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UN’ALTRA CAROVANA MIGRANTI SFIDA I CONFINI
Migliaia di persone in viaggio tra Honduras e Stati Uniti
18 GENNAIO – STRADA TRA CIUDAD HIDALGO E TAPACHULA
Una fiumana di gente cammina al bordo della strada. Uomini, donne, bambini, vecchi. Qualche zaino, pochi bagagli. Direzione Stati Uniti. Sono in viaggio da 4 giorni. Circa 2-3 mila persone. Sono tanti. Sono partiti in più di 5mila da San Pedro Sula, in Honduras. Altre centinaia si sono aggiunte dal Guatemala e dal Salvador. Al confine tra Honduras e Guatemala prima di riuscire a passare sono stati repressi con gas lacrimogeni dalla polizia guatemalteca.
Il Messico ha “aperto” le porte. Il nuovo presidente eletto, Andrés Manuel López Obrador, “AMLO”, non avrà voluto sporcarsi mani e faccia ripetendo le violenti scene della precedente carovana, quando migliaia di persone sono state bloccate sul ponte di Tècun Uman, sul fiume Suchiate, e in seguito a scontri con la polizia si sono gettate nel fiume per passare.
La proposta fatta ai migranti di questa terza carovana era di registrarsi alla dogana, e attendere il visto. Alle persone che hanno accettato è stato rilasciato un braccialetto identificativo e sono stati fatti rientrare in Guatemala per 5 giorni in attesa di un promesso visto per un anno; per ora, sono ancora bloccate sul confine. In migliaia, circa 2-3mila persone, hanno deciso di continuare la loro strada rifiutando proposta e registrazione, denunciando il tentativo del governo di ingannarli bloccando la carovana in terra guatemalteca, in attesa di promesse in passato mai rispettate. Hanno fatto pressione per aprire la frontiera e hanno attraversato il confine tra il 17 notte e il 18 mattina, riprendendo a camminare.
Direzione: Tapachula, tappa forzata prima di continuare il viaggio a nord. 37 km a piedi. Sono arrivati, nella sera del 18, occupando la piazza principale di Tapachula per dormire. È la prima volta che la carovana non viene aiutata da nessuno.
A differenza delle altre carovane, e nonostante la retorica umanitaria di AMLO, nessuna organizzazione, né chiesa, né autorità locale hanno sostenuto il viaggio dei migranti. Nessun presidio medico né distribuzione di cibo è stata organizzata.
19 GENNAIO
Una buona parte della carovana è ripartita questa mattina. Alle 4 di notte ha ripreso la strada e ha iniziato il cammino verso nord. Sono arrivati a Huixtla in serata, dove si sono accampati. Hanno camminato 40 km. Un’altra parte della carovana è rimasta a Tapachula. Aspettano. Aspettano le oltre 3000 persone che sono ancora bloccate in Guatemala. Aspettano le oltre mille persone che stanno partendo con una nuova carovana dall’Honduras. Aspettano una nuova carovana che pare stia partendo dal Guatemala. “Dobbiamo restare uniti, ed essere tanti, insieme”. Se no la polizia e i narcos avranno gioco piu facile nel dividere, isolare. Controllare. Forse deportare, o rapire. La frontiera, quando non hai i documenti, è ovunque. È il bus su cui sali, la strada che prendi. I luoghi che puoi o non puoi frequentare. È la polizia.
20 GENNAIO
Un migliaio di persone continuano ad occupare la piazza di Tapachula. Continuano ad aspettare. Hanno improvvisato una mezza cucina da campo, ma la gente è tanta, il cibo poco. Molte le famiglie e i bambini. Intanto la massa di persone al confine messicano aumenta. Pare che siano tra le 5 e le 8mila. Alcuni guadano il fiume a piedi e arrivano a Tapachula. In migliaia restano bloccati in Guatemala. Domani scadono le 5 giornate di attesa che nella sua offerta il governo messicano aveva detto necessarie per il rilascio della visa di un anno. Si vedrà domani se rispetteranno la parola data. Conseguente sara l’azione dei migranti che si sono fidati e registrati. Intanto, il primo pezzo della carovana – circa 1000-1500 persone – è già più a nord, in Oaxaca.
LA CAROVANA
La forza della massa. organizzarsi insieme, per una vita migliore. Per passare la frontiera. Per non disperare nell’attesa di documenti. Prima c’era un treno tra Guatemala e Messico. La Bestia. Un buon modo per passare. È stato abolito qualche anno fa. Da allora la gente passa in diversi modi, i valichi informali sono tanti. Ma non tutti riescono. La carovana è un metodo quasi innovativo. Partire insieme, in massa. È come un popolo che migra. Un popolo che fugge la povertà, la violenza. Che cerca qualcosa di meglio. Infiniti i discorsi contro Juan Orlando Alvarado, il presidente hondureño, e contro la sua politica di sfruttamento e oppressione. “Non c’è futuro in Honduras” ripetono in tanti, dal ragazzino di 15 anni che viaggia solo, alla famiglia coi bambini in braccio. La frontiera è solo una linea da passare, per ora. Ma in modo individuale è più difficile. I controlli sono tanti, non solo ai valichi “legali”, ma sulla strada per andare a nord, dove militari e polizia controllano pullman, macchine, combie, alla ricerca di migranti irregolari. La carovana è fatta per questo. È anche una protesta, se vogliamo. Contro il governo dell’Honduraas e la sua gestione economica. Contro le frontiere e il loro dispositivo di controllo e selezione. Una lotta, quella migratoria, che sembra sempre più spesso passare “dall’individuale” al collettivo. Perché uniti si è più forti. La carovana è auto-organizzata. “Qui non ci sono capi, nessuno si impone. Decidiamo tutti insieme, siamo tutti leader” dicono. Le scelte vengono prese in assemblea. Non ci sono strutture dietro. “Ci siamo uniti perché insieme siamo più forti. Vogliamo solo una vita più degna. Nei nostri paesi non c’è futuro. Questo cerchiamo con questa carovana.” “E che la politica dei nostri paesi la capisca”, sembrano aggiungere. La gente fugge perché la politica e l’economia abusano del loro potere togliendo tutto al popolo. Che soffre e muore di fame e violenza. Continua a leggere→