Roma – 10 febbraio – Presidio al CPR di Ponte Galeria

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi hurriya[at]autistici.org


È una mattanza.

Il colonialismo miete una quantità di morti che non siamo mai stax capaci di calcolare.

Se il massacro è stato per anni silenzioso (o sussurrato) alle nostre orecchie privilegiate ed europee, adesso i cadaveri arrivano fino alle nostre placide spiagge e si moltiplicano di anno in anno.
I morti di quest’anno appena iniziato sono già centinaia solo in mare. Il capitalismo colonialista stermina e avvelena una quantità di persone incalcolabile in ogni istante e in ogni parte del mondo. Da sempre gli individux e la terra pagano il prezzo di una crescita sfrenata dei consumi. In sostanza ci avveleniamo e avveleniamo il resto del mondo per possedere cose che a loro volta continuano ad avvelenarci.

Il prezzo più alto, in Europa, lo paga chi non ha il privilegio della bianchezza o di un documento valido in tasca. Infatti queste persone continuano a morire in frontiera, nei centri, nei ghetti e nelle strade.

Essere neutrali in situazioni di oppressione significa aver scelto la parte dell’oppressore

Se mai lo fosse stato, non è più tempo di stare calmx; rimanere sedutx di fronte ai nostri schermi significa essere complici di questa mattanza.

Abbiamo bisogno di nuove forme ed energie per lottare insieme, contrattaccare.

La lotta contro le frontiere nella città di Roma ha un appuntamento mensile per non lasciare sola chi è rinchiusa nelle gabbie per persone senza documenti. Parteciparvi ci può dare la possibilità di incontrarsi in un momento di lotta e scoprire insieme nuovi modi e possibilità.

Il 10 FEBBRAIO ALLE 15:30 SAREMO SOTTO LE MURA DEL CPR DI PONTE GALERIA  PER CONTINUARE A LOTTARE CONTRO CARCERI E CARCERIERX E PER  NON LASCIARE CHE BASTI UN MURO E POCHI KM PER FARCI DIMENTICARE LE DONNE RECLUSE.

Nemiche e nemici delle frontiere

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UN’ALTRA CAROVANA SFIDA I CONFINI: migliaia di persone in viaggio tra Honduras e Stati Uniti

Riceviamo da passamontagna.info e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi hurriya[at]autistici.org

UN’ALTRA CAROVANA MIGRANTI SFIDA I CONFINI
Migliaia di persone in viaggio tra Honduras e Stati Uniti

18 GENNAIO – STRADA TRA CIUDAD HIDALGO E TAPACHULA
Una fiumana di gente cammina al bordo della strada. Uomini, donne, bambini, vecchi. Qualche zaino, pochi bagagli. Direzione Stati Uniti. Sono in viaggio da 4 giorni. Circa 2-3 mila persone. Sono tanti. Sono partiti in più di 5mila da San Pedro Sula, in Honduras. Altre centinaia si sono aggiunte dal Guatemala e dal Salvador. Al confine tra Honduras e Guatemala prima di riuscire a passare sono stati repressi con gas lacrimogeni dalla polizia guatemalteca.
Il Messico ha “aperto” le porte. Il nuovo presidente eletto, Andrés Manuel López Obrador, “AMLO”, non avrà voluto sporcarsi mani e faccia ripetendo le violenti scene della precedente carovana, quando migliaia di persone sono state bloccate sul ponte di Tècun Uman, sul fiume Suchiate, e in seguito a scontri con la polizia si sono gettate nel fiume per passare.
La proposta fatta ai migranti di questa terza carovana era di registrarsi alla dogana, e attendere il visto. Alle persone che hanno accettato è stato rilasciato un braccialetto identificativo e sono stati fatti rientrare in Guatemala per 5 giorni in attesa di un promesso visto per un anno; per ora, sono ancora bloccate sul confine. In migliaia, circa 2-3mila persone, hanno deciso di continuare la loro strada rifiutando proposta e registrazione, denunciando il tentativo del governo di ingannarli bloccando la carovana in terra guatemalteca, in attesa di promesse in passato mai rispettate. Hanno fatto pressione per aprire la frontiera e hanno attraversato il confine tra il 17 notte e il 18 mattina, riprendendo a camminare.
Direzione: Tapachula, tappa forzata prima di continuare il viaggio a nord. 37 km a piedi. Sono arrivati, nella sera del 18, occupando la piazza principale di Tapachula per dormire. È la prima volta che la carovana non viene aiutata da nessuno.
A differenza delle altre carovane, e nonostante la retorica umanitaria di AMLO, nessuna organizzazione, né chiesa, né autorità locale hanno sostenuto il viaggio dei migranti. Nessun presidio medico né distribuzione di cibo è stata organizzata.

19 GENNAIO
Una buona parte della carovana è ripartita questa mattina. Alle 4 di notte ha ripreso la strada e ha iniziato il cammino verso nord. Sono arrivati a Huixtla in serata, dove si sono accampati. Hanno camminato 40 km. Un’altra parte della carovana è rimasta a Tapachula. Aspettano. Aspettano le oltre 3000 persone che sono ancora bloccate in Guatemala. Aspettano le oltre mille persone che stanno partendo con una nuova carovana dall’Honduras. Aspettano una nuova carovana che pare stia partendo dal Guatemala. “Dobbiamo restare uniti, ed essere tanti, insieme”. Se no la polizia e i narcos avranno gioco piu facile nel dividere, isolare. Controllare. Forse deportare, o rapire. La frontiera, quando non hai i documenti, è ovunque. È il bus su cui sali, la strada che prendi. I luoghi che puoi o non puoi frequentare. È la polizia.

20 GENNAIO
Un migliaio di persone continuano ad occupare la piazza di Tapachula. Continuano ad aspettare. Hanno improvvisato una mezza cucina da campo, ma la gente è tanta, il cibo poco. Molte le famiglie e i bambini. Intanto la massa di persone al confine messicano aumenta. Pare che siano tra le 5 e le 8mila. Alcuni guadano il fiume a piedi e arrivano a Tapachula. In migliaia restano bloccati in Guatemala. Domani scadono le 5 giornate di attesa che nella sua offerta il governo messicano aveva detto necessarie per il rilascio della visa di un anno. Si vedrà domani se rispetteranno la parola data. Conseguente sara l’azione dei migranti che si sono fidati e registrati. Intanto, il primo pezzo della carovana – circa 1000-1500 persone – è già più a nord, in Oaxaca.

LA CAROVANA
La forza della massa. organizzarsi insieme, per una vita migliore. Per passare la frontiera. Per non disperare nell’attesa di documenti. Prima c’era un treno tra Guatemala e Messico. La Bestia. Un buon modo per passare. È stato abolito qualche anno fa. Da allora la gente passa in diversi modi, i valichi informali sono tanti. Ma non tutti riescono. La carovana è un metodo quasi innovativo. Partire insieme, in massa. È come un popolo che migra. Un popolo che fugge la povertà, la violenza. Che cerca qualcosa di meglio. Infiniti i discorsi contro Juan Orlando Alvarado, il presidente hondureño, e contro la sua politica di sfruttamento e oppressione. “Non c’è futuro in Honduras” ripetono in tanti, dal ragazzino di 15 anni che viaggia solo, alla famiglia coi bambini in braccio. La frontiera è solo una linea da passare, per ora. Ma in modo individuale è più difficile. I controlli sono tanti, non solo ai valichi “legali”, ma sulla strada per andare a nord, dove militari e polizia controllano pullman, macchine, combie, alla ricerca di migranti irregolari. La carovana è fatta per questo. È anche una protesta, se vogliamo. Contro il governo dell’Honduraas e la sua gestione economica. Contro le frontiere e il loro dispositivo di controllo e selezione. Una lotta, quella migratoria, che sembra sempre più spesso passare “dall’individuale” al collettivo. Perché uniti si è più forti. La carovana è auto-organizzata. “Qui non ci sono capi, nessuno si impone. Decidiamo tutti insieme, siamo tutti leader” dicono. Le scelte vengono prese in assemblea. Non ci sono strutture dietro. “Ci siamo uniti perché insieme siamo più forti. Vogliamo solo una vita più degna. Nei nostri paesi non c’è futuro. Questo cerchiamo con questa carovana.” “E che la politica dei nostri paesi la capisca”, sembrano aggiungere. La gente fugge perché la politica e l’economia abusano del loro potere togliendo tutto al popolo. Che soffre e muore di fame e violenza. Continua a leggere

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Torino – Dimezzata la sorveglianza speciale di Antonio

fonte: Macerie

Arriva oggi, a quasi un mese dall’udienza, la risposta della Corte di Appello di Torino che doveva pronunciarsi sulla Sorveglianza Speciale di Antonio. La commissione di giudici ha accolto in parte l’appello della difesa, riducendo la durata della misura da due anni a uno. Restano invece invariati i precetti cui il nostro compagno deve sottostare e che lo costringono, da agosto, a una vita sorvegliata.

E se da una parte i giudici motivano la riduzione asserendo che non ci sono nel curriculum penale di Antonio fatti di particolare gravità, dall’altra sottolineano che i suddetti fatti non possono di certo essere considerati occasionali ma frutto di una scelta ben determinata, dato che Antonio, e questo lo abbiamo gridato forte in corteo anche il 15 dicembre, in città ha sempre lottato accumulando così, denuncia dopo denuncia, misura dopo misura, un bel po’ di grane con il Tribunale. Ci sembra importante ricordarlo ora che la Procura ha richiesto altre Sorveglianze per motivazioni politiche. L’utilizzo di questo strumento repressivo si sta affinando sempre più grazie al lavoro di pm particolarmente dediti, facendo di Torino un caso eccezionale nel panorama italiano. E sapendo bene che ciò che la controparte affina e sperimenta su pochi prima o poi diventa arma di repressione generalizzata, l’unica scelta possibile è quella di schierarsi al fianco dei compagni e delle compagne colpiti dalla Sorveglianza per ribadire che di fronte allo Stato saremo sempre socialmente pericolosi.

macerie @ Gennaio 17, 2019

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Francia – Comunicato del CRA3 di Mesnil Amelot

tradotto da: A Bas les CRA !

Il 18 gennaio un gruppo di reclusi del centro di detenzione di Mesnil Amelot (al CRA3) ha deciso di scrivere un comunicato per denunciare la situazione che vivono.

“Siamo dei reclusi del CRA3 di Mesnil Amelot. Vogliamo denunciare quel che succede.
Qui ti legano come un animale quanto ti rispediscono indietro.
Quanto alle condizioni del centro, ci sono troppi problemi: i bagni, il mangiare, le docce ….
Tuttavia, la cosa più importante sono i voli nascosti.

Chiediamo di poter veramente fare domanda d’asilo quando lo si vuole.

Nulla va bene qui dentro.
Tutti i casi sono differenti ma per tutti c’è un unico problema: la prefettura.
I poliziotti ci maltrattano. Non ci sono dei veri medici quando sei davvero malato. Ti danno solo del paracetamolo. Quando sei malato, ti possono arrestare mentre vai in ospedale, e poi sei nelle loro mani. Qui ti danno del paracetamolo.
Ci catturano dovunque: andando in ospedale, uscendo di casa, sui mezzi di trasporto.
Non domandiamo altro che rispetto e libertà!
Chiediamo anche al prefetto di dire ai suoi poliziotti di comportarsi bene.
I voli nascosti qui sono un vero problema: ti legano, talvolta di mettono un casco.
La vita che facciamo qui dentro è impossibile.
Domandiamo la fine della procedura di Dublino, dei processi veloci, la fine degli arresti domiciliari. Il mangiare, quando te lo passano, è minimo andato a male. Il cibo è vecchio di almeno 5 giorni e lo riscaldano al microonde. È pieno di persone qui che arrivano anche a non mangiare per niente.
Bisogna smettete di parlarci del paese dei diritti umani, è la Francia che ha colonizzato noi. I francesi che vivono da noi non finiscono in un centro di reclusione.

Ci vogliono espellere in base a quanto stabilito dallo Stato, dai giudici e dai procuratori. Se ne fregano di noi. Ci portano direttamente qui e dimenticano le nostre storie.
Gli avvocati assegnati d’ufficio non fanno il loro lavoro. I giudici ti dicono solo “prorogato”!
Il giudice è sempre dalla parte del prefetto.

Noi chiediamo:
– Vero accesso alle cure
– La fine della procedura Dublino e delle procedure accelerate
– La fine dei voli nascosti
– Del buon cibo
– La fine degli arresti domiciliari – La libertà per tutti
Invitiamo tutti i reclusi del CRA a lottare come possono e a dimostrare il massimo della solidarietà dall’esterno!
Dei reclusi del CRA3

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Francia – La lotta nei centri di detenzione continua e si estende. Comunicato dei prigionieri nel CRA di Oissel (Rouen)

Traduzione da: A Bas les CRA

La lotta nei centri di detenzione (CRA) continua… e si estende! Oggi 11 gennaio è toccato al centro di detenzione di Oissel di entrare in sciopero della fame. Gli sbirri hanno capito la pericolosità di uno sciopero della fame che si estende da CRA a CRA. Oggi una persona, considerata leader della protesta, è stata convocata diverse volte dal direttore del CRA per mettergli pressione: divieto di visite se gli altri detenuti non riprendono a mangiare, trasferimento punitivo a Marsiglia lontano dalla famiglia… Due altri detenuti sono stati messi in isolamento nel CRA dopo aver rifiutato il pasto. Per il momento non si hanno notizie di loro.

Oggi uno dei prigionieri di Oissel ha anche raccontato una violenza che di solito passa sotto silenzio: le aggressioni sessuali dei poliziotti. Anche nel comunicato di Mesnil, i prigionieri testimoniano di una vittima di una violenza sessuale da parte della polizia, che da quel momento è stata deportata.

Le parole dei compagni si possono ascoltare per un’ora in questa trasmissione.

Qui il comunicato dei compagni:

“Oggi 11 gennaio, ci uniamo alla lotta nei centri di detenzione contro le condizioni di reclusione e le violenze poliziesche quotidiane. Siamo già in 40 in sciopero della fame.

Sulle condizioni di reclusione c’è molto da dire. Il cibo non è buono, niente è pulito. Quando mangiamo, le guardie ci guardano e utilizzano i loro smartphones. Abbiamo l’impressione che ci facciano fotografie, quello che è sicuro è che ci prendono in giro.

Ieri a un anziano di qui che mangiava lentamente, le guardie gli hanno messo pressione affinché finisse velocemente: “Hé India! Hé India! Sbrigati! Hai solo un minuto”.

Qui non ci rispettano. Per bere dell’acqua bisogna usare i bagni. Se ti ammali, chi ti cura? Non la polizia ad ogni modo! Ci trattano come degli animali, durante le visite la porta continua ad essere aperta e i poliziotti continuano ad ascoltarci. Continuano a vietarci ogni contatto con i/le carx, anche di dare un bacio alla tua donna. Continua a leggere

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Francia – Resoconto della manifestazione di lunedì 7/01 a sostegno di chi è in sciopero della fame a Vincennes: dentro/fuori

Traduzione da: A Bas les CRA

Dal 3 gennaio è cominciato uno sciopero della fame collettivo nell’edificio A2 del centro di detenzione di Vincennes. La stessa sera veniva pubblicato un comunicato che faceva appello alla solidarietà fuori dal carcere. (E’ stato tradotto qui).

Il 7 gennaio alle 18h è stato organizzato un presidio di solidarietà all’esterno per mostrare alle persone in sciopero che non erano sole! E ricordare agli sbirri che anche fuori si è solidali! Allo stesso tempo si manifestava anche negli edifici A2 e B2!

S., edificio B2. In sciopero della fame da 6 giorni dopo aver subito violenze dalla polizia.

Ho sentito tutti gridare ma la porta della cella era bloccata. Allora mi sono messo a batterci sopra. Quando le guardie hanno aperto, la porta blindata mi ha colpito alla testa. Visto che mi avevano picchiato alla testa la settimana prima quando mi hanno malmenato, ho pensato che fosse grave. Loro mi dicevano “non c’è sangue, non c’è nulla”. Non c’era bisogno di essere medici per sapere che quando c’è un’emorragia interna non si vede sangue. Così ho cominciato a battere sulla porta continuamente chiedendo di andare in infermeria.  Ad un tratto le guardie son tornate e mi hanno portato davanti l’infermeria. Dopo 2 ore… NULLA! All’improvviso mi rimetto a battere sulle porte e a fare rumore. E poi… giuro su mia madre, 5 guardie mi hanno preso e sbattuto in una cella di isolamento. È tutto come al solito, loro ti provocano…ti cercano… e ti umiliano. No ma lo giuro non avevo mai provato una tale umiliazione! Sapete è la 3 volta che mi aggrediscono qui. E questa volta mi hanno pestato in tanti. Ho la testa tutta gonfia … male dovunque. Poi mi hanno portato nell’edificio e non ho mai visto l’infermiere. Ma comunque c’era molto rumore nell’edificio. Tutti erano contenti”.
S. 07 gennaio, la sera dopo la manifestazione.

Per comprendere meglio: questo compagno era in sciopero della fame da qualche giorno. Con qualche altro detenuto avevano chiesto di parlare con l’IGPN (“la polizia della polizia”) per denunciare le violenze poliziesche subite nel CRA e poter andare all’ospedale per farsi curare. Il giorno della manifestazione era riuscito ad andare in ospedale, due giorni prima di lamentarsi con l’IGPN. La mattina dell’8 gennaio, alle 8, sei guardie sono venute a prenderlo per deportarlo con la forza.

“Anche noi abbiamo fatto rumore qui. Abbiamo manifestato! C’erano tante persone che hanno rifiutato di mangiare. Ieri c’era una persona molto malata che è dovuta andare in ospedale.  Ieri hanno deportato due ragazzi, degli europei di non so dove. Ehi ragazzi … bisogna occuparsi anche delle ambasciate! Sono loro che danno i lascia passare! Non c’è solo lo stato francese contro di noi”.
S., 8 gennaio al mattino, edificio A2.

All’esterno un messaggio che girava dopo la manifestazione:

Notizie della manifestazione di ieri: un corteo di una sessantina di persone si è recato a gridare la sua solidarietà con le persone in sciopero della fame del CRA2. Degli slogan che inneggiavano alla libertà per tuttx venivano urlati allo stesso momento dentro e fuori! C’è stato parecchio movimento dentro e l’8 gennaio il numero delle persone in sciopero è aumentato ancora! All’esterno intanto una persona è stata fermata dalla polizia mentre ce ne andavamo. Vi terremo aggiornati per organizzare la solidarietà per questo compagno! All’interno, almeno un compagno è stato malmenato dalle guardie mentre tante persone manifestavano. Questo compagno è stato deportato questa mattina, 8 gennaio alle 8h”.

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Torino – Espulsioni a inizio anno

Fonte: Macerie

Resistenza a Caselle
8 gennaio. Un marocchino, proveniente dal Cpr di corso Brunelleschi, viene portato all’aeroporto di Caselle per essere imbarcato sul volo per Casablanca. In attesa dell’aereo riesce a fuggire ai controlli, attraversare la pista di decollo e arrampicarsi su una torretta mete da cui, toltosi i vestiti minaccia di non scendere se non verrà annullata l’espulsione. La normale attività dell’aeroporto è bloccatta per un’ora e due voli in arrivo da Budapest e Monaco di Baviera vengono dirottati a Genova e Linate. Una volta ottenute le rassicurazioni che pretendeva l’uomo è sceso dalla torretta e portato in questura.
macerie @ Gennaio 9, 2019

Espulsioni a inizio anno
Quando M. martedì scorso si è arrampicato su quella torretta, nella pista di decollo dell’aeroporto di Caselle, era convinto mancasse solo un giorno alla scadenza dei termini di detenzione all’interno del C.P.R. di corso Brunelleschi. Un’ultima resistenza individuale, dopo le tante peripezie e proteste, tentate o riuscite, negli ultimi mesi insieme ai suoi compagni dell’area bianca, per costringere le autorità a rilasciarlo, magari come spesso accade con un decreto di espulsione. Era convinto mancasse solo un giorno, ma a nulla sono valse le ore ammanettato in commissariato e una condanna in direttissima per resistenza e lesioni. M. non sapeva che con la nuova legge sull’Immigrazione questo Governo ha raddoppiato i tempi di permanenza nei centri e così la polizia ha avuto tutto il tempo per organizzare al volo un’altra partenza e rispedirlo in Marocco da Malpensa.

Se la fine dell’ultimo anno è stata all’insegna delle resistenze individuali o di piccoli gruppi, l’inizio del 2019 celebra purtroppo le conseguenti punizioni: i due agitatori dell’ultima protesta dei detenuti dell’isolamento, dal campetto e sopra il tetto della sezione, sono stati prontamente espulsi.

Unica e magra consolazione è sapere che i posti all’interno del centro di Torino sono attualemnte ridotti a causa di alcuni lavori nell’area rossa.

Varrebbe la pena domandarsi, tra chi fuori è disposto a sostenere i reclusi e ad intaccare il funzionamento di questa macchina trita persone, come essere in grado nel prossimo futuro di costruire una forza che quantomeno funga da deterrente nei confronti delle ripercussioni perpetuate verso chi si ribella.

macerie @ Gennaio 11, 2019

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Gap – Altre due condanne per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. La frontiera uccide. La polizia è la sua arma. Il Tribunale il suo padrino.

Fonte: Chez Jesus – Rifugio Autogestito

(francaise en bas)

POLICE PARTOUT, JUSTICE COMPLICE

Altre due condanne per favoreggiamento all’immigrazione clandestina

La frontiera uccide. La polizia è la sua arma. Il Tribunale il suo padrino.

Ieri altre tre persone sono state condannate per favoreggiamento all’immigrazione clandestina al Tribunale di Gap. Due di loro sono impegnati da tempo alla lotta in frontiera, tra maraudes, presidi, manifestazioni.

Pierre è stato condannato a tre mesi con condizionale (sursis). Kevin a 4. Il PM ne aveva richiesti 6.

Kevin è stato anche accusato di “refus d’obtemperer” alle richieste della polizia quella sera, ossia di non essersi fermato subito al segnale dei gendarmi. La terza persona, è una donna non particolarmente impegnata nella questione della frontiera; è stata condannata a una multa per aver aiutato un migrante a passare il colle della Scala. Hanno fatto appello.

È chiaro che l’obiettivo del Tribunale e dei suoi giudici è di fare paura. Di rompere questo circuito di solidarietà diretta che esce dalle maglie dello Stato e delle istituzioni. Il “sursis”, è una specie di condizionale: se si ricommette lo stesso reato, allora scatta la pena precedente e la persona finisce in carcere.

La frontiera continua a separare, selezionare e rischia di uccidere ogni giorno. I suoi gendarmi giocano alla caccia al migrante sui sentieri, di notte come di giorno, e le persone per cercare di fuggire da essi scappano nella neve salendo la montagna e rischiando gli arti e la vita.

I maradeurs sono seguiti, spesso fermati, minacciati da processi e ultimamente condannati.

Ma la solidarietà non si arresta, perché la libertà non ha confini, e la terra non ha padroni.

Solidarietà ai detenuti al CRA di Vicennes, in sciopero della fame da giorni!

 

Police partout, justice complice.

Encore deux condamnations pour aide à l’immigration clandestine.

La frontière tue, la police est son arme, le tribunal est son parrain. Continua a leggere

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Tre settimane di rivolta per le strade del Sudan. Breve cronologia delle lotte (2)

Dal 14 dicembre scorso le popolazioni del Sudan scendono in strada per chiedere la fine della trentennale dittatura del generale Omar el-Bashir e del suo regime. A dare inizio alle proteste ragioni essenzialmente economiche (mancanza di petrolio e benzina, svalutazione della moneta e inflazione, aumento del prezzo del pane). Tuttavia, la protesta spontanea iniziata tra gli/le studenti universitarie nella città di Atbara, in cui venne incendiata la sede del partito di governo, ha finito ben presto per infiammare tutto il paese al grido di: “la rivoluzione è quello che il popolo ha scelto”. Sulla scia di quanto avvenuto nel 2011 in tanti paesi arabi, le persone si rivoltano in maniera autonoma e spesso spontanea contro la dittatura, la repressione, la corruzione, i soprusi delle forze di polizia e delle milizie fedeli al regime, e accusano apertamente Bashir di essere il responsabile di migliaia di morti nella guerra in Darfur, così come delle violenze contro le popolazioni del Sud Sudan e della Nubia. Medicx, farmacistx, professorx e studenti delle Università sono in sciopero da settimane.

Dopo due settimane di rivolte e la morte di decine di persone, il 1° gennaio la “Sudanese Professionals’ Association” – associazione che è riuscita a prendere la leadership nell’organizzazione delle proteste nel paese – ha pubblicato un documento chiamato “Dichiarazione per la libertà e il cambiamento” in cui si domanda:

1) L’immediata e incondizionata fine del governo di Omar Bashir;

2) la formazione di un governo di transizione di 4 anni che rappresenti realmente l’intera nazione (sono previsti anche 9 obbiettivi precisi che vanno dalla fine della guerra, al ritorno delle persone rifugiate, alle riforme economiche, all’istaurazione di un “modello di governo pluralista e rappresentativo”, all’indipendenza del sistema giudiziario, alla fine di ogni forma di oppressione e discriminazione contro le donne).

3) la fine immediata di tutte le forme di violazione dei diritti umani, incluso le leggi che restringono la dignità e il diritto alla vita del popolo del Sudan; la presentazione di fronte a un tribunale di coloro che hanno violato i diritti del popolo sudanese secondo le leggi interne e del diritto internazionale.

Alla pubblicazione di questa dichiarazione ha fatto seguito un calendario di proteste pacifiche che hanno visto aumentare la partecipazione e la determinazione popolare.

“Vattene e basta!”

Qui di seguito una breve cronologia di quanto avvenuto nei giorni tra il 1° gennaio e il 09 dicembre (abbiamo già raccontato quanto avvenuto nelle settimane precedenti il 1° gennaio). Continua a leggere

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Spagna – Comunicato del sindacato dei venditori ambulanti di Barcellona dopo l’ultima retata poliziesca

Traduzione da: Tras la manta

Nel pomeriggio di ieri con il pretesto della “sicurezza” la Guardia Urbana (la polizia municipale di Barcellona ndt.) ed il Mossos de Escuadra (la polizia dello stato della Catalogna ndt.) hanno condotto una grande retata per arrestare, confiscare e multare i venditori ambulanti in Piazza Catalogna.

Alla luce di quanto accaduto il Sindacato popolare dei venditori ambulanti respinge con fermezza l’uso della polizia e le misure repressive da parte della Generalitat catalana e del Comune di Barcellona, che generano solo dolore, persecuzione e carcere per le nostre compagne e compagni che cercano solo di guadagnarsi la vita nel modo più dignitoso.

Ribadiamo, come in tutte le altre occasioni, che non siamo delinquenti, né ladri, né criminali, né violenti, che è come veniamo descritti dai media mainstream e dalle diverse amministrazioni, che sempre si mettono d’accordo per perseguitarci, in questo non hanno differenze.

Inoltre, anche se i media non lo raccontano, dobbiamo segnalare che queste operazioni sono sempre all’insegna di abusi, maltrattamenti e razzismo da parte degli agenti di polizia, che da molti anni hanno accettato l’idea che non siamo persone o esseri umani con dei diritti, e di conseguenza ci trattano come animali.

In questo momento stiamo raccogliendo informazioni dai nostri compagni per avere maggiori dettagli sul danno provocato.

D’altra parte rifiutiamo pubblicamente l’uso politico dei venditori ambulanti da parte sia della destra che della sinistra, per cercare di ottenere voti alle prossime elezioni, crediamo che sia immorale e non etico strumentalizzare i migranti poveri per i loro fini elettorali o per le loro lotte di potere, dove quelli che ci perdono siamo sempre noi, non lo permetteremo e lo denunciamo ogni giorno. Continua a leggere

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