Roma – Sul presidio al CPR di Ponte Galeria di sabato 13 maggio

Il nostro silenzio, le loro menzogne

Sabato 13 maggio, in poco più di dieci siamo tornatx sotto le mura del CPR di Ponte Galeria per portare solidarietà alle recluse ed esprimere ancora una volta il nostro odio per quel lager e chi lo gestisce e ne legittima la presenza. Ad aspettarci una folta schiera di soliti noti stalker, in divisa e non, che evidentemente smaniavano dalla voglia di trovare la prossima preda da dare in pasto allo stato.
La comunicazione con le donne detenute è stata purtroppo unidirezionale, nonostante le nostre speranze di trovarle fuori in cortile dopo l’ora di pranzo. Supponiamo quindi che, come al solito, per spezzare il già fragile legame di solidarietà che cerchiamo di stabilire durante i presidi, i gestori del lager abbiano nuovamente costretto le recluse a rimanere dentro le celle impedendo loro di rispondere ai nostri saluti e cori.
Abbiamo provato per due ore a raccontare alle detenute chi siamo e cosa succede fuori da quelle mura, delle lotte portate avanti dai/dalle migranti, dello stato fascista che uccide.
Sappiamo poco di quello che sta accadendo all’interno del CPR in questo momento, poiché le ultime donne recluse con cui eravamo in contatto, Olga e R.  (che intanto ha passato le scorse settimane a Rebibbia), hanno finalmente riconquistato la libertà e siamo felici di poterle riabbracciare entrambe fuori da quell’inferno che è Ponte Galeria.
Le ultime informazioni fornite dai giornalisti entrati in quel lager poco tempo fa ci dicono che attualmente sono 63 le detenute, la metà rispetto a due mesi fa, per cui immaginiamo che anche le espulsioni si siano succedute in gran fretta. Gli ultimi annunci del governo ci parlano non solo della volontà di rendere di nuovo funzionale la sezione maschile del lager romano, ma anche dell’esigenza di aprire 11 CPR entro fine luglio. Il bando, che assegna alle prossime ditte complici delle deportazioni l’appalto dei lavori di ristrutturazione della sezione maschile, è scaduto a marzo quindi, che sia rispettata o meno la scadenza di luglio, quel che è certo è che tra qualche mese si ricomincerà a rinchiudere anche gli uomini rastrellati nelle strade di questa città e nei dintorni. Una violenza che, in tutto il periodo successivo alla distruzione della sezione maschile, era stata in parte limitata grazie alla mancanza di posti negli altri lager presenti sulla penisola, anch’essi fortemente danneggiati dalle rivolte degli internati.
Di fronte alla brutalità dello Stato che porta avanti rastrellamenti, reclude e uccide, indicando la repressione come l’unico strumento per mantenere la pace sociale, è certa la necessità di rafforzare la lotta contro le retate, i CPR, il ricatto dell’accoglienza e le deportazioni. Sostenere le lotte portate avanti con coraggio e tenacia da chi vive ogni giorno sulla propria pelle queste oppressioni; non girarci dall’altra parte illudendoci che tutta questa violenza non ci tocchi direttamente.
Perché il nostro silenzio spalanca la porta alle loro menzogne.

Non ultimo, un abbraccio solidale ai migranti arrestati perché accusati di aver distrutto il Cara di Borgo Mezzanone e ora finalmente liberi e ai nostri compagni e compagne in carcere a Torino con l’accusa di aver ostacolato un controllo di polizia  in quartiere.
Saremo sempre a fianco di chi si ribella a un sistema che ci vorrebbe docili e in catene.
Per la libertà di tutte e tutti!

nemiche e nemici delle frontiere

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