Come in Italia e altri paesi, anche a Malta è continua e determinata la resistenza delle persone recluse nei centri di detenzione per immigratx.
Dopo le proteste dell’estate e dell’autunno, il 12 dicembre 2019 nel lager di Hal Safi era avvenuta una rivolta che aveva portato all’incendio di una tensostruttura e all’arresto di 11 persone.
Nei due centri di detenzione di Hal Safi e Marsa sono imprigionate circa 1.400 persone, alcune da oltre 5 mesi. In questi lager vengono detenutx anche bambinx e minorenni non accompagnatx, negli stessi spazi delle persone adulte. In grandissima parte si tratta delle persone richiedenti asilo sbarcate dalle navi delle ONG negli ultimi mesi e in attesa del ricollocamento negli altri paesi europei che si erano impegnati ad ospitarli. La detenzione amministrativa delle persone richiedenti asilo è stata reintrodotta dal governo maltese nel 2015, e formalmente per un periodo di 4 settimane, fino ad un massimo di 10 per motivi di profilassi sanitaria. In realtà la detenzione è applicata per un periodo indefinito, in violazione alle stesse leggi maltesi, come ha affermato recentemente la sentenza di un tribunale che ha accolto il ricorso di sei richiedenti asilo.
Anche il nuovo anno è subito iniziato all’insegna di rivolte e incendi.
Lunedì 6 gennaio l’ennesima protesta è cominciata nel campo di concentramento di Hal Safi, dove sono recluse 1.000 persone. Verso le 7.30 del mattino decine di persone incappucciate hanno cominciato a premere sulle recinzioni, provando ad aprire il cancello d’ingresso, reclamando, come in passato, la libertà di poter raggiugere l’Europa e lasciare finalmente il lager. Dopo l’intervento della polizia le persone si sono difese lanciando pietre e mattoni, staccati dalla struttura, e attaccando e distruggendo gli uffici amministrativi. La polizia in risposta, con l’ausilio delle forze di pronto intervento accorse sul posto, ha operato un rastrellamento arrestando 24 persone, tra le quali due minorenni.
Mercoledì 8 gennaio è stata la volta del lager di Marsa. Nella tarda mattinata, nel centro dove vivono 400 persone, si era tenuto un incontro dei richiedenti asilo reclusi con esponenti dell’AWAS (Agency for the Welfare of the Asylum Seekers), l’agenzia statale preposta all’immigrazione. Di fronte all’ennesima risposta negativa riguardo la liberazione dal lager e il ricollocamento, alcune persone hanno cominciato ad appiccare il fuoco ai dormitori principali. Le fiamme si sono estese anche nelle strutture adiacenti, e verso l’una è intervenuta la polizia insieme ai vigili del fuoco. Tutte e 400 le persone sono state evacuate dalla struttura, mentre la polizia ha arrestato 20 persone, compresi 5 minorenni.
Nello stesso giorno 22 delle 24 persone arrestate a Hal Safi sono state portate in tribunale, con svariate accuse: resistenza, oltraggio, danneggiamenti, raduno illegale con l’intento di commettere un crimine, disobbedienza a ordini legittimi, violazione della pace etc. Cinque degli accusati hanno meno di 18 anni. Il più anziano ha 30 anni. Quattro uomini, di 15, 17, 19 e 21 anni, sono stati accusati separatamente di incendio doloso. Tutti e 22 si sono dichiarati non colpevoli delle accuse e sono stati rinviati in custodia.
Le autorità hanno fatto in modo da criminalizzare queste persone ancor prima del processo: contrariamente alla consuetudine di far entrare gli indagati in tribunale da una porta secondaria sul retro, il gruppo di uomini, con gli stessi abiti di quando erano stati arrestati e legati a due a due per le mani con fascette di plastica, sono stati scortati in tribunale dall’ingresso principale scortati da numerosi poliziotti pesantemente armati, tra le videocamere e macchine fotografiche dei giornalisti.
Venerdì 10 gennaio si è tenuta l’udienza per le 20 persone arrestate per la rivolta e l’incendio nel centro di Marsa. I 4 accusati di incendio si sono dichiarati non colpevoli, dei 16 accusati di aver partecipato alla protesta 12 sono stati scagionati e 4 condannati a 9 mesi di reclusione (sette mesi per uno dei 4, per via della minore età).