Traduzione da: Getting the Voice out
Il 20 giugno 2018, per un’intera giornata, 120 attivistx hanno bloccato il cantiere per la costruzione delle unità familiari che confinano con il CIE 127bis. Nel centro, i detenuti hanno espresso il loro sostegno a quanto avveniva fuori in differenti maniere: alcuni hanno rifiutato di mettersi a tavola durante il pranzo, altri hanno scritto messaggi di solidarietà verso i/le militanti per esprimere la loro solidarietà, etc.
In questo contesto, un detenuto ha attraversato il corridoio gridando: “abbiamo bisogno di libertà, abbiamo bisogno di libertà!”. Allora il guardiano è arrivato e gli ha detto: “basta così, adesso ti calmi immediatamente altrimenti…”, altri detenuti allertati dal rumore si sono avvicinati rapidamente e opponendosi al guardiano hanno risposto: “ne ha il diritto, non sta facendo nulla di male”. La reazione delle autorità del centro non si è fatta attendere: 4 persone in cella! L’isolamento è sistematico per chi tenta di portare un messaggio diverso da quello delle autorità, mira a scoraggiare ogni forma d’azione, a rompere ogni forma di resistenza nascente dentro i centri.
Quello che succedeva dentro al centro, si osservava anche fuori.
Quando si parla delle resistenze alle politiche migratorie securitarie e repressive, siano esse dentro o fuori i centri, le autorità applicano continuamente una vera e propria logica di dissuasione. Il tentativo è di tagliare tutto il sostegno alle azioni che possano rendere pubblico quanto succede nei centres fermés (CIE), come dimostra l’arresto dell’equipe di giornalistx della Rtbf al momento dell’occupazione del cantiere da parte degli/delle attiviste questo 20 giugno 2018.