Francia – I nuovi piccoli CIE per le deportazioni “volontarie”

I Governi francesi si confrontano, come avviene in Italia, con la gestione di decine di migliaia di persone che le loro stesse leggi hanno deliberatamente definito e reso “irregolari” (da gennaio a settembre 2016, 42910 domande d’asilo respinte, in prima istanza, su 63610 esaminate: il 67%), e con il problema della loro efficiente detenzione ed espulsione.

Nel paese sono presenti 43 centri di detenzione, distinti in 26 C.R.A. ( Centre de rétention administrative – Centro di detenzione amministrativa) dove le persone sono recluse fino a un massimo di 45 giorni, e 17 L.R.A. ( locaux de rétention administrative – strutture di detenzione amministrativa), luoghi di detenzione temporanea, in linea di massima limitata a 48 ore, in attesa di un trasferimento ai C.R.A.

Nel 2015, circa 48000 persone sono state private della loro libertà nei centri e nelle strutture di detenzione amministrativa e, nei primi sei mesi del 2016, 8660 persone sono state espulse dalla Francia.

Incendio del C.R.A. di Vincennes, 1° luglio 2016

Anche in Francia però è quotidiana la lotta delle persone recluse contro la detenzione e le deportazioni: solo nel 2016 sono avvenute rivolte e incendi che hanno danneggiato i C.R.A. di Metz, Mesnil- Amelot, Palaiseau, Plaisir e Vincennes, e fughe ed evasioni a Palaiseau e Nîmes (due volte ciascuno), Tolosa, Vincennes.

Per questo motivo le istituzioni sono alla ricerca di sempre nuovi modelli di gestione per contenere e allontanare le persone considerate “indesiderabili”.

Traduciamo di seguito alcune parti di un articolo che descrive una di queste sperimentazioni per ricordare, anche a chi qui in Italia critica i CIE solo per i costi, le condizioni degradanti, i limitati rimpatri, che un lager sarebbe tale anche se avesse costi contenuti, condizioni civili, numero elevato di deportazioni, anche se avesse il rassicurante aspetto di un appartamento accogliente dove attendere una deportazione spacciata per “volontaria”…

Nel luglio 2015 è stata diramata una circolare relativa all’implementazione di un piano di “risposta alle sfide migratorie”; nella parte intitolata “lottare con determinazione contro l’immigrazione irregolare” (p. 10 del pdf), la circolare invita i prefetti a “mettere in campo dei dispositivi sperimentali di preparazione al rimpatrio”. In altre parole, a orientare gli “stranieri in condizione irregolare o i diniegati dal sistema di asilo” verso dei dispositivi di preparazione al rimpatrio, “sotto forma dell’obbligo di residenza”. Niente di più. Il resto viene lasciato alle valutazioni dei prefetti.

A Lione si sperimenta il “DPAR”: rimpatrio o rimani per strada

Fonte.

I media ne parlavano già a novembre quando alcuni edifici scolastici abbandonati erano stati occupati per dare riparo a famiglie senza fissa dimora e ai loro figli, e per accendere i riflettori sulla loro situazione.

Dopo giorni e giorni di mobilitazione, 34 famiglie (e 68 minori) sono state ospitate dalla prefettura del Rodano.

Alcune famiglie, dopo aver ricevuto il diniego della richiesta di asilo, hanno trovato accoglienza presso un hotel. Una decina di giorni più tardi, almeno 5 di queste famiglie hanno ricevuto la visita di alcuni funzionari dell’Ufficio Francese per l’Immigrazione e l’Integrazione (Office français de l’immigration et de l’intégration, OFII) che dipende dal Ministero dell’interno.

A ogni incontro è stata consegnata loro una lettera nella quale si leggeva:

“Al momento siete stati collocati in via temporanea in questo hotel affinché possa essere elaborata una soluzione di presa in carico adatta alla vostra situazione amministrativa. Dovete lasciare l’hotel lunedì 12 dicembre alle h. 9:00. Tuttavia, vi informo che avete la possibilità di continuare a ricevere accoglienza presentandovi lo stesso giorno alle h. 10:00 presso l’ufficio di sostegno alla partenza che si trova a Rue de l’Effort, n. 22. Lì un team dell’OFII vi accoglierà per vagliare con voi le differenti opzioni”.

Finita l’accoglienza in hotel, direzione Rue de l’Effort n. 22, nel 7° arrondissement di Lione per un appuntamento misterioso di preparazione al “dispositivo di sostegno alla partenza”.

Un centro “sperimentale” a Gerland

Al n. 22 diRue de l’Effort, a Gerland, l’OFII ha stabilito i suoi uffici in una struttura in disuso per persone anziane non vedenti. Si tratta di un “centro di preparazione al rimpatrio”, come quello già sperimentato nella Mosella.

Aperto il 15 novembre, con una capienza di 60 persone, il centro lionese accoglie a oggi 15 famiglie, ovvero circa 45 persone perlopiù albanesi (dati della prefettura) che hanno ricevuto un diniego della richiesta di asilo. Al momento dell’arrivo, gli adulti sono soggetti all’obbligo di residenza e devono presentarsi due volte a settimana al commissariato del 7° arrondissement.

Le famiglie possono rimanere nel centro per un periodo di 45 giorni, rinnovabile una sola volta. Il tempo di “preparare il rimpatrio”. Una prima partenza è prevista per la metà di gennaio.

“Proponiamo ai diniegati un rimpatrio degno. L’OFII ha proprio la funzione di accompagnare il rientro nel paese di origine”, ci tiene a precisare la prefettura del Rodano. Per ogni rimpatrio è previsto un contributo finanziario con ammontare ancora da stabilire.

In visita alla palestra aperta nell’ambito del piano “grande freddo” , il prefetto delegato alle pari opportunità, Xavier Inglebert, si è felicitato per questo dispositivo: “Questo ci permette di spingere le persone a tornare al proprio paese facendo prendere loro coscienza che restare qui comporta un’aporia”.

Il messaggio è chiaro: o accettate il dispositivo di aiuto al rimpatrio, continuando così a ricevere accoglienza; oppure rifiutate di ritornare al vostro paese e rimanete per strada.

Il centro in disuso per anziani non vedenti di Lione-Gerland diventato “centro di preparazione al rimpatrio” dell’OFII.

I collettivi che si sono formati attorno alle scuole dove le famiglie hanno mandato i propri figli denunciano una “forma di ricatto abitativo”.

Jean-Paul Vilain, militante della RESF (Rete Educazione Senza Frontiere), sostiene una famiglia bosniaca che ha rifiutato di firmare le carte dell’OFII ritrovandosi per strada, e spiega:

“Questo dispositivo è una trappola ben organizzata: la verità viene nascosta il più possibile alle famiglie per bloccarle all’interno dell’ufficio dove viene notificata loro l’assegnazione a questo nuovo centro di accoglienza e la possibilità di ritrovarsi senza tetto in caso di rifiuto”.

In un comunicato stampa, la rete “Mai senza tetto” (Jamais sans toit), che riunisce tutti questi collettivi solidali, parla di un “centro di detenzione che nasconde il proprio nome”. La prefettura si difende spiegando che le persone arrivano volontariamente, consapevoli che si tratta di un aiuto al rimpatrio.

“Queste famiglie rispondono perfettamente ai criteri dell’art. L345-2-2 del Codice dell’azione sociale e delle famiglie: vulnerabilità medica, psichica o sociale a causa della quale qualsiasi persona che si trovi in una tale condizione ha diritto a un alloggio. Ma dato che queste persone si trovano in una condizione di irregolarità, non godono di questo diritto poiché il Consiglio di Stato ci dice chiaramente che i diniegati non hanno la « vocazione » a beneficiare all’alloggio di urgenza. Il diritto all’abitazione viene dunque millantato ai soli fini dell’esecuzione delle misure di allontanamento, giocando sulla precarizzazione delle famiglie e dei loro figli” (dichiarazione dell’avvocato che segue la famiglia bosniaca ndr).

Sembrerebbe che il reclutamento (delle persone da “invitare al rimpatrio” ndr) si orienti ormai direttamente a chi esce dai Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (Centre d’accueil des demandeurs d’asile, CADA). Dato che, come il prefetto per le pari opportunità sottolineava fortemente durante la sua visita, “per il 70% il dispositivo di accoglienza invernale interessa i diniegati”, probabilmente vedremo agenti dell’OFII nella palestra recentemente aperta.

 

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