Bologna – Il CAS di via Mattei è una prigione: presidio 22/2

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi: hurriya[at]autistici.org

Un testo scritto da chi vive nel Cas di Via Mattei (Bologna). Sabato 22 febbraio (ore 15 in Montagnola, lato piazza VIII agosto) saremo al loro fianco per supportare la loro protesta.
Alcune/i solidali

Siamo le persone che abitano nel CAS di via Mattei. Prima stavamo in altri centri gestiti da Lai Momo e non abbiamo capito perché ci hanno portato via da lì all’improvviso portandoci nel CASdi via Mattei senza spiegazioni. Perché ci hanno deportati lì dentro? Le cooperative, la prefettura e il governo hanno deciso al nostro posto dove e come dobbiamo vivere da quando siamo arrivati in Italia, e da novembre hanno deciso di buttarci qui. Ci sembra di essere stati gettati in prigione ed esclusi dalla società.

Per noi questo posto è una prigione ed una tortura mentale. Non ci sono cure mediche, il posto è sporco, 10 persone o più vivono in una stanza… A nessuno importa del nostro benessere. Non c’è la possibilità di cucinare in autonomia. Per entrare ed uscire dobbiamo usare il badge. Le condizioni igieniche fanno schifo e ci si ammala facilmente. Quando qualcuno si ammala, deve fare tutto da solo acquistando i farmaci. Ma come facciamo a comprare i farmaci se non possiamo lavorare? E come possiamo lavorare se non abbiamo i documenti? E chi ha il permesso di 6 mesi e sta lavorando ha dei contratti di 1 solo giorno. Immaginate se la persona non parla bene l’italiano, è tutto ancora più difficile. Ci sono operatori che affermano di lavorare per noi, però ci trattano come animali e sono proprio dei guardiani.
Questa non è vita, noi vogliamo libertà, documenti, e possibilità di decidere sulla nostra vita.

SE LA SCHIAVITÙ NON È ANCORA FINITA, DOBBIAMO DIRLO. Continua a leggere

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Le lotte nei CPR fanno paura ai governi, sosteniamole

Le continue rivolte delle persone recluse nei CPR in tutta Italia non fanno dormire sonni tranquilli ai partiti politici, tutti, che condividono la necessità dell’esistenza di questi campi di concentramento.

Le misure di contrasto e repressione delle lotte all’interno dei lager di stato appaiono all’attuale governo talmente urgenti da inserirle nella discussione su una, presunta, modifica alle leggi sicurezza emanate dal precedente governo

I media oggi riportano che nel tavolo tra le forze di governo, ieri sera, si è trattata la “proposta di far scendere a 120 giorni la permanenza nei centri, che mira a snellire le procedure di rimpatrio, pene più severe «per l’allontanamento arbitrario da tali strutture e per le condotte violente commesse nei Cpr», dove andranno anche «gli stranieri condannati e quelli in attesa di rimpatrio negli Stati che hanno un’intesa con l’Italia»”. Continua a leggere

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Cpr e questioni dirimenti

fonte: Macerie

Era il 1998 quando la detenzione amministrativa è stata istituita in Italia con gli allora Cpt, nati dopo le forme di campo concentrazionario improvvisate in Puglia per i massici sbarchi dai balcani, in particolar modo dall’Albania. Allora le immagini dei Tg nazionali sconvolsero buona parte del paese, svegliato bruscamente alle porte del nuovo millenio con la minaccia proclamata a reti unificate di un’invasione barbarica. Un paese, se è permesso qui usare una simile astrazione, con una coscienza ancora incuneata nell’idea di un provincialismo sentito come protettivo, in qualche modo ancora largamente ignaro di essere invece uno degli ingressi geografici dell’UE, di essere uno dei prodotti di uno Stato avanzato e ininterrotamente colonizzatore, di essere inserito con buona posizione in un’economia globale che di lì a poco avrebbe mostrato la sua faccia più truce anche nell’ultima landa del meridione. Che non si fraintenda: non si vuole qui affermare che fosse assente l’idea di uno sfruttamento massiccio e crudele, ancora troppo vicini la fame della guerra e i sopprusi nei campi o in fabbrica, ma dopo la grande sconfitta degli anni ’70 il sentire della classe povera nei decenni successivi è stato assestativo, rinchiuso in una miseria percepita nelle città principali così come nelle campagne con consapevole ma rassegnata pacatezza attraverso la lente della disoccupazione strutturale, delle bricciole dello stato sociale, con una rete di relazioni ancora fittamente familiare e di conseguenza nel bene o nel male paracadute della disgrazia.

Erano gli anni ’90 e le immagini pubblicitarie delle Ong che intervallavano sulla RAI le proiezioni di Lunedì Cinema parlavano ormai da tempo di piccoli sforzi come l’equivalente di un caffè al giorno per salvare i bambini africani immancabilmente rappresentati in lacrime, col ventre gonfio e tra le baracche d’una terra rossa. L’elemento pietistico ed esotico che caratterizzava questi spot ne svelava l’arcano: un mondo ancora peggiore esisteva ma lontano, le migrazioni verso l’Italia c’erano ma come fenomeno verso le metropoli.

L’immagine della nave Vlora che approda a Bari fu uno dei simboli di un cambiamento epocale in quella mentalità da rifugio provinciale di cui si scriveva: quei mondi percepiti come terribili non erano più così lontani e l’economia globale avrebbe presto posto individui nati in diversi punti del pianeta in competizione per un tozzo di pane e la stessa commessa. Continua a leggere

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Roma – 28/29 febbraio iniziative e presidio al CPR di Ponte Galeria

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“Identificazione del nemico e attacco diretto”, spunti per la discussione a partire dal contributo offerto dal testo “La lotta contro il Cpt nel Salento”, Edizioni Anarchismo 2019. Ne parliamo con alcuni Nemici di ogni frontiera.

La scelta di focalizzare l’attenzione su quelli che alcuni anni fa erano i Centri di Permanenza Temporanea (oggi CPR), è stata dettata da una semplice considerazione: in quanto anarchici, ritenevamo – e riteniamo – intollerabile l’esistenza di luoghi di segregazione e di privazione della libertà di esseri viventi. Dalla iniziale contestazione a quello che si definiva lager, si è giunti alla consapevolezza che esso non solo doveva ma poteva essere chiuso, e si è cercato di percorrere le strade che potevano portare a raggiungere questo risultato, che sono state molteplici.
Molteplici, ma non contraddittorie, in quanto orientate da quelle convinzioni che servivano a illuminare il cammino: l’autogestione della lotta, la conflittualità permanente e l’attacco diretto.

28 febbraio alle 17:00: al BAM di via dei Castani, 42 – DIscussione e cena vegan

29 febbraio alle 15:00 presidio davanti al CPR di Ponte Galeria, fermata del treno Fiera di Roma

29 febbraio alle 20:00, al Bencivenga Occupato, via bencivenga, 15 –
Discussione, pizzata vegan e musica

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Le rivolte delle persone recluse chiudono il CPR di Trapani Milo

È filtrata solo ieri 14 febbraio la notizia ufficiale della chiusura del lager di Trapani Milo. Durante una riunione tra prefetto e sindacati, per trattare della situazione lavorativa degli operatori della Cooperativa Badia Grande, che dal 26 settembre ha in gestione il CPR, è emerso che la struttura è chiusa da alcuni giorni e i reclusi sono stati tutti trasferiti in un altro CPR (probabilmente in gran parte a Macomer), in seguito ai danneggiamenti causati dagli incendi appiccati durante le rivolte del 4 febbraio e del 2 gennaio scorsi.

La determinazione , il coraggio, la resistenza agli abusi quotidiani e la sete di libertà di chi subisce la detenzione amministrativa nei campi di concentramento hanno portato ancora una volta alla distruzione e chiusura di un lager di stato.

Solidarietà a chi lotta
Liberx tuttx

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Atene – Comunicato delle/dei migranti che hanno occupato il Politecnico in solidarietà con le lotte delle/dei migranti a MORIA

fonte: Αναρχικοί πρόσφυγες/Anarchist migrants

Per la prima volta nella storia dei movimenti di resistenza in Grecia, le/i migranti hanno occupato il Politecnico. Noi (migranti) non siamo deboli e lo abbiamo dimostrato di nuovo ieri.

Ieri 8 febbraio, noi migranti in più di venti dalle 7 alle 15, abbiamo occupato il Politecnico in solidarietà con altr* migranti che lottano nell’INFERNO DI MORIA.

Molt* di noi sono stat* nell’inferno di MORIA e capiamo bene la situazione delle/dei migranti che si trovano lì in questo momento, quando devi vendere il tuo corpo per qualche euro, quando il cibo non è commestibile, quando puoi morire facilmente di freddo o sporcizia, e quando non esisti in quanto essere umano al pari degli altri esseri umani …

Nel regime capitalista, non siamo solo noi migranti a vivere nella morsa della repressione di stato, è lo stesso anche per gli autoctoni. Per questo crediamo che la lotta dovrebbe essere di tuttx le/gli oppress*. Perché sia così però dobbiamo fare tutt* un’autocritica altrimenti è impossibile fare un passo avanti verso la rivoluzione sociale. Non è forse questo il momento di creare una base comune? Non solo a Moria, le/i migranti stanno protestando a Samos, Atene, Salonicco, Patrasso e altre città: l* stiamo davvero supportando? è il momento di prendere la situazione più seriamente! In poche parole, come migranti stiamo chiedendo solidarietà alle/ai compagn*. Ma quando siamo in strada, la solidarietà non significa postare le notizie sui “social media”, significa stare con noi nelle strade. Questo gap che esiste nelle lotte sociali, ha dato l’opportunità alle/agli attivist* umanitari* di vittimizzare le/i migranti e manipolare le loro lotte in chiave riformista e individualista.

Nuova Democrazia è la continuazione di quello che Syriza ha fatto contro noi migranti ma l’operato di Syriza è stato ancora più doloroso perché Syriza ha perpetrato la repressione mascherandosi da solidale. Non possiamo dimenticare la propaganda di Syriza nelle elezioni del 2015. Alcuni spazi politici, da quello di Tsamadou a quello di Themistokleous, dovrebbero smetterla di usare noi migranti per la loro propaganda visto che hanno aiutato Syriza nelle elezioni del 2015.

Alcun* dei partecipanti all’occupazione del politecnico vivono nell’edificio GINI in una situazione pessima: le notti sono molto fredde, non abbiamo cibo, e in generale la situazione è incompatibile con i bisogni umani basilari. Chiaramente una lotta comune non può essere realmente creata quando alcun* di noi vivono in case private e altr* non possono neanche farsi una doccia. Compagn*, è triste quando diciamo di lottare per l’uguaglianza ma le nostre condizioni di vita materiali mostrano tutt’altro.

Crediamo che la lotta delle/dei migranti debba continuare in una prospettiva universale perché la repressione neoliberista contro di noi ci spingerà a unirci sempre di più. Con l’occupazione del politecnico, noi migranti mostreremo ancora una volta la nostra solidarietà concreta con le/i migranti di Moria, e proponiamo anche un’altra assemblea aperta per creare un movimento sociale più ampio in solidarietà con le lotte delle/dei migranti di Moria.

Lunedì 10 febbraio, h 19 al politecnico gini.
Tutt* le/i compagn* sono invitat* a una lotta comune in solidarietà con la resistenza delle/dei migrant a Moria.

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Egitto: migliaia nelle carceri del regime, Patrick l’ennesimo arresto

Patrick George, l’ennesima persona fermata all’aeroporto del Cairo poi sottoposta a sparizione forzata per 24 ore dalle forze di sicurezza egiziane. Questo implica sempre momenti infiniti di buio in cui le persone vengono bendate, legate, minacciate, fino a subire le più brutali torture come le scariche elettriche e spesso se ne perdono del tutto le tracce.

Patrick è stato accusato di terrorismo, di diffondere false notizie tramite social network, di voler rovesciare il regime e di essere un pericolo per la sicurezza del paese, di conseguenza rimarrà in carcere in attesa di processo per 15 giorni.
Sono le stesse accuse per cui migliaia di compagne e compagni sono dentro. Sono le stesse modalità che servono a tenerlx dietro le sbarre per mesi e anni, senza alcuna prospettiva davanti a loro che non sia l’arbitrarietà della decisione di un giudice.
Dal 2013 dopo la legge anti-protesta tutte le persone arrestate o prelevate da posti di lavoro, studio o di notte dalle proprie case hanno subito e continuano a subire lo stesso trattamento.
È una chiara vendetta nei confronti di tutte le compagne e i compagni che nel 2011, ma anche prima, si sono date anima e corpo alla rivoluzione del 2011.

Patrick è stato fermato all’aeroporto la notte tra giovedì e venerdì, rientrava al Cairo dalla città di Bologna, dove sta conseguendo un master. Voleva andare a trovare la famiglia ma ad aspettarlo c’erano le guardie con un mandato di cattura risalente al 2019.
L’allarme tempestivo da parte delle compagne e dei compagni della sua sparizione forzata sui social network è stato fondamentale. Un gesto importante che in quel regime spietato mette a rischio anche chi lo fa.

La sorveglianza è incessante, chi in Egitto smerda e denuncia il regime potrebbe in qualsiasi momento trovarsi dietro le sbarre, come effettivamente è successo con persone che solidarizzavano con Esraa. La compagna è stata prelevata dopo un pedinamento dalla sua macchina, trasferita in carcere e torturata per 24 ore perché si rifiutava di dare le password del suo telefono. I suoi amici più stretti che scrivevano quotidianamente del suo sciopero della fame e delle pessime condizioni di internamento in cui si trovava sono state prelevate dai servizi di sicurezza e ora sono in carcere preventivo come lei. Esraa quando ha visto Solafa, una sua compagna e giornalista nel carcere femminile di al-Qanater durante l’ora d’aria è svenuta.
Sono tutte forme di tortura che il regime attua nei confronti di chi dà voce a chi è privato della propria libertà o a chi si ribella o si è ribellato in passato.
Sono moltissime le persone che si trovano in carcere preventivo in attesa di processo.
Questo tipo di detenzione può arrivare fino a due anni.

Non bisogna smettere di tenere alta l’attenzione su chi si trova nelle carceri del regime.
Libertà per Mahienour al-Masry che ha finito i rinnovi di 15 gg in 15 gg e che inizierà i rinnovi ogni 45 giorni, come per Alaa Abdel Fattah che si trova nel carcere di massima sicurezza di Torah al Cairo in cui tuttora è privato dell’ora d’aria, della posta, della possibilità di ricevere libri e giornali, dell’acqua calda per farsi la doccia o semplicemente bere qualcosa di caldo, di vestiti adatti al freddo gelido di una cella. Come lui anche Baker, un legale che seguiva il suo processo ed è stato arrestato durante un interrogatorio nella procura dei servizi.
Sono più di 60 mila le persone dentro per motivi politici. Da quando il dittatore ha preso il potere del paese con la complicità di Italia, Europa e comunità internazionale ha fatto costruire 18 nuove carceri.

Libertà per tutte e tutti i compagni.
Libertà per qualunque persona sia privata di ciò che più caro abbiamo, la libertà.

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Francia – I prigionieri del CRA di Oissel riprendono lo sciopero della fame!

Fonte: Passamontagna

tradotto da A bas les Cra

Una settimana dopo l’ultimo sciopero della fame, le persone rinchiuse nel CPR di Oissel hanno deciso di fare di nuovo lo sciopero della fame.
Diversi comunicati hanno continuato a essere emessi denunciando le marce condizioni di detenzione, la violenza della polizia e la connivenza di France Terre d’Asile (secondo, terzo, quarto comunicato).
Nonostante le intimidazioni e gli attacchi (anche sulla stampa), la loro lotta non si è fermata: forza e coraggio a loro!

Ecco il comunicato stampa che hanno scritto, per farlo girare il più possibile:

Buongiorno,
vi informiamo che i detenuti del CPR di Oissel hanno deciso, questo venerdì 6 febbraio, di continuare lo sciopero della fame contro le cattive condizioni di detenzione, e si lamentano di questo trattamento disumano.
Il collettivo

Comunicato del 4 febbraio 2020 dei reclusi del CPR di Oissel (Parigi): “La nostra mobilitazione continua”

tradotto da A bas les CRA

Da mercoledì 22 gennaio 2020, i detenuti del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Oissel (vicino a Parigi) si organizzano per resistere alla PAF (polizia di frontiera) che picchia, umilia ed deporta. Ma anche per chiedere la partenza dell’associazione del centro di detenzione, France Terre d’Asile, che più che sostenere i detenuti nelle loro rivendicazioni preferisce invisibilizzare le loro lotte e schierarsi con le guardie.
“France Terre d’Asile è solo un’associazione di facciata”: i detenuti chiedono la partenza della FTDA (France Terre d’Asile) dal CPR di Oissel!

Per il momento, l’unica risposta delle guardie è stata quella di proporre pasti vegetariani, ma i problemi importanti ci sono ancora: violenza della polizia, isolamento, FTDA, espulsioni. Continua a leggere

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Francia – A fuoco il CRA di Vincennes. 9 febbraio presidio di sostegno ai reclusi

Fonte: Passamontagna

Articolo tradotto da A bas les Cra

Grazie ad un bell’incendio, da martedì scorso un intero edificio del centro di detenzione amministrativa di Vincennes (CPR di Parigi) è diventato inutilizzabile. In questo carcere per immigrati senza documenti, la lotta di chi vi è rinchiuso non si è fermata. Ma la repressione colpisce duramente, alcuni prigionieri sono ora in stato di fermo (GAV). Spetta a noi, dall’esterno, sostenerli.
Per diversi giorni i prigionieri dell’edificio 2A del centro di detenzione amministrativa di Vincennes sono stati in sciopero della fame. Ne è seguita una violenta repressione da parte della polizia.
La sera del 4 febbraio i detenuti hanno chiamato per dire che l’edificio del CPR era in fiamme.
Circa 30 prigionieri del CPR 2A sono stati portati a passare la notte dell’incendio in un commissariato, poiché le stanze erano inutilizzabili. Sono tornati il giorno dopo, senza che nessuno fosse stato messo in stato di fermo, ma è in corso un’indagine. Alcuni sono stati trasferiti al CPR 1 dove ora sono ancora di più per camera; altri al CPR 2B dove alcuni sono costretti a dormire su materassi bruciati; altri ancora al CPR Palaiseau o Mesnil-Amelot.
A seguito dell’incendio nell’edificio 2A del CPR di Vincennes, giovedì mattina i poliziotti sono arrivati nelle prime ore del mattino per prelevare diversi prigionieri. Molti di loro sono sotto la custodia della polizia. Alcuni al 20° distretto, altri al 12° distretto. Probabilmente saranno interrogati nei prossimi giorni.
Buone notizie: l’edificio 2A è reso davvero inutilizzabile, va detto che dall’esterno si vede che le finestre sono andate in frantumi e il tetto è in pessimo stato! Ci sono stati dei rilasci dovuti all’incendio, a quanto pare almeno 14 persone hanno ritrovato la libertà!

Questo è un momento importante. All’interno del CPR, la gente continua a lottare per la libertà e per far sparire questi luoghi. Lo Stato e la polizia reagiscono cercando di reprimere queste rivolte. Ora più che mai, organizziamo la nostra solidarietà dall’esterno!
Appuntamento domenica 9 febbraio, dalle ore 16.00, Bvd de la Chapelle all’altezza di rue Caplat, vicino alla stazione della metropolitana Barbès.
Sono le rivolte che stanno chiudendo il CRA!
Solidarietà con i prigionieri!

Solidarità con chi si rivolta: il CRA di Vincennes a fuoco!

Traduzione da: A bas les CRA

Per diversi giorni i prigionieri dell’edificio 2A del CRA, centro di detenzione amministrativa di Vincennes, hanno portato avanti uno sciopero della fame. Ha fatto seguito una violenta repressione da parte delle guardie. Ieri sera 4 febbraio i detenuti hanno chiamato per dire che l’edificio del carcere per immigrati senza documenti era in fiamme. Tutti i prigionieri del 2A e del 2B sono stati circondati dalla polizia antisommossa nel cortile del loro edificio. I poliziotti li hanno minacciati e picchiati. I prigionieri sono dovuti rimanere lì per diverse ore sotto la pioggia e al freddo. Nello stesso tempo delle perquisizioni sono state fatte nel 2B. Verso mezzanotte i poliziotti hanno caricato almeno 30 persone in 4 camion per portarle chissà dove. La decina di persone del 2A rimaste al CRA, senza vestiti né effetti personali, hanno dovuto dormire sui tavoli della mensa o sui materassi bruciati di un altro edificio. Questa mattina i detenuti confermano che l’edificio 2A è inutilizzabile a seguito dell’incendio. Finora non è circolata alcuna notizia sulla stampa: la prefettura cerca ancora una volta di soffocare le lotte e di mettere a tacere ogni resistenza. Attualmente almeno dieci persone sono state liberate grazie a questa rivolta. Quanto alla trentina di prigionieri spostati, non sappiamo ancora dove si trovino. Continua a leggere

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Rivolte e incendi nei CPR di Brindisi e Trapani

Nella serata di ieri venerdì 7 febbraio intorno alle 19 è avvenuta una rivolta nel CPR di Brindisi-Restinco. Almeno 13 reclusi hanno dato fuoco ai materassi all’interno di due celle, che sono andate distrutte e rese inagibili. Il ritardo con cui le guardie sono intervenute a far uscire le persone dalle celle ha provocato l’intossicazione da fumi per tre reclusi, una persona è stata ricoverata nell’ospedale A. Perrino a Brindisi. I vigili del fuoco sono entrati nel CPR per spegnere le fiamme verso le 20. Con la riduzione dei posti disponibili (due celle da 7 posti ciascuna, su un totale di 48 posti), si prevedono trasferimenti verso altri CPR, pur di non lasciar libero nessuno.

Il 4 febbraio, a un mese dall’ultima rivolta, è divampato un nuovo incendio anche nel CPR di Trapani Milo. Verso le 22.30 i circa trenta reclusi hanno dato fuoco a coperte e materassi e solo l’intervento dei vigili del fuoco  ha ridotto i danni alla struttura. Anche in questo caso le autorità provvederanno allo spostamento di alcuni reclusi in un altro CPR, vista l’inagibilità di parti del centro.

Nei centri di espulsione di stato la conflittualità è permanente. Chi vi è recluso/a si batte ogni giorno per protestare contro le disastrose condizioni di sopravvivenza all’interno, per ottenere un minimo di assistenza medica, per resistere alle deportazioni,  per riguadagnare la libertà.
Dall’inizio dell’anno ci sono stati due morti, Aymen Mekni a Caltanissetta e Vakgtang Enukidze a Gradisca, e  ripetute rivolte a Trapani, Torino, Caltanissetta, Gradisca e Brindisi.

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