Francia – Sciopero della fame nel CRA di Lione e presidio solidale

Traduzione da: Rebellyion

Per denunciare la reclusione e le condizioni della loro detenzione (violenza delle guardie, nessun accesso alle cure…) i detenuti del centro di detenzione per migranti (CRA) di Saint – Exupéry (Lione) hanno iniziato un nuovo sciopero della fame collettivo dal 16 marzo scorso. Scrivono i detenuti in sciopero:

“Siamo dentro al centro, le cose sono fatte male, non abbiamo alcun diritto, né con le guardie, né con associazioni dei rifugiati. Siamo come degli animali. Non c’è televisione, non ci sono più passeggiate, il cibo è guasto, ci lasciano litigare con dei coltelli.

Siamo qua da tre mesi e non abbiamo alcuna notizia. Basta! Non abbiamo documenti e non siamo dei criminali.

Ci danno delle medicine per le persone veramente pazze senza prescrizione e senza niente (Diazépam, Lyrica, Valium, Prazépam, Tercian, Zopiclone, Théralène, Subutex) e anche le infermiere sono al corrente di tutto.

Le persone fanno lo sciopero ma gli danno delle medicine per avvelenarle. Ci sono anche dei padri di famiglia qui. Si feriscono. Chi ha dei punti di sutura viene lasciato  in isolamento così senza cure. C’è chi ha una malattia al fegato e ha bisogno di cure.

E ma no … siccome non abbiamo documenti non abbiamo diritti ma siamo degli esseri umani come tutti.

Grazie di passare a trovarci”.

In risposta a questo comunicato il 17 marzo, una sessantina di persone solidali si sono ritrovate al CRA (prigione per stranieri in attesa di espulsione) di Lione per sostenere lo sciopero della fame dei detenuti. Scrivono i/le compagnx :

“Le persone detenute si rivoltano contro la detenzione e i mezzi di repressione che vi sono associati. Denunciano le violenze fisiche e psicologiche esercitate dalla PAF (polizia delle frontiere, a cui è affidato il compito di mantenere l’ordine nell centro di detenzione); l’assenza di cure di prima necessità pur essendo imbottiti di farmaci (distribuzione abusiva di ansiolitici come il valium…); il cibo è infetto e scaduto…

Per rompere l’isolamento e sostenere la mobilitazione dei detenuti, i loro cari, delle famiglie e delle/dei militanti contro i CRA si sono ritrovatx davanti al centro di detenzione. Ci sembra necessario rendere visibile e denunciare la violenza che struttura questi luoghi di detenzione. Donne e uomini manifestano contro la criminalizzazione, la detenzione e la deportazione degli e delle stranierx, organizzate dalle politiche migratorie dello stato francese.

I detenuti e le persone solidali hanno potuto comunicare attraverso le mura del CRA. Avevano dei tamburi, dei darboukas, pentole e un megafono per fare sentire la loro solidarietà. Delle famiglie hanno anche potuto farsi sentire e fare passare dei messaggi ai loro cari incarcerati.

È stato letto il comunicato di chi sciopera, sono stati scanditi degli slogan di sostegno. I detenuti hanno risposto con le loro voci e battendo contro le mura del carcere. Di fronte a questo sostegno, la PAF ha represso i detenuti con colpi di manganelli e spray urticanti.

Il sit-in è terminato alle 21 dopo che 4 camion della polizia sono arrivati per mettere fine alla mobilitazione. Prima di partire, i/le solidali hanno denunciato la repressione esercitata dalla polizia all’interno del CRA”.

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Torino – Tomi trasferito nel CPR di Bari

Fonte: Macerie

Nelle ultime settimane abbiamo raccontato della protesta di Tomi, ragazzo di origine algerine che vive da anni in Inghilterra e i cui documenti in Italia non sono validi. La validità o meno di un pezzo di carta, di cellulosa, i cui parametri cambiano di paese in paese, porta alla reclusione, così come è accaduto a lui.

Siamo arrivati al giorno di sciopero della fame numero 36, in città gruppi di solidali si sono mossi per organizzare presidi e proteste, fino ad arrivare dentro all’ufficio dell’assessora factotum Sonia Schellino per sputarle in faccia un po’ di responsabilità.

A quanto pare a certi personaggi che decidono sull’altrui sorte non piace ricevere pressioni da vicino e hanno pensato bene di tranciare i legami di solidarietà intorno a Tomi trasferendolo ieri in un’altra prigione per senza documenti, il Cpr di Bari Palese. Gli hanno tolto il telefono per interrompere anche le comunicazioni telefoniche, peccato che lui ricordasse a memoria il numero di telefono di alcuni compagni e compagne e ha riferito di ciò che stava avvenendo. Da che ha potuto capire, non può essere deportato il Algeria, deportazione che preferirebbe alla reclusione di sei mesi, perché, come spesso accade, le burocrazie dei due paesi non sono sulla stessa lunghezza d’onda. Così a Tomi sembra di essere in un limbo indefinito, la prigionia dovrà forse arrivare fino al termine amministrativo, data lontana e insopportabile solo al pensiero.

Intanto i solidali fuori non si sono fatti scoraggiare e si sono già messi in contatto con alcuni compagni pugliesi.

Chi lotta non è mai solo, neanche se trasferito.

macerie @ Marzo 17, 2019

 

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Torino – Aggiornamenti sullo sciopero della fame di Tomi nel CPR e sulle iniziative di solidarietà

Fonte: Macerie

A oggi sono oramai trentacinque i giorni che Tomi sta passando in sciopero della fame. Il ragazzo recluso dentro il carcere per senza documenti sta protestando contro le condizioni disumane a cui è costretto e per conquistarsi la libertà, vuole uscire da lì. Lo sciopero della fame l’ha ridotto all’osso, ha alterato i parametri vitali e ora non riesce più a deambulare sulle sue gambe, ma è costretto a essere trascinato su una sedia a rotelle, esausto.

Le condizioni di salute sempre più compromesse hanno obbligato, due giorni fa, le guardie a spostarlo nell’area sanitaria del Cpr, la zona meglio nota come”ospedaletto”. Stanze dalle pareti lisce che sono più punitive che sanitarie, celle in cui i reclusi sono abbandonati a loro stessi dopo i purtroppo frequenti atti di autolesionismo, dopo i pestaggi curati alla bell’e meglio per coprire quanto accaduto o che sono il luogo migliore per somministrare sedativi a chi deve essere espulso senza troppe lamentele.

Dopo essere stato infilato dentro una delle cellette lisce, dopo aver rifiutato acqua e zucchero, Tomi è stato preso a calci e pugni dalle guardie, per poi essere abbandonato lì per ore prima di essere tradotto all’ospedale Martini.

Piantonato a vista da un folto numero di poliziotti per corridoi e stanze ambulatoriali del pronto soccorso, Tomi non è riuscito a interfacciarsi direttamente con i medici, che hanno fatto finto di non capire il suo idioma – Tomi parla un buon inglese e francese – e si sono rivolti solo ai piantoni. Il controllo è stato forfettario, stabilendo la diminuzione degli zuccheri e della pressione sanguigna, i medici hanno evitato di verificare le tumefazioni provocate dalle percosse o un check dei valori più approfondito. Hanno frettolosamente dichiarato che le condizioni non sono incompatibili con la detenzione dentro i Cpr, senza lasciar alcun esito scritto degli esami al diretto interessato. Così ancora oggi Tomi si trova dentro il Centro di corso Brunelleschi.

A quanti hanno deciso di essere solidali con chi lotta per essere libero, spetta la ricerca di chi è responsabile della miseria che si vive dentro il Cpr, di chi è colpevole del peggioramento delle condizioni di Tomi e del silenzio che permea questo lager.

Ieri sera un pò di persone si sono date appuntamento davanti all’ospedale Martini con volantini e uno striscione. La voce di Tomi registrata in due interviste echeggiava da dentro la cassa, qualcuno si inoltrava dentro l’ospedale a parlare con il personale pretendendo chiarimenti, altri sostavano fuori a raccontare la storia a tu per tu a chi entrava e usciva. Il nugolo di solidali si è poi spostato sotto le mura di corso Brunelleschi per un saluto gridato ai reclusi.

Stamani c’è stato un nuovo appuntamento. La meta è stata il 22 di via Giulio dove, dentro all’assessorato alle politiche sociali, dietro una porta blindata, c’è l’ufficio dell’assessore Sonia SchellinoLa stessa che si occupa di elargire Tso, di far sbaraccare i campi Rom, dello sgombero dolce del Moi, di centellinare case a affitti calmierati per pochi e obbedienti bisognosi, si occupa anche degli “stranieri” nella città di Torino. Ci è parso azzeccato andare a bussare alla sua porta e chiederle qualcosa su quello che succede dentro le mura di corso Brunelleschi. Dopo una scampanellata all’uscio corazzato una risposta ha gracchiato al citofono, nma una volta manifestatasi la presenza di un buon numero di persone determinate ad avere chiarimenti, nessuna voce è più trapelata dall’interno dell’ufficio. E’ stato invece spedito a dialogare con i manifestanti il tirapiedi dell’assessora. Uno pagato proprio per questo, ascoltare le lamentele, le istanze, le urla infuriate di tutti quelli che esausti e furibondi possono far capolino negli uffici del Comune a chiedere spiegazioni, a pretendere soluzioni oppure semplicemente a sfogarsi, pagato per cercare con supercazzole piroettanti di mescolare le carte in tavola, dichiarare che i responsabili sono altri, che bisogna rivolgersi a un altro ufficio, che purtroppo loro non possono fare nulla, che l’assessore ora è proprio impegnato.

Bene, ha tentato anche oggi di contenere le ire contro la mal gradita assessora. In maniera alquanto maldestra ha cercato di declinare qualsiasi responsabilità dicendo “Bè, se schiatta è colpa del medico non nostra”. Difendendo l’operato di questa giunta ha domandato “Fatemi un nome di una persona sgomberata in questa città?”. Intanto, attorno altri impiegati degli uffici comunali si avvicinavano e chiedevano per cosa fosse quel baccano;”Ah sì? Ma cos’è il Cpr, una casa alloggio?” “Ma questi centri non sono stati chiusi?”.

Che la classe politica formata dal Movimento 5 stelle, composta da “gente comune”, non abbia la formazione e la struttura comunicativa che altri partiti hanno costruito e si sono impegnati a dare ai loro uomini, appare evidente: se la prima cittadina non è capace a fare la faccia da pesce lesso, e dire due frasi vuote che non accennino invece all’intervento della polizia per risolvere qualsiasi problema, o non rendano palese il rapporto di sudditanza che c’è tra il governo e i governati, è ovvio che uno dei portaborse non possa fare di meglio. Invece, fa venire l’orticaria che queste anime belle che si occupano di gestire le scartoffie che regolano la vita materiale di tante persone non sappiano neanche dell’esistenza del Cpr o ne abbiano al limite un’idea molto confusa.

Dopo vari botta e risposta con il citrullo, ecco che è giunta la soluzione del rompicapo: la polizia in borghese ha riempito il piano, al che si decide di ritornare in strada, sotto questo precocemente caldo, sole.

Per ora, attendiamo notizie da Tomi e osserviamo come e chi si passerà la patata bollente.

Pronti a raccoglierla da terra, a cercare chi è responsabile della produzione di miseria, della carcerazione e sofferenza di tanti, e a rigettargliele indietro.

macerie @ Marzo 15, 2019

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Torino – Oggi 14 marzo presidio solidale con un recluso in sciopero della fame da 34 giorni nel CPR

Fonte: Macerie

Da 34 giorni un recluso del Cpr di corso Brunelleschi è in sciopero della fame. Ieri è stato portato all’Ospedale Martini dove i medici non hanno ritenuto fosse necessario ricoverarlo nonostante le sue condizioni di salute continuino a peggiorare. Come se non bastasse, al suo rientro nel Centro, quando il ragazzo si è rifiutato di rientrare nella fredda celletta d’isolamento in cui le guardie lo tengono rinchiuso per punizione, è stato picchiato. Quello che sta succedendo è inaccettabile e sono tanti gli uomini responsabili dei rischi che questo recluso sta correndo. Alcuni di questi sono i medici che lavorano al Pronto Soccorso del Martini. Ci vediamo lì davanti questa sera alle 18, numerosi è incazzati. Un ragazzo sta rischiando di morire per la sua libertà!!!

Evento FB

Il racconto di quanto accaduto ieri direttamente dalla voce del recluso in sciopero della fame in collegamento telefonico con la trasmissione ACAB andata in onda ieri, mercoledì 13 marzo su Radio BlackOut

https://radioblackout.org/cpr-sciopero-34giorno/?fbclid=IwAR26I8sFML2qU_ckuEhE6WAP1bmPqjOoeWp5LMdix6yvpqtDRqjiWAAnnmY

 

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Torino – Recluso in sciopero della fame da 31 giorni nel CPR di Corso Brunelleschi

Fonte: Macerie

In sciopero della fame da 31 giorni, ridotto allo stremo della vita, ecco la condizione di un ragazzo recluso all’interno del Cpr torinese. Perde un kg al giorno, ma per i medici schifosi là dentro, coloro che hanno il potere di decidere se le condizioni fisiche rendono pericolosa la detenzione amministrativa, non è ancora arrivato il momento di farlo uscire.

Chiamiamo tutti il 118, costringiamo un’ambulanza ad andare all’ingresso del Cpr in via Santa Maria Mazzarello 31, affinché le autorità mediche cittadine si prendano la giusta responsabilità se dovesse accadergli qualcosa. Spesso è capitato che dei reclusi avessero urgente bisogno di cure ma che alle ambulanze non fosse permesso l’ingresso, per le forze dell’ordine era tutto a posto e si giustificavano con la presenza di un’infermeria all’interno. Gli operatori dell’ambulanza? Il più delle volte hanno fatto spallucce e sono tornati alla centrale.

Lui ha smesso di mangiare perché da lì vuole uscire, vorrebbe essere ovunque ma non rinchiuso, piuttosto deportato. Ora però sta rischiando troppo e nessuno può girarsi dall’altra parte o fare spallucce, bisogna mettere costoro davanti al fatto che stanno negando un intervento salva-vita.

Ecco le sue toccanti parole di qualche settimana fa, all’inizio della sua protesta:

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Rosarno – Non dimentichiamo, non perdoniamo

fonte: Comitato Lavoratori delle Campagne

Ieri cinque foto e diverse scritte sono apparse sulle case, destinate ai lavoratori e alle lavoratrici immigrate ma ancora oggi vuote, di Contrada Serricella. Sono i volti delle ultime persone ammazzate da razzismo e sfruttamento nella tendopoli di San Ferdinando. Sekine Traoré, ucciso da un carabiniere nel 2016; Soumaila Sacko, ucciso da un italiano nel 2018; Becky Moses, Suruwa Jaiteh, Moussa Ba morti per gli incendi dell’ultimo anno. Ma la lista delle morti sarebbe ancora lunga. Sono tutte persone che avrebbero potuto vivere in una casa come quelle lasciate vuote, ma che scelte politiche razziste, sfruttamento e segregazione hanno costretto a vivere e morire nella precarietà. E nonostante le sue responsabilità in tutto ciò siano evidenti, il sindaco di Rosarno, Idà, cerca di nascondersi dietro deliri complottisti volti a mettere italiani e migranti gli uni contro gli altri. Lo sgombero della baraccopoli non ha fatto che aggravare questa situazione, lasciando ancora più persone senza un tetto. Non dimentichiamo, non perdoniamo. Case per tutte e tutti!

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Roma – Presidio al CPR di Ponte Galeria 16/3 ore 15:30

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci hurriya[at]autistici.org

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Svizzera – Croce Rossa complice di razzismo e segregazione! Contro ogni bunker e ogni prigione!

fonte: frecciaspezzata.noblogs.org

Nascondendosi dietro la sua facciata di organizzazione umanitaria ed assistenziale, la Croce Rossa gestisce “centri di accoglienza” e centri di espulsione per migranti in Svizzera e all’estero. Quello che la Croce Rossa spaccia all’opinione pubblica come “volontariato”, accoglienza ed aiuto umanitario, è in realtà un ricco business fondato sulla segregazione ed il razzismo.

In Ticino, la Croce Rossa, che si è aggiudicata i fruttuosi appalti per la gestione del bunker della Protezione Civile di Camorino e altri centri “di accoglienza”, lucra sulla pelle di centinaia di persone che fuggono da situazioni di repressione, guerra e povertà.

Assieme ad agenti della Securitas, Rainbow e altre aziende di sicurezza, i dipendenti della Croce Rossa controllano ogni aspetto della vita delle persone alloggiate nei centri. Chi vive nel bunker di Camorino ad esempio parla di condizioni simili ad un regime di semi-prigionia: perquisizioni all’ingresso, coprifuoco serale, mancanza di finestre e aria, camerate sovraffollate senza alcuna privacy, obbligo di pernottamento per ricevere l’indennizzo giornaliero (3 franchi), ricatti, umiliazioni e violenze da parte di agenti di sicurezza e polizia sono all’ordine del giorno.

Inoltre la Croce Rossa partecipa attivamente alle espulsioni delle persone che ricevono delle risposte negative alla loro richiesta di asilo in Svizzera, dando una parvenza umanitaria a delle vere e proprie deportazioni.

Sul suo sito internet, la Croce Rossa mette bene in evidenza i suoi pincipi fondamentali: umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontariato, unità, universalità. Come spesso accade, “neutralità” è sinonimo di complicità con chi detiene il potere in una determinata situazione, in questo caso lo Stato svizzero, nello specifico la SEM (Segreteria di Stato della Migrazione) e la sua politica migratoria razzista fondata sulla chiusura delle frontiere, sulla velocizzazione delle procedure di asilo e delle espulsioni.

Se non c’è dubbio che molti/e volontari/e della Croce Rossa sono animati/e da intenzioni rispettabili, è altrettanto vero che chiudendo gli occhi su cosa fa la struttura di cui sono parte. Li/e invitiamo ad aprirli.

È necessario contrastare questo sistema, le aziende ed istituzioni che ne traggono profitto, chiunque voglia negare la libertà a ogni essere umano e cominciare a spezzare l’isolamento.

Da sempre esistono esseri umani che migrano e quelli che oggi, nel sistema capitalista in cui viviamo, riescono a varcare le frontiere della fortezza Europa, fuggono dalle condizioni di vita intollerabili create da quella sete di potere di Stati e multinazionali, che si traduce in guerre, saccheggio delle risorse e sfruttamento delle popolazioni. La storia si ripete, e oggi più che mai il fatto che la ricchezza di alcuni si fonda sullo sfruttamento di altri/e è sotto gli occhi di chiunque abbia l’onestà di vedere. Il colonialismo non è un retaggio di un triste passato, ma ha solamente cambiato faccia.

Chiudere i bunker! Rompere l’isolamento! Liberi/e tutti/e!

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Svizzera – 10 spunti per chiudere un bunker

fonte: frecciaspezzata.noblogs.org

In questo paese esistono bunker sotterranei e altre strutture in cui delle persone sono costrette a vivere. Noi vogliamo eliminarli!

1. Presa di coscienza: Nessuna persona dovrebbe per alcun motivo vivere sottoterra e non avere la possibilità di autodeterminarsi. Avvicinati ai centri, spezza l’isolamento, parla con le persone che ci vivono, conoscile, ascolta le loro storie: Arrabbiati!

2. Fai girare la voce: scrivi, invita, discuti con chiunque possa essere sensibile alla questione, organizza punti d’incontro; più si è più c’è possibilità di aumentare il raggio d’azione!

3. Trasforma la rabbia in azione: La solidarietà è un’arma potentissima! I bunker non si chiuderanno da soli e nessun* li chiuderà finché non ci si mette in gioco. Qualunque azione in solidarietà alle persone che stanno dentro sarà utile alla chiusura.

4. Un bunker vuoto è un bunker chiuso e ci sono già diverse esperienze in Svizzera che ce lo insegnano: trovare alloggi alternativi, rispettando le volontà delle persone recluse, potrebbe essere provvidenziale nella chiusura stessa. Ospitarle a casa propria è una possibilità, occupare alcune delle numerose case vuote in questo cantone è un’altra. Perché non provare?

5. Se c’è un bunker è perché c’è chi lo gestisce. Ci sono diverse aziende che lucrano sulla pelle dei/delle migranti come per esempio Croce Rossa, Caritas, ORS, Securitas. Non supportare, boicottare e mettere sotto pressione sono metodi sicuramente efficaci per scoraggiarle a continuare in questo business.

6. Non dimentichiamo le istituzioni, principali mandanti di questa situazione! Tenere anche loro sotto pressione continua, lottare contro la xenofobia perpetrata da politici e media, non dare alcuno spazio al razzismo è fondamentale!

7. Istituzioni e aziende sono fatte di persone e queste persone hanno dei nomi. Facciamo emergere i protagonisti e i principali approfittatori di questa situazione di segregazione. Scoraggiare personalmente, fare emergere le responsabilità di ogni aguzzino, fermare il motore di questa macchina.

8. Vuoi conoscere altri spunti? Ne hai anche tu da proporre? Contatta il collettivo tramite l’indirizzo: r-esistiamo[at]riseup.net

LOTTIAMO INSIEME PER LA CHIUSURA DEI BUNKER
E LA LIBERTÀ DI TUTT*!

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Belgio – Testimonianza da dentro il centre fermé di Vottem (Liegi)

Il 10 marzo prossimo saranno 20 anni di esistenza del lager per migranti di Vottem (Liegi). Ci sarà una manifestazione nazionale per chiedere la sua immediata chiusura insieme a tutti i centres fermés del Belgio.
Qui di seguito pubblichiamo la traduzione di una testimonianza da dentro il lager.

Uno dei nostri compagni, Diallo Ahmad Bailo, è stato arrestato il 25/12 nei pressi della Stazione Nord di Bruxelles e poi trasferito nel centre fermé di Vottem. Dal 11/02 ha cominciato a soffrire di dolori allo stomaco domandando di essere visitato da un dottore: come soluzione, il 15/02 è stato messo in isolamento accusato di essere un bugiardo (pur avendo fatto un’operazione allo stomaco nel mese di novembre).
In questa situazione di solitudine, mancanza di giustizia, maltrattamento personale e strutturale, malgrado gli allarmi che sono stati lanciati dal suo avvocato, nulla è cambiato. Allora ha Diallo ha deciso di condurre un’altra forma di lotta: lo sciopero della fame, che ha cominciato il 15 febbraio per attirare l’attenzione su questa amministrazione penitenziaria robotizzata (Vottem esiste da 20 anni), facente capo al governo belga, che se ne frega della sua persona. Un combattente instancabile, sempre presente per difendere la giustizia sociale, l’uguaglianza, la dignità, la libertà.
Non abbiamo più il diritto di reclamare i nostri diritti e di essere considerati come degli esseri umani. Dobbiamo continuare a subire e accettare questa ingiustizia che è la continuazione modernizzata della tratta negriera? Abbiamo subito tanto, è tempo di cambiare.
Trascrizione della testimonianza audio di Diallo Ahmad Bailo
“Il mio nome è Diallo Ahmad Bailo. Sono nel centre fermé (CPR) di Vottem, a Liège, dal 25 dicembre 2018. Io sto in Belgio dal 2014, senza documenti dal gennaio 2014. Poiché sono senza documenti, mi hanno soprannominato “illegale”.
Sono nato in Mauritania ma i miei genitori sono di origine guineana, di Guinée-Conakry. Ma io sono nato in Mauritania. Ho ricevuto ieri delle informazioni tramite il mio avvocato secondo cui l’Ufficio degli Stranieri voleva contattare l’Ambasciata della Guinea per espellermi lì. Tuttavia, io non conosco niente, quasi niente della Guinea. Io volevo essere espulso in Mauritania. Quanto alla mia salute: sono malato da tanto tempo. Ho fatto di tutto per non essere espulso ma mi rendo conto che non c’è altra soluzione. [Resto sempre senza mangiare] ma ho smesso di fare lo sciopero della fame, perché malato di fegato, non posso fare lo sciopero della fame per un periodo lungo. Poiché non mi hanno liberato, allora ho smesso di fare lo sciopero.
Qui, dentro al centre fermé, i servizi medici non sono affatto come fuori. Ti danno giusto del paracetamolo per il mal di testa. Solo questo, non ci sono servizi medici come quando sei libero, fuori.
All’interno io sono in isolamento da due settimane, sono solo nella mia camera. Esco 30 – 40 minuti al giorno, faccio una doccia al giorno. Ci sono tre pasti al giorno, c’è la televisione ma io sono in isolamento da due settimane….
Da due settimane non dormo. Soffro tanto di stress, faccio molti incubi.
C’è solo la sicurezza che viene ogni volta, non vedo altre persone. Non comunico con nessun altro. Ah, veramente chi lavora dentro non è affatto apertx, solo “buongiorno”, “buongiorno” ed è finita lì. Per me sono delle persone quasi razziste. Non parlano con nessuno, nemmeno “buongiorno”, altre dicono “buongiorno”, altre ancora vanno avanti come se non vedessero nulla (…) comunicazione interrotta.

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