Francia – Intervista ai/alle Gilets Noirs

Fonte
Intervista a cura di Plateforme d’Enquêtes Militantes, qui trovate l’originale in francese.

I Gilets Noirs non sono un collettivo, ma un movimento! Archeologia di una lotta antirazzista

Nati contemporaneamente ai Gilets jaunes, in pochi mesi il movimento dei Gilets Noirs si è imposto come uno spazio di coordinamento e di lotta autonoma per numerose persone sans-papiers (irregolari in Francia), abitanti affittuari di foyer dell’ile-de-France o persone senza tetto. Dopo diverse azioni di forza organizzate insieme al collettivo la Chapelle Debout e destinate a ottenere una regolarizzazione collettiva negoziando con la prefettura, il movimento ha deciso di rivolgersi direttamente al primo ministro e di dare avvio a una campagna di azioni, che puntano a svelare e destabilizzare il sistema che, dall’illegalizzazione fino all’espulsione, passando per lo sfruttamento sul lavoro, produce persone sans-papiers. In questa intervista, discutiamo insieme ad alcuni attori del movimento — due referenti dei foyers in lotta (B. e K.) e due membri della Chapelle Debout (D. e V.) che hanno preferito restare anonimi — sulla genesi del movimento, la sua strutturazione e la sua ambizione a ridefinire la grammatica della lotta dei sans-papiers.

-PEM: Potete tornare all’inizio e ripercorrere la genesi di questo movimento dei Gilets Noirs

-V.: A novembre 2018, all’inizio, nessuno sapeva che i Gilets Noirs sarebbero diventati questo, abbiamo “superato” noi stessi. Abbiamo cominciato a mobilitare con l’idea di riaprire le porte della prefettura, e ha funzionato. Il 23 novembre, durante una prima azione che consisteva nell’occupare il Museo nazionale di storia dell’immigrazione, eravamo molto più numerosi del previsto… Abbiamo fatto una seconda azione alla Comédie française, il 16 dicembre, e siamo riusciti a ottenere un appuntamento in prefettura.

-B.: Grazie a questa azione, abbiamo visto che il meccanismo aveva successo. Abbiamo creato dei gruppi nei foyer e scelto dei referenti per allargare e strutturare la mobilitazione. I referenti andavano di foyer in foyer per parlare con gli altri e mobilitare. È importante questa comunicazione, poiché qui, quando sei senza documenti, non sai quali sono i tuoi diritti. Ora siamo almeno 1500 persone. All’epoca dell’appuntamento ottenuto con la prefettura, a dicembre 2018, il questore ha accettato di dare una risposta favorevole a 30 domande di regolarizzazione ogni mese. Ma queste 30 domande sono ancora là, nessuna ricevuta né niente. La prefettura gioca con noi, ci dice: ci vediamo tutti i mesi, poi è ogni tre mesi e in realtà… appena l’appuntamento arriva, lo rimandano. Quindi continuiamo la lotta. Quindi, siamo tornati nei foyer per mobilitarci di nuovo, abbiamo anche partecipato alla Marcia della Solidarietà il 16 marzo… A titolo personale, prima non mi ero mai mobilitato perché avevo paura vista la mia condizione, non avevo fiducia nelle persone. Da quando ho incontrato la Chapelle Debout e poi grazie a queste mobilitazioni, non abbiamo più paura e non perdiamo più! Perdevamo sempre, oggi non perdiamo più e i foyer adesso hanno fiducia in noi. Quindi non molleremo. Possiamo avanzare delle rivendicazioni anche perché cominciamo a conoscere i nostri diritti. Prima, come persona sans-papiers, non sapevo neanche se avevo diritto all’assistenza medica e la polizia poteva farmi credere qualsiasi cosa, ma dopo questa mobilitazione so che cosa ho diritto di fare: ho diritto alla solidarietà, all’assistenza medica… Prima non cercavo niente, non chiedevo aiuto allo Stato, parlano di “diritti dell’uomo” ma per i sans-papiers è “diritto alla prigione”. Quando sei sans-papiers, i diritti dell’uomo non ti riguardano, anche quando paghi le tasse, ti comporti bene. Se chiedi l’asilo, ricevi un decreto di espulsione. Qui se chiedi l’asilo e te l’hanno già respinto, ti rispediscono a casa tua.

-D.: Dopo questo primo appuntamento alla prefettura, abbiamo fatto delle assemblee, in particolare a Montreuil, alla Parole Errante, dove eravamo 700 persone. Un’assemblea in 5 lingue, per decidere la strategia. Abbiamo fatto altre riunioni in tutti i foyer affinché i dossiers [per le domande d’asilo NDT] fossero scelti tutti insieme, e non secondo i criteri della prefettura, ma sulla base di una decisione collettiva. Volevamo che un dossier di qualcuno che era arrivato da due mesi fosse trattato come quelli delle persone che sono qui da 22 anni. Per accompagnare la delegazione del 31 gennaio, che era composta da due Gilets Noirs e un membro della Chapelle Debout, abbiamo organizzato una grande manifestazione che partiva dalla Comédie française fino alla prefettura. Eravamo 1500, abbiamo corso fino alla prefettura, c’era un cordone di CRS [celerini francesi NDT] che ha avuto paura e ha bloccato la porta dalle 15 alle 19. Il 31 gennaio, 1500 persone sono corse verso la prefettura e l’hanno bloccata per 4 ore. Durante questo appuntamento, abbiamo consegnato dei testi per denunciare il razzismo di stato e più in generale le condizioni di accoglienza. L’abbiamo fatto per uscire dal quadro burocratico classico, e portare un contenuto politico.

-K.: Per me la prima partecipazione a un evento con la Chapelle Debout è stato il 31 gennaio, quando la prefettura ha dato l’appuntamento al collettivo per tenere fede alla promessa che ci avevano fatto: regolarizzare trenta persone per mese. Non è stato fatto. La Chapelle Debout ci ha detto che bisognava che “ci allacciassimo le cinture”: affinché mantenessero la loro promessa, dovevamo moltiplicare le azioni, le manifestazioni e le occupazioni. È stato allora che ho cominciato a lavorare con il collettivo la Chapelle Debout, che mi sono integrato e che sono diventato referente nel mio foyer. Prima avevo notato che c’erano dei collettivi di solidarietà ai sans-papiers, nel foyer c’erano dei manifesti, degli sportelli aprivano il sabato, ma non mi ci ero mai davvero interessato. A. mi ha contattato per organizzare delle riunioni e mobilitare il foyer, è stato allora che ho sentito che diventavo utile per il movimento. La prima volta in cui ho realmente partecipato, è stato quando siamo andati all’aeroporto per impedire la deportazione di un sudanese; ci siamo riusciti ed è stato allora che mi sono detto è ora di “allacciare la cintura”. Non avevo nessuna esperienza prima, anche al di fuori della Francia. Ho sempre detestato la politica, perché nel mio paese i politici sono tutti dei razzisti, i bravi leader vanno in prigione. O stai zitto e segui i politicanti, oppure finisci in prigione. Il leader della Mauritania è attualmente accusato di corruzione. Ora, è diverso: nel paese dei diritti dell’uomo, anche se non rispettano ciò che dicono, si vergognano di ciò che fanno. Grazie alla libertà di espressione, posso andarmene al palazzo dell’Eliseo a dire quello che penso a Macron, e non verrò arrestato (risate). Da noi quando si apre la bocca, ci si fa torturare, quindi non diventerò un oppositore con il rischio di perdere tutto. Nessuno vi ascolta e si finisce sconfitti. Qui, se conosci i tuoi diritti e li rivendichi, hai una possibilità di ottenere ciò che ti spetta.

-V.: Dopo questo prima consegna di dossier alla prefettura, uno solo è stato accettato, quello di un compagno che era in Francia da 22 anni e il cui dossier era stato rifiutato tre volte in precedenza. Abbiamo deciso di colpire più in alto ma ci ha richiesto un’organizzazione interna più strutturata. Per qualche mese, abbiamo imparato a farci fiducia accumulando le “piccole” azioni, come delle azioni anti-deportazione, la partecipazione alla manifestazione contro il razzismo di Stato del 16 marzo e quella davanti alla prigione per persone straniere di Mesnil-Amelot vicino a Roissy. È stato necessario per essere poi capaci di fare delle efficaci azioni di massa, illegali, offensive — potremmo persino dire violente, perché l’offensiva politica non si riduce a spaccare le vetrine, essere 500 persone sans-papiers che occupano gli sfruttatori è offensivo. Abbiamo lanciato una campagna, “I Gilets Noirs cercano un Primo Ministro”. La prima azione pubblica di questa campagna, il 19 maggio 2019 all’aeroporto Roissy-Charles-de-Gaulles, è circolata molto. 500 sans-papiers in un aeroporto, non per fare le pulizie ma per battersi, è potente. Ne hanno molto parlato, ha dato coraggio a tutti quelli che considerano l’aeroporto come lo spettro della frontiera e che si sono riappropriati di questo spazio con determinazione. La paura scompare: nessun arresto, blocco effettivo dell’aeroporto … All’interno emergeva anche la questione del lavoro, quindi abbiamo deciso di colpire gli attori del razzismo di Stato: le imprese che lavorano nei CRA, nelle prigioni…

-PEM: Come vi siete organizzati concretamente all’inizio? E come si sono evolute le forme di organizzazione? Continua a leggere

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Caltanissetta – Rivolta e resistenze continue contro le deportazioni nel CPR di Pian del Lago

Nella notte tra domenica e lunedì le persone recluse hanno dato vita a una nuova rivolta nel CPR di Pian del Lago a Caltanissetta, in vista di una delle due deportazioni verso la Tunisia previste settimanalmente. Circa 70 reclusi verso l’una di notte hanno cominciato a danneggiare il lager per cercare di renderlo inservibile: muri di separazione abbattuti, finestre divelte, arredi distrutti.
La protesta è durata almeno due ore ed è stata repressa da polizia e carabinieri in assetto antisommossa ricorrendo anche a pericolosissimi lanci di lacrimogeni negli ambienti chiusi del centro di detenzione.

La Questura ammette che le “proteste come quelle dell’altra notte sono ormai una consuetudine perché scattano ogni volta che si prefigura il rimpatrio”.

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Egitto – Comunicato stampa della famiglia di Alaa Abd El Fattah

Riceviamo e pubblichiamo

URGENTE! ALAA IN PERICOLO: PICCHIATO, BENDATO E MINACCIATO IN PRIGIONE

10 ottobre, 3:45am

Ieri sera Alaa ha potuto informare i suoi avvocati e far mettere ufficialmente agli atti di essere stato picchiato, minacciato e derubato in prigione.

Alaa è stato picchiato al momento dell’arresto, al suo arrivo in prigione, e da allora è stato ripetutamente minacciato. Gli è stato detto che se avesse parlato, le cose sarebbero peggiorate. Alaa ha presentato una denuncia ufficiale e la sua famiglia sta trasmettendo la notizia.

 Ecco i dettagli, secondo quanto riportato gli avvocati di Alaa:

“Alaa è stato bendato nel veicolo della polizia che lo ha portato al carcere di massima sicurezza 2 di Tora (Il Cairo N.d.T.). È stato schiaffeggiato e preso a calci mentre entrava nella porta della prigione. Gli è stato detto di spogliarsi della biancheria intima, poi costretto a parlare in un corridoio di persone mentre veniva picchiato sulla schiena e sul didietro. Questa pratica è conosciuta come la “parata di benvenuto”. Un abuso di routine nelle prigioni egiziane. È durata 15 minuti. Continua a leggere

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Rivolte nei CPR di Trapani e Caltanissetta

Ancora una volta le lotte delle persone recluse nei lager riescono a rompere il muro di isolamento che circonda questi luoghi. Nei giorni scorsi rivolte, danneggiamenti, resistenze alle deportazioni ed evasioni sono avvenute in Sicilia nei CPR di Trapani Milo e Caltanissetta Pian del Lago.

A Trapani una rivolta ha danneggiato due aree della struttura e alcune persone sono riuscite a fuggire. Il giorno 30 settembre i gestori hanno dovuto rilasciare una quindicina di persone, con l’ordine di lasciare il territorio dello Stato italiano entro sette giorni. È possibile che questo rilascio sia collegato proprio alla indisponibilità di posti nelle aree rese inservibili dalla rivolta. Qualche giorno prima, il 26 settembre, la prefettura aveva assegnato la gestione per 5 mesi del CPR alla cooperativa Badia Grande, per un importo di 491.000 euro.

Oltre che a Trapani, anche nel CPR di Caltanissetta una rivolta è stata “contenuta con enorme rischio, fatica e professionalità dal personale dell’XI Reparto Mobile di Palermo divenuto, nelle circostanze, bersaglio di oggetti contundenti e suppellettili risultanti dai danni materiali alle strutture dei Centri in argomento da parte dei facinorosi”, come riporta il comunicato di un sindacato delle guardie.
Nei due lager siciliani ogni giorno vengono condotte soprattutto persone di origine tunisina, appena sbarcate autonomamente a Lampedusa o nell’isola, così come quelle catturate durante vere e proprie operazioni di caccia all’uomo quando le persone riescono ad allontanarsi dai luoghi di sbarco.

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Egitto – La repressione non ha fine: anche Alaa e il suo avvocato tra gli arrestati

Ieri mattina il regime egiziano ha prelevato Alaa Abd el-Fattah dal commissariato di al-Dokki dove si trovava dal mese di marzo sotto la misura cautelare di semilibertà per poi arrestarlo. Sono passati sei mesi da quando Alaa ha lasciato il carcere dove aveva scontato 5 anni di detenzione e stava scontando altri 5 anni in regime di semilibertà: questa misura prevede che la persona colpita debba stare 12 ore, dalle 6 di pomeriggio alle 6 di mattina, in una cella del commissariato di residenza. Sono moltissime le persone a cui viene applicata questa misura cautelare. Nel 2013, Alaa è stato accusato di aver organizzato e aver preso parte a un presidio davanti Maglis al-Shura,contro i processi militari sui civili. La prima volta in cui è stata applicata la legge anti-protesta, effettivamente varata nello stesso giorno e che di fatto ha spedito in carcere decine di migliaia di persone in questi anni.

Ieri mattina delle guardie della Sicurezza di Stato hanno prelevato Alaa da dentro la stazione di polizia e lo hanno portato in procura per l’interrogatorio.
Ma la ferocia del regime in Egitto non ha limiti. Così, durante l’interrogatorio di Alaa è stato arrestato anche il suo amico e avvocato che lo stava assistendo, Muhammad al-Baqr. Ora i due scontano una pena di 15 giorni di carcere amministrativo accusati di due reati generici che hanno portato dentro migliaia di persone dal 2013, fino alle ultime proteste dal 20 settembre: diffussione di false notizie e appartenenza a gruppi terroristici. Intanto ai familiari è stato impedito di formalizzare l’atto di arresto, il che avrebbe potuto provocare una denuncia per il mancato rispetto del regime di semilibertà. I familiari degli arrestati sono stati pertanto obbligati a spedire alla stessa procura un telegramma certificato.

L’arresto di Alaa e di Muhammad segue una brutale repressione senza precedenti che ha coinvolto persone comuni, minori, donne, personaggi politici, avvocatx, giornalistx, accademici, da quando al-Sisi ha preso il potere. Mentre il dittatore parlava alle Nazioni Unite, migliaia di persone venivano arrestate,buttate nelle carceri del regime, almeno una settantina di persone sono tuttora sottoposte a sparizione forzata. Più di 2200 persone in poco più di una settimana e i numeri crescono di giorno in giorno. Molti di loro sono minori, tante le donne, tra cui anche la compagna Mahienour al-Masry sequestrata di fronte alla procura dei servizi mentre assistiva un altro avvocato di Alessandria in carcere preventivo. Ora Mahienour si trova nel carcere di al-Qanater insieme alle decine di donne arrestate in questi giorni.

Libertà per tutte le compagne e compagni.

Libertà per tutte e tutti dalle carceri del regime.

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Egitto – In strada c’è la rabbia contro la dittatura

Il 2 settembre, Mohamed Aly, un ingegnere edile che ora vive in Spagna e ha lavorato a stretto contatto con l’esercito per anni, ha fatto girare un video sulla corruzione del dittatore al-Sisi.

In questi giorni sono stati diffusi altri video in cui incita la popolazione egiziana a scendere per strada contro il dittatore e chiama una manifestazione “miliuniya”, cioè di un milione di persone, per venerdì prossimo. Il tutto mentre il dittatore Sisi si recava negli Stati Uniti per l’assemblea generale delle Nazioni Unite.

Venerdì scorso, dopo anni di dittatura e brutale repressione “legittimata” dalla legge anti-protesta varata nel 2013 che di fatto vieta ogni tipo di manifestazione, la paura e il silenzio sono stati rotti in diverse città. Le persone sono scese per strada nonostante il prezzo da pagare sia altissimo. Da anni le persone sono sottoposte a sparizione forzata, di molte tuttora non si conosce la fine, gli arresti sono continui, le torture nelle carceri e nei commissariati inflitte fino alla morte. Chiunque abbia solamente pensato di organizzare qualcosa o sia sceso in strada (come in occasione delle proteste per la cessione delle isole di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita) è stato direttamente prelevato da casa, fatto sparire e rinchiuso nelle gabbie del regime in carcere preventivo. A questo si aggiunge una situazione economica catastrofica, per cui poche persone facenti parte o legate all’esercito e alla polizia continuano a depredare il paese mentre il resto della popolazione subisce il peso dell’enorme inflazione e dell’aumento dei prezzi (conseguente al rispetto dell’agenda dettata dal FMI).

Venerdì 20 settembre, al Cairo per le strade del centro, vicino a piazza Tahrir, si sono creati piccoli nuclei di persone che hanno urlato slogan come “Sisi vattene” o “abbasso il regime dei militari”. A differenza della capitale in cui la solita violenza delle guardie era inizialmente meno pressante (la gente ha potuto in qualche modo manifestare senza la consueta blindatura) e si è palesata con un numero impressionante di arresti nei giorni successivi, la repressione ad Alessandria e nella città di Suez, in cui le proteste sono continuate anche il secondo giorno,è stata molto più brutale.

Finora sono moltissime le persone sottoposte a sparizione forzata, parliamo di almeno 964 se non di più, tra cui moltissimi minori, giovanissimi e molte donne.

Per le strade nei giorni seguenti sono continue le perquisizioni dei telefonini e i posti di blocco improvvisi sono apparsi un pò ovunque.

Tra le persone arrestate c’è anche la compagna Mahienour al-Masry che, dopo aver presenziato come avvocata alla procura della Sicurezza di Stato alla difesa di una delle tante persone in carcere preventivo, all’uscita è stata rapita da un gruppo di guardie vestite in borghese e portata via in un microbus.

Mentre veniva rapita, urlava “mi stanno arrestando”.
Mahienour aveva un mandato di cattura emesso il giorno prima.
Oggi avrà la prima udienza e per ora è in detenzione amministrativa in attesa di un nuovo interrogatorio.

Ieri sera un’altra avvocata, Sahar Aly, legale delle centinaia di persone arrestate in questi giorni, è stata arrestata mentre tornava a casa.

Sia a Berlino che a New York ci sono state proteste in solidarietà a quello che sta avvenendo in Egitto in questi giorni.

Libertà per tutte e tutti

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Egitto – Vogliamo la caduta del regime! Libertà per Mahienour e tutte le persone imprigionate

Ieri sera la compagna e avvocata Mahienour el-Masry è stata rapita da 5 agenti dei servizi segreti di fronte alla procura della “Sicurezza di Stato”. Mahie vi si era recata per occuparsi del rinnovo della detenzione del collega Amru Nuhan e per assistere alle audizioni delle decine di persone arrestate al seguito delle proteste di questi ultimi giorni.

Mentre stava parlando al telefono è stata raggiunta dagli agenti segreti che l’hanno catturata e portata dentro a un piccolo furgone. Da ieri non si hanno più sue notizie. Probabilmente verrà interrogata in giornata.
Mahienour è stata condannata a due anni di carcere nel 2014 poi ridotti a 6 mesi in appello. Nel 2015 è stata nuovamente arrestata insieme a Youssef Shaban e Loay e poi condannata a un anno e tre mesi.

Sono almeno 350 le persone arrestate in questi giorni da parte della sicurezza di Stato. Molte sono sparite. La repressione fa seguito alle manifestazioni che nella notte di venerdì hanno attraversato tutto l’Egitto. Le prime dopo anni di repressione brutale che ha visto l’arresto di 70000 mila persone e obbligato in moltx sulla via dell’esilio all’estero. Come per il 2011 i/le manifestanti sono scesi per chiedere “la partenza” del dittatore al-Sisi e la fine del regime dei militari.

Libertà per Mahienour!
Libertà per tuttx!
Al-Sisi vattene!

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Una settimana nei lager chiamati CPR e Hotspot

Mercoledì 18 settembre:
– due persone, per evitare le deportazioni per direttissima verso la Tunisia che avvengono ogni giovedì e domenica dal CPR di Caltanissetta, ingoiano i vetri di una lampada al neon

– un nuovo tentativo di fuga collettiva all’interno del CPR di Palazzo San Gervasio viene impedito nella notte dall’intervento della polizia in assetto antisommossa

– a Lampedusa un gruppo di tunisini esce dall’hotspot e si accampa davanti alla chiesa di San Gerlando, per protestare contro la prossima deportazione. Il presidio continua tuttora, giorno e notte

Giovedì 19 settembre: ennesimo tentativo di evasione dall’area rossa del CPR di Torino, bloccato con violenza dalle guardie che hanno arrestato 3 persone. All’interno Deniz Pinaroglu continua da 20 giorni lo sciopero della fame.

Venerdì 20 settembre: rivolta nella sezione maschile del CPR di Ponte Galeria a Roma. Due aree vengono rese completamente inutilizzabili, altre due sono gravemente danneggiate dalle fiamme appiccate per evitare le deportazioni. 10 persone vengono deportate in Nigeria il giorno successivo, altre trasferite nel CPR di Palazzo San Gervasio, un’ottantina sono costrette a dormire all’aperto sotto la pioggia.

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Francia – CRA di Plaisir: “Nessuna libertà, nessuna uguaglianza, nessuna fratellanza con noi”

Traduzione da: Paris Luttes 

I reclusi di due prigioni per persone senza documenti a Palaiseau e Plaisir hanno iniziato venerdì e sabato scorsi uno sciopero della fame. Per sostenere le loro lotte dall’esterno e organizzarsi contro la macchina delle espulsione, ogni mercoledì alle 18 si riunisce un’assemblea contro i CRA (CPR in Italia) presso il CICP.

Da venerdì 20 settembre, i prigionieri del centro di detenzione amministrativo (CRA) di Plaisir sono in sciopero della fame per protestare contro l’interruzione arbitraria delle visite e delle cure.
Le condizioni di vita all’interno sono schifose e i prigionieri sono sottoposti a un forte isolamento, ma le lotte all’interno sono state numerose e continuano.
Per interrompere lo sciopero della fame, nella notte di sabato una squadra della BAC (Brigate Anti Criminalità, un corpo speciale della polizia specializzato negli interventi “a rischio” ndt) con i cani è tornata nel CRA minacciando e picchiando i prigionieri in lotta. Una persona è stata rinchiusa in una cella d’ isolamento per tutta la notte, un’altra è stata riportata al GAV (Garde à Vue, cioè sottoposta al fermo di polizia ndt) e poi è tornata al CRA. Ma le persone in lotta restano determinate, lo sciopero continua.

A coloro che sono all’esterno l’invito a supportarli al massimo!

Ecco il loro comunicato rilasciato domenica 22:
“Sono passati tre giorni dall’inizio dello sciopero della fame.
Qui la polizia fa un sacco di abusi, abusano troppo. Trattano le persone come cani.
Fanno le visite come vogliono, e talvolta prendono le persone che non hanno fatto nulla e le ammanettano per metterle in isolamento per tutta la notte. Anche con il dottore è complicato, rifiutano tutto. C’è uno di noi che ha un piede slogato e non lo portano nemmeno in ospedale.
A volte spengono le telecamere di sorveglianza per picchiare le persone. Ieri sera (sabato 21) a mezzanotte hanno portato almeno trenta poliziotti con manganelli e gas per costringerci a tornare nella nostra cella.
Non ci è permesso fumare o passare il tempo nei corridoi o guardare la TV dopo mezzanotte.
Anche le colazioni, ogni giorno ci svegliano alle 7 del mattino, come se fossimo nell’esercito. Si rifiutano di passarci rasoi e macchinette per capelli, le finestre sono bloccate h24.
I letti non sono buoni, c’è rumore tutta la notte, non possiamo dormire.
E di notte passano ogni 30 minuti, svegliando le personea perché le porte fanno rumore. Non abbiamo cuscini.
Non è normale, francamente lo stato del centro è schifoso, molto disgustoso.
E spesso quando arriva la polizia ci dicono frasi molto razziste.
E spesso ci sono altri tra noi che vengono legati dalla testa ai piedi, gli mettono un caschetto, scotch alla bocca e li fanno salire sull’aereo (per deportarli ndt).
E anche il pubblico ministero, quando forniamo loro i nostri fascicoli, non inviano tutto al giudice o ai nostri avvocati. anche questo non è normale.
Ci sono anche persone che vengono al centro, rimangono un giorno senza vedere nemmeno il giudice e vengono rilasciate, mentre altri non hanno nemmeno il diritto di andare davanti al giudice amministrativo e non è normale .

Nessuna libertà, nessuna uguaglianza, nessuna fratellanza con noi. Questa è la verità”.

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Francia – Comunicato dei prigionieri in lotta nel CRA di Palaiseau

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi hurriya[at]autistici.org
Fonte: abaslescra.noblogs.org

Di nuovo una lotta nella prigione per persone senza documenti di Palaiseau. Sempre gli stessi problemi: oltre alla reclusione e alla possibilità di farsi deportare in qualsiasi momento, si aggiunge una squadra di sbirri particolarmente violenta e arrogante.

A Luglio era già scoppiato uno sciopero della fame nello stesso posto.

Forza e solidarietà a loro!

Trascriviamo qui il comunicato dei prigionieri del CRA di Palaiseau:

I problemi derivano sempre dalla stessa équipe.
Ieri un ragazzo stava mangiando. Loro lo guardavano, parlavano tra loro. A un certo punto uno ha detto al suo collega: “Guardalo, mangia come un cane”.
Sono sempre cosi’, loro: gli sguardi, le provocazioni. Tutto questo arriva fino alla violenza fisica. Ce n’è uno tatuato, è ancora più arrogante, a volte entra nel refettorio e urla su qualcuno che non ha ancora mangiato: “Tu hai già mangiato, vattene!”. È la stessa squadra che ha picchiato un ragazzo nero non molto tempo fa.
L’altra squadra è più tranquilla.
Ieri siamo entrati per mangiare. I poliziotti di guardia ci fissavano come dei cani. Abbiamo chiesto loro perché ci guardano cosi’, ci hanno insultati. E tutti quanti hanno buttato per terra i loro vassoi ed ecco lo sciopero della fame. Stasera di nuovo nessuno ha mangiato.
Adesso per lo stato non siamo più degli esseri umani, siamo dei numeri. Hanno bisogno di cifre per fare le loro politiche e mostrare “ai francesi” che fanno qualcosa. Ecco qui.
Tanta gente al primo volo per il rimpatrio viene legata, è importante bisogna dirlo. C’è un ragazzo al 89esimo giorno, e al suo primo volo, l’hanno legato e riportato al paese.
I tre mesi sono una tortura psicologica, 45 giorni era già difficile ma ora… Qui non possiamo lavorare, non abbiamo alcun reddito. Mangiamo solo cibo industriale riscaldato e disgustoso.
Quando c’è questa squadra niente funziona, anche il servizio medico peggiora ancora di più.
A tutti i livelli ci sono dei problemi: anche la macchina del caffè non funziona quasi mai. E poi non c’è più nulla. Quando fa caldo, non c’è acqua fredda. Non c’è niente.
L’OFII (Ufficio Francese dell’Immigrazione e dell’Integrazione) a volte non c’è dal giovedi’ alla domenica. Quindi ce la passiamo tutti male: niente sigarette, niente dolci per 4 giorni.
Qui ci tengono sotto pressione. Certe volte fanno degli avanti indietro CRA-prigione-CRA perché non riescono ad espellerci.
Mentre scriviamo questo comunicato, c’è uno di noi che è svenuto.
Sappiamo che anche nel centro di Plaisir c’è uno sciopero. Bene.

I prigionieri del centro di detenzione di Palaiseau il 21 settembre 2019.

Ricordiamo che c’è uno sciopero della fame in corso nella prigione per stranieri di Plaisir (78) da venerdi’ 20. Gli sbirri hanno deciso di vietare le visite da ieri, la gente dentro lotta contro la repressione!
C’è bisogno di solidarietà!
Abbasso i CRA!

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