Torino – Inseguendo la chimera pt.4

fonte: Macerie

NOTE A PARTIRE DALL’OPERAZIONE SCINTILLA

Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.

A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”.

Questo lavoro di analisi uscirà a puntate, una alla settimana, che si concentreranno su alcune specificità dell’operazione Scintilla e della lotta contro i Centri di detenzione per immigrati. A scriverle sono alcuni compagni, alcuni imputati e indagati in quest’inchiesta, altri no, che nel corso degli anni si sono battuti contro la detenzione amministrativa.

Nelle strade, oltre le mura 

L’operazione giudiziaria del 7 febbraio si è articolata su due piani. Da un lato l’arresto di sei compagni nell’ambito dell’operazione Scintilla, dall’altro lo sgombero dell’Asilo.

Binari che non sono scorsi in parallelo. A livello mediatico, in buona parte, lo sgombero è stato giustificato dalle autorità cittadine, sindaca Appendino in testa, perché l’Asilo era un covo di sovversivi, nel tentativo di provare a far terra bruciata attorno ai compagni arrestati e a tutti quelli che frequentavano via Alessandria 12. A livello politico intrecciare i due piani è certamente stato d’aiuto nel giustificare un dispositivo militare mai visto per lo sgombero di un’occupazione: sia come numero di uomini e mezzi impiegati – parliamo di un centinaio di camionette al giorno che si sono turnate per i primi venti giorni, per poi continuare con numeri inferiori, ma comunque notevoli, per un altro mese abbondante-; sia per le modalità – il quartiere di Aurora ha subito una vera e propria occupazione militare, con strade chiuse e check point che per diverse settimane hanno stravolto la vita di tanti abitanti del quartiere, costringendoli a farsi identificare ogni volta che entravano e uscivano di casa-.

Di questo sgombero e dell’Asilo si è molto parlato nei giorni e nelle settimane successive. Ne hanno parlato in tanti, dai vertici cittadini dell’Amministrazione e della Questura ai pennivendoli della carta stampata e delle televisioni, dagli abitanti ai commercianti di Aurora. Fino ad arrivare a professori e studenti dell’Università e ai tanti solidali con cui abbiamo condiviso cortei, iniziative, assemblee e chiacchierate che con ritmo praticamente quotidiano si sono succeduti a partire dal 9 febbraio. Continua a leggere

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Roma – Sulla sezione maschile del CPR di Ponte Galeria

Dalle cronache di questi giorni risultano recluse almeno 8 persone nella sezione maschile del CPR di Ponte Galeria.
Sembra dunque che le dichiarazioni del governo si siano avverate.
Se così fosse, l’apertura della sezione maschile avrà effetti pesantissimi in città.
Mentre la sezione femminile, trattandosi dell’unica (a oggi) esistente in tutto il paese, reclude donne fermate nelle retate o uscite dalla prigionia nelle carceri di tutta la penisola, o appena sbarcate e non deportate durante il trattenimento negli Hotspot, l’inaugurazione della sezione maschile avrà effetti devastanti in tutto il centro italia.
Questa, infatti, si somma alla capienza detentiva dei centri di espulsione già in funzione, garantendo un importante punto strategico alla macchina delle deportazioni.

La sezione maschile di Ponte Galeria è stata chiusa e devastata dalla rivolta del dicembre 2015.
I lavori di ristrutturazione hanno riguardato la fortificazione e la differenziazione interna per evitare l’incontro tra tutta la popolazione reclusa. Purtroppo, presto saranno le voci delle persone recluse a raccontarci questa realtà e a confermarci o meno le ipotesi che abbiamo fatto leggendo dichiarazioni e documenti relativi al lungo periodo di lavori interni alla struttura.

Per ora ci fermiamo qui, convinti che nelle strade e tra quelle mura continueremo a trovare i nostri e le nostre complici nella lotta contro il sistema di esclusione e sfruttamento che le frontiere proteggono.

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Parigi – I/le Gilets Noirs occupano la torre d’Elior

A distanza di qualche settimana dall’occupazione del Terminal 2 dell’aeroporto Roissy Charles De Gaulle, per denunciare le deportazioni di persone migranti da parte di Air France, 400 Gilets Noirs hanno occupato la torre d’Elior, alla Defense (ovest di Parigi). Elior è una multinazionale che sfrutta la manodopera delle persone senza documenti. Essa, inoltre, si occupa della ristorazione e della pulizia di carceri e lager per persone migranti.

Qui di seguito il comunicato dei Gilets Noirs che spiega le ragioni dell’azione:

Oggi non siamo venutx a pulire la torre d’Elior, l’attacchiamo!
Attacchiamo La Défense perché è il cuore dell’imperialismo

In questo quartiere ci sono tutte le torri che puliamo alle 6 del mattino: quella della Totat e di Areva che saccheggiano l’Africa, di Suez che ruba la sua acqua, della Société Générale che ruba i suoi soldi e finanzia l’inquinamento dell’Africa con le centrali a carbone, di Thalès che costruisce le armi con le quali ci fanno la guerra. La Francia e le sue imprese s’arricchiscono sulle nostre spalle e delegano la schiavitù e la guerra agli Stati africani. Distribuiscono i soldi e le armi per avere le mani pulite.
Gli stessi che distruggono le nostre vite laggiù, ci fanno la guerra qui!
Attacchiamo Elior come attaccheremo tutte le imprese che sfruttano le persone migranti senza documenti.
Elior, attiva in 15 paesi, che pretende di formare una “grande famiglia” con i/le suoi/ue 132.000 impiegatx e si dà come missione di “nutrire il mondo e prendersi cura di tutte e tutti in ogni momento della vita”, ci obbliga a lavorare con la forza, sotto la minaccia della denuncia e della deportazione. Siamo venuti per guadagnare per le nostre famiglie, non per morire di stanchezza e spaccarci la schiena.
Elior, n° 4 mondiale nella ristorazione collettiva, con una cifra d’affari di 6694 milioni di euro nel 2018, ci fa lavorare come due persone per un solo salario. Paga 200 euro invece che 1200 quando va bene che paghi. Quando affrontiamo il padrone da soli, ci dicono “non possiamo tenerti, non hai documenti” mentre fino a quando ci ammazziamo di lavoro in silenzio, se ne fottono dei nostri documenti! E quando le nostre compagne donne delle pulizie lottano coraggiosamente come in questo momento a Marsiglia, Elior fa rompere lo sciopero dalla polizia, le loro manette e le loro procedure.
Hanno paura delle e dei immigratx che lottano per la loro dignità, perché non contaminino gli/le altrx. Allora eccoci qui! Veniamo a cercare il padrone e a dirgli che è finita!
Attacchiamo perché il padrone è una guardia come le altre.
Se i padroni, le compagnie aeree e gli altri ci sfruttano è perché lo Stato ci rifiuta i documenti. E lo Stato non ci dà i documenti perché i padroni non vogliono darci il CERFA (modulo amministrativo del ministero degli interni firmato dal padrone). È insieme che Stato, padroni e le loro maledette leggi organizzano il razzismo e la vita dura per gli/le immigratx senza documenti
Prefetture e padroni si passano il pallone. Noi abbiamo smesso di giocare.
Siamo contro la “regolamentazione attraverso il lavoro” perché è una menzogna. Ci dicono che se bassiamo la testa, avremo dei documenti dopo la 24 busta paga. Ma moltx non hanno documenti dopo 24 anni sui cantieri. Tuttx devono avere dei documenti subito, che lavorino o meno, che siano là dopo 10 ore o 10 anni. Perché dovremmo romperci la schiena per avere diritto a vivere qui?
Attacchiamo perché anche Elior detiene e deporta.
Elior, come ONET, GEPSA (Engie, ex-GDF) e altri ancora, ci forzano a pulire le celle e preparare i pasti dex nostrx compagnx detenutx nei Centri di detenzione amministrativa (CRA) e delle prigioni (Béziers, Roanne e Nancy). È Elior che fa funzionare il CRA di Plaisir dove è detenuto prigioniero il nostro compagno D.!
Nel 2010, 4 persone senza documenti sul cantiere Bouygues del CRA di Mesnil-Amelot, sono state arrestate sul luogo di lavoro e arrestati nella prigione che loro stessi costruivano.
Loro forzano le/gli immigratx a costruire le loro proprie prigioni, a lavorare contro loro stessx!
La nostra forza è di unirsi, ma loro fanno di tutto per dividerci!
Elior ci forza a fare le pulizie dai nostri oppressori: Thalès, Safran, la Direzione Generale degli Armamenti, l’ambasciata USA, che organizzano la guerra in Africa e altrove;
Commissariati e tribunali che ci condannano perché siamo immigratx;
Ministro degli Affari Esteri, che decide che alcunx hanno diritto a un visto e che altri devono attraversare il mare, il deserto e la schiavitù in Libia per venire a crepare qui a fuoco lento.
E anche nel terminal 2F di Roissy – CDG, che abbiamo attaccato 10 giorni fa!
Allora veniamo a cercare Philippe Guillemot, PDG – sfruttatore – capo d’Elior, veniamo a farlo scendere dall’alto della sua torre ed esigiamo:
– La liberazione immediata del nostro compagno D. prigioniero politico del movimento, e di tuttx gli/le altre, di cui Elior pulisce la prigione a Plaisir sotto contratto con la prefettura di Yvelines;
– Che Elior stoppi ogni tipo di partecipazione finanziaria, logistica o politica alla detenzione e alla deportazione degli/delle immigratx senza documenti;
– Che Elior annunci il numero di persone senza documenti che sfrutta e che si impegni a fargli ottenere dei documenti;
Chiamate il Primo Ministro e ditegli che i/le Gilets Noirs arrivano!!

I/le Gilets Noirs

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Roma – Sul presidio del 9 giugno davanti il CPR di Ponte Galeria

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi hurriya[at]autistici.org

Domenica 9 giugno un gruppo di compagn* è tornato sotto le mura del CPR di Ponte Galeria per portare solidarietà alle donne recluse all’interno. Numerosi interventi al megafono e il ritmo della murga che accompagnava i cori urlati a gran voce hanno infranto il silenzio che circonda quotidianamente quel lager.

Insieme alla solidarietà portata alle recluse attraverso interventi in varie lingue, si è cercato di condividere i fatti accaduti nelle ultime settimane. Si è parlato degli scioperi della fame portati avanti da due ragazzi detenuti nei CPR di Torino e Bari a causa delle terribili condizioni di vita all’interno dei centri: cibi pessimi e freddi e scarsa assistenza medica.
E’ stato poi ricordato il suicidio di un ragazzo nel CPR di Brindisi Restinco, notizia apparsa solo sui quotidiani locali, come a nascondere quello che accade all’interno di queste prigioni. Spesso è solo attraverso le voci di chi è reclus* che vengono alla luce notizie come questa. Nel novembre dello scorso anno, durante un presidio solidale, i contatti con alcune donne recluse avevano permesso di venire a conoscenza della morte di una donna avvenuta due settimane prima, morte che altrimenti sarebbe rimasta nell’oblio.
E’ seguito un intervento sull’occupazione del Terminal 2 dell’aeroporto Roissy Charles de Gaulle da parte di centinaia di sans-papiers e solidali, contro la complicità della compagnia aerea Air France e degli aeroporti di Parigi nelle deportazioni. E’ stato letto il comunicato con le rivendicazioni della protesta.

Il presidio di domenica aveva anche l’obiettivo di solidarizzare con le compagne Anna e Silvia, detenute nel carcere de l’Aquila e in sciopero della fame dal 29 maggio, e con coloro che in altre carceri hanno deciso di supportarle. Con questo sciopero chiedono il trasferimento in un altro carcere e la chiusura della sezione AS2 femminile de l’Aquila, dove le condizioni detentive sono assimilabili a quelle del regime 41bis.
Durante tutta la durata del presidio non si sono udite risposte dall’interno del CPR.

Per un mondo senza autorità, patriarcato e capitalismo.
Per la libertà di tutte e tutti, insieme ad Anna e Silvia e a tuttx le/i compagnx in lotta nelle carceri di tutto il mondo.

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Roma – Sulla possibile riapertura della sezione maschile del CPR di Ponte Galeria

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci: hurriya [at] autistici.org

Il 9 Aprile il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha annunciato la riconsegna della parte maschile del CPR di Ponte Galeria alla prefettura di Roma.

“L’intervento ha interessato la ristrutturazione edilizia ed impiantistica dei tre edifici, che costituiscono l’ala in questione e che, complessivamente, si sviluppano in pianta per una superficie coperta di circa 1900 mq. Il completamento dei lavori è stato reso possibile dopo una complessa serie di interventi di ristrutturazione degli ambienti che erano stati gravemente danneggiati, nel dicembre 2015, a seguito degli eventi tumultuosi, culminati in diversi incendi, appiccati dagli ospiti.”

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Torino – Inseguendo la chimera pt. 3 – Note a partire dall’operazione Scintilla

Fonte: Macerie

 Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.

A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”. Continua a leggere

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Sotto le mura, attraversando la città. Aggiornamenti dai CPR di Torino e Bari

Fonte: Macerie

Nell’ultima settimana le storie dei reclusi nel centro di corso Brunelleschi raccontano di frizioni e condizioni degradanti, di rabbia e tristezza. Raccontano di un ragazzo che dopo aver saputo l’esito dell’udienza svoltasi nella mattina, ovvero una proroga della detenzione di trenta giorni, ha tentato di suicidarsi. Hanno raccontato della mancanza di medici, della presenza di solo quattro infermieri e solo due charlie che distribuiscono pasti. Sono questi gli effetti dei tagli del Ministero: essere rinchiusi senza cibo a sufficienza, senza la necessaria assistenza medica. E ancora i racconti continuano come un ronzio nell’orecchio abituato ad ascoltare lo sconforto e la collera di ciò che accade là dentro: un ragazzo ha intrapreso uno sciopero della fame e della sete per tre giorni, i lavori continuano a rimettere in sesto celermente ciò che viene distrutto nelle rivolte, l’area rossa è ritornata alla sua piena capienza. E ancora procede il racconto, questa volta tratta di corde nascoste, pronte per essere lanciate, per aggrapparsi, scavalcare e scappare. Vengono rinvenute dalla polizia sia nell’area gialla che in quella blu. In quest’ultima gli sbirri intervengono in forze e i detenuti si mettono in mezzo. Nell’area gialla, invece, un ragazzo viene portato via, con una ricostruzione frammentaria, accusato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale viene tradotto in carcere.

Arrivano notizie anche dal centro per senza documenti di Bari: un recluso ha iniziato uno sciopero della fame, anche lui il 29 maggio, i gesti di indisciplina e i litigi con i poliziotti si susseguono quotidianamente. I lavoratori civili all’interno della struttura son sempre meno, così come medicinali, medici e cibo caldo. Un detenuto dice che nell’arco della detenzione a Bari, lunga due mesi, non ha mai mangiato un pasto tiepido. La distribuzione del cibo e delle terapie avviene in maniera casuale e arbitraria. Continua a leggere

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Torino – Sulla biciclettata del 2 giugno – CONTRO IL RAZZISMO DI STATO E LE SUE POLITICHE MIGRATORIE

fonte: passamontagna.info

Un corteo di bici è partito ieri da Piazza Castello per arrivare al presidio al CPR, lasciando striscioni e scritte in terra lungo il percorso.
Alcune foto e il testo del volantino distribuito.
Solidarietà ai reclusi nel CPR.
Solidarietà a Silvia, Anna, e tutti/e i/le compagni/e in sciopero della fame per la chiusura della sezione AS2 del carcere de l’Aquila!

CONTRO OGNI GALERA TUTTI E TUTTE LIBERE!

Sono passati mesi dall’entrata in vigore del Decreto Sicurezza e Immigrazione. E ora prossimo è il Decreto Sicurezza Bis, che andrà a colpire ogni forma di protesta in strada e a criminalizzare ancora di più immigrazione e solidali. Non vogliono lasciare più nessuno spazio di autorganizzazione. L’obiettivo del governo è di massacrare ogni forma di pensiero e pratica differente da quella prestabilita.
Vogliono aumentare i controlli in ogni strada e piazza. Stanno criminalizzando ogni forma di solidarietà verso gli immigrati e prevedendo sanzioni e pene durissime per ogni pratica di lotta e manifestazione diversa dalla sfilata concertata con la prefettura. Ormai anche mettere uno striscione al balcone è considerato un reato.
Le politiche migratorie assassine continuano a fare morti in mare, a costruire lager in Libia e in Italia, mentre i politici nella loro campagna elettorale permanente giocano sulla pelle della gente bloccata sulle navi fomentando odio e razzismo. Attraverso la costruzione del “nemico esterno”, il sistema cerca di canalizzare la rabbia sociale – data da una condizione materiale sempre più difficile e precaria – nella paura e nel rifiuto delle popolazioni immigrate.
Vogliono costruire un Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) per regione, le prigioni per senza documenti in cui ora possono detenere le persone fino a sei mesi. Lager in cui finiscono coloro che non hanno il pezzo di carta considerato “giusto”, e dove sono detenute in attesa che si scelga sulla loro vita: se essere rilasciati dopo sei mesi di carcere o se essere “reimpatriati” nel loro paese natio. Prigione come quella che è qui a Torino, in Corso Brunnelleschi, e che arriva a detenere 1400 persone in un anno. Lager che non dovrebbero semplicemente esistere.

Contro tutto questo siamo per strada oggi.

 

Contro i Decreti Salvini, che, in continuità con il decreto Minniti, non sono che una guerra dichiarata ai più poveri, agli sfruttati, a tutti coloro che cercano di opporsi al sistema di selezione e controllo che vige in questa società. Contro i lager per senza documenti. Contro quel pagliaccio di Salvini che gioca sulla pelle degli altri per la sua propaganda assassina.

Per un mondo senza frontiere né autoritarismi

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Brindisi – Un’altra morte di stato nel CPR di Restinco

Nella notte tra sabato e domenica, in una cella del CPR di Brindisi Restinco, è stato ritrovato il corpo senza vita di una persona. Sono stati gli stessi compagni di reclusione a dare l’allarme e avvertire le guardie. La notizia è circolata ieri su due testate locali, con pochi particolari, nemmeno il nome della vittima: si tratterebbe di un ragazzo di soli 20 anni, di origine nigeriana, che si sarebbe impiccato. Nel titolo, l’articolo riporta erroneamente che il decesso sarebbe avvenuto nel CAS di Restinco, e non nel CPR come viene specificato successivamente.
Una cappa di silenzio e isolamento circonda i moderni campi di concentramento chiamati CPR e hotspot: di quello che avviene all’interno delle mura e delle sbarre non si deve parlare, la solidarietà attiva viene repressa con denunce, fogli di via e teoremi giudiziari come quelli che hanno recentemente colpito le compagne e i compagni di Torino, la voce di chi vi è reclusx non deve superare le recinzioni. Un silenzio che permane anche quando avvengono tragedie come quest’ultima nel lager di Restinco. Lo scorso novembre le recluse del CPR di Ponte Galeria avevano comunicato alle solidali, in presidio davanti alla struttura, della morte di una donna di nome Natalia avvenuta l’11 novembre: alla donna non sarebbero state date cure e soccorso necessario. In precedenza, erano stati gli stessi sindacati di polizia a scrivere di reclusi morti nel CPR di Bari. Per questi casi, nessuna autorità ha mai confermato i decessi.
Nei lager per immigratx e nelle prigioni si continua a morire, e lottare per rompere l’isolamento e costruire relazioni solidali con le persone recluse è più importante che mai.

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Torino – Inseguendo la chimera – pt.2. Note a partire dall’operazione Scintilla

Fonte: Macerie

Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.

A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”.

Questo lavoro di analisi uscirà a puntate, una alla settimana, che si concentreranno su alcune specificità dell’operazione Scintilla e della lotta contro i Centri di detenzione per immigrati. A scriverle sono alcuni compagni, alcuni imputati e indagati in quest’inchiesta, altri no, che nel corso degli anni si sono battuti contro la detenzione amministrativa. (Qui la prima parte)

Silenzi

L’oggetto del teorema inquisitorio Scintilla è una lotta ventennale, quella contro la detenzione amministrativa dei senza-documenti, portata avanti da un movimento reale dentro e fuori i Centri di reclusione. Una lotta composta anche da una serie lunghissima di iniziative all’esterno dei Centri: alcune indette, altre a sorpresa,  alcune anonime, altre rivendicate, alcune “a volto scoperto” e altre “a volto coperto”. Per la maggior parte di queste ultime gli inquirenti non sono finora riusciti a raccogliere né prove né indizi sufficienti per attribuire precise responsabilità individuali, nonostante anni di esegesi di scritti, intercettazioni telefoniche e ambientali, videoriprese, pedinamenti, rilievi e prelievi di impronte digitali e DNA.

Che fare, si saranno chiesti nelle Questure e nelle Procure di mezza Italia? Continuare le indagini in attesa di individuare qualche colpevole? Gettare la spugna e archiviare i fascicoli come casi irrisolti? O provare a chiudere il cerchio ipotizzando l’esistenza di una struttura associativa che consenta di attribuire tanti fatti a tutti i membri della supposta associazione. Come è noto, con l’operazione Scintilla, Questura e Procura di Torino hanno scelto la terza via, e non è la prima volta che accade. Limitando lo sguardo alle lotte contro la reclusione amministrativa dei senza documenti è già avvenuto a Lecce nel 2005 e sotto la Mole nel 2010, ai tempi dell’Assemblea Antirazzista.

Ma creare una impalcatura associativa non è cosa da poco, e da sempre nelle Questure e Tribunali ci si scalda con la legna che si ha. Come sempre, occorre partire dai fondamentali e quindi dal Codice Penale che all’art. 270 cp. stabilisce “Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato è punito con la reclusione da cinque a dieci anni”. Giurisprudenza alla mano, il GIP spiega che “rientra negli ordinamenti economici e sociali tutelati dall’art. 270 c.p. ogni formazione sociale in cui si esprime l’ordine democratico statale, anche quelle di sostegno economico e sociale alle politiche di sviluppo e coesione sociale nell’ottica del rispetto dei diritti umani, pure pertanto in relazione al settore dell’immigrazione, rilevante per la presente fattispecie associativa”.

Apriti cielo! Al netto della legnosità tipica del linguaggio dei Tribunali e della supercazzola sul rispetto dei diritti umani, questo passaggio mette a nudo la realtà: la detenzione amministrativa dei senza-documenti è uno dei pilastri su cui si regge l’attuale ordine democratico statale. Chiunque si batta apertamente e con costanza contro la macchina delle espulsioni è potenzialmente un sovversivo, dunque possono continuare a dormire sonni tranquilli – almeno per ora – giusto quelli che attraverso “pubbliche e pacifiche manifestazioni di protesta” sperano di superare democraticamente i lager della democrazia. Continua a leggere

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