Traduzioni da: Indymedia Athens
Nel centro di detenzione per stranieri di Petrou Ralli, lo sciopero della fame cominciato il 2 novembre da 16 donne, 14 della Siria e 2 della Palestina, continua. La loro richiesta è il trasferimento immediato nelle isole dove hanno iniziato le procedure di asilo, per completarle. La loro decisione di non fermarsi fino a quando non verranno accolte le loro rivendicazioni, si rafforza. I messaggi che ci inviano costantemente lo confermano. Hanno bisogno del sostegno e della solidarietà pratica di tuttx. È quello che sperano. Vivendo in questa gabbia, a tempo indeterminato, senza sapere perché e fino a quando, senza essere state informate da nessuno, senza aver commesso alcun crimine, non gli è rimasta nessun’altra speranza. Il crimine è la loro detenzione e lo sciopero della fame è il mezzo scelto per resistere al tormento della loro paranoica reclusione, che le cancella come esseri umani. Non si sono lasciate convincere dalle bugie che vengono raccontate dalla polizia, come ad esempio: “Termina lo sciopero, inizia a mangiare e ti aiuteremo a uscire di qui” o viceversa: “Ferma lo sciopero della fame, perché non otterrai niente. Altre hanno fatto lo stesso, in passato, e in una settimana sono state trasferite, malate, con le ambulanze negli ospedali e in seguito sono state riportate qui” etc. etc., per spezzare il morale. Né hanno accettato la cioccolata con la quale hanno cercato di attirarle e spezzarle… Queste donne ci insegnano cosa significa dignità! Vogliono che il loro grido sia ascoltato in tutto il mondo e non venga dimenticato. Vogliono toccarci, svegliarci e scuoterci. Chiedono di poter di nuovo esistere come persone!
Martedì pomeriggio, al 4° giorno di sciopero, il quartier generale della polizia per l’immigrazione ha risposto alla richiesta di 7 scioperanti, trasportandole in barca verso le isole dove dovrebbero completare le loro procedure di asilo: 5 a Kos e 2 a Chios. Le minacce, gli schifosi attacchi verbali sessisti da parte della polizia contro le donne che hanno rifiutato di mangiare, sono finiti. Gli ordini sono cambiati. Ora potevano andarsene e respirare liberamente. Le 9 donne rimaste nel lager hanno continuato lo sciopero della fame. Abbiamo ricevuto una denuncia dal coniuge di un scioperante palestinese, secondo cui la ragazza ci sta chiedendo di raccontare la sua storia, per far sapere a tutto il mondo che se non la lasciano andare direttamente nell’isola di Leros per completare la sua richiesta di asilo, in modo da poter raggiungere e vivere con suo marito rifugiato in Belgio, si suiciderà. Non abbiamo diffuso immediatamente la notizia, perché pensavamo si trattasse di una dichiarazione che avesse fatto in un momento di disperazione, il che non è raro in questo sporco luogo di confinamento e costanti torture. Ma in seguito alle informazioni che abbiamo ricevuto ieri dal centri di detenzione, riteniamo nostro dovere diffondere la sua richiesta, con il suo nome e con l’accordo delle altre, poiché ieri le scioperanti hanno deciso di dare una svolta pericolosa alla loro lotta e hanno iniziato anche uno sciopero della sete. Alle 19.30 Fatima è svenuta. Una reclusa ha chiamato la guardia di turno chiedendo di portare la ragazza in ospedale per darle l’aiuto di cui aveva bisogno. Il brutale poliziotto, in un modo razzista omicida e misogino ha risposto: “Non vado da nessuna parte. È una sua responsabilità se è svenuta. Se rifiuti di mangiare è naturale svenire. Se vuole morire, deve morire.” Dopo di che se ne andò. La ragazza fu scossa dalla rivolta causata dall’indifferenza omicida della polizia. “A loro non importa se viviamo o moriamo”. Certo, la guardia ha fatto tutto il possibile per farlo accadere e speriamo che durante la notte non sia successo niente di peggio. Continua a leggere