obbligato per le auto lungo una cinquantina di metri, largo una decina e alto cinque. Sarebbero inoltre pronti novanta container da posizionare lì vicino come strutture per l’identificazione dei “sospetti”. Il “programma di gestione del confine” è dunque proseguito.
Ma per capire come la “gestione” abbia diverse facce, tutte complementari, è necessario allargare lo sguardo.
Prepararsi alla chiusura della frontiera: si può riassumere in tal modo la collaborazione fra istituzioni, polizia e associazioni cosiddette umanitarie.
Infatti, mentre il numero di poliziotti e militari italiani impegnati nei controlli anti-immigrati è salito a centotrenta, in un padiglione della Fiera di Bolzano si sono predisposti quattrocento posti per quello che la lingua di Stato chiama “centro di smistamento veloce”. La merce da smistare, ovviamente, sono gli immigrati: i “rifugiati politici” da spedire nel sistema-business della cosiddetta accoglienza, i “rifugiati economici” da rimandare indietro.
Siccome l’esperienza degli ultimi anni dimostra che i grossi assembramenti di profughi creano potenzialmente dei conflitti, assieme alla più istituzionale Caritas ecco entrare in scena anche la cosiddetta società civile, con Fondazioni dall’aria antirazzista, come la Fondazione Alex Langer, che lanciano appelli per inserire anche gli appartamenti dei “solidali” nel sistema di gestione dei richiedenti asilo. Aggiungiamoci un concerto “Refugees Welcome” al Brennero in cui si contrappongono “musica e sorrisi” agli scontri del 7 maggio e in cui si dichiara, a qualche metro dalla tettoia per i controlli di polizia, che al Brennero non c’è né ci sarà mai alcuna frontiera, ed avremo il quadro d’insieme.
Per chi non vuole smistare né gestire altri esseri umani, la prospettiva rimane quella di sempre: far saltare il sistema-frontiera nelle sue diverse articolazioni.