Da Lampedusa a Kos, da Cagliari a Kalymnos: gli Stati fanno la guerra, i/le migranti sono in lotta per la libertà.

Lampedusa

Corteo a Lampedusa 11/8/15

Una settimana di proteste, manifestazioni, cortei e repressione nelle isole del Mediterraneo, che per la loro posizione sembrano sempre più trasformarsi in centri di identificazione e reclusione, dove migliaia di migranti lottano per continuare il loro viaggio e raggiungere, attraversando il continente europeo, le loro destinazioni.

 

Lampedusa

A Lampedusa l’11 e il 12 Agosto decine di minori migranti giunti con gli ultimi sbarchi sono usciti in massa dal centro di accoglienza per recarsi al porto commerciale, con l’intenzione di lasciare subito l’isola, così come gli era stato illusoriamente promesso. Sono stati fermati dalle varie forze di polizia che presidiano il centro accoglienza e la zona e dissuasi da alcune ONG (1). Negli striscioni che esponevano si poteva leggere la protesta contro l’identificazione forzata. Inoltre hanno espresso la volontà di partire tutti insieme e non separati (e dispersi) in piccoli gruppi, e l’intenzione di ricongiungersi con gli adulti con i quali avevano condiviso il viaggio verso l’Europa (2, 3).

Cagliari

Dal 6 Agosto centinaia di migranti, tra i quali molti eritrei, da poco arrivati in Sardegna , si sono diretti e accampati in piazza Matteotti e nella zona del porto prossima agli ingressi per tentare di imbarcarsi sui traghetti e lasciare l’isola senza farsi identificare. Nella trattativa è intervenuto il questore affermando che sarebbero potuti partire a piccoli gruppi ma “hanno il dovere di farsi identificare e fotosegnalare, agli adempimenti previste dalla legge non si possono sottrarre“ (4) . 

Cagliari, presidio dei migranti  al Comune 11/8/15

Cagliari, presidio dei migranti al Comune 11/8/15

L’undici Agosto in 200, soprattutto eritrei e sudanesi, si sono diretti in Comune, bloccando il traffico su via Roma, per tenere un presidio fisso, controllati a vista da decine di poliziotti, vigili e carabinieri. I giornali annunciavano poi la fine della protesta: dopo giorni di promesse ed illusioni istituzionali, ed ovviamente anche di minacce e ricatti, secondo la stampa la maggior parte dei migranti sarebbe tornata nei centri di accoglienza. Ed invece il giorno dopo, 12 Agosto, la protesta è continuata: nuovo spostamento in massa verso gli ingressi del porto, chiusi dalle autorità, e in seguito un corteo selvaggio percorre e blocca le strade di Cagliari, lungo viale la Plaia fino a via Roma, per terminare nuovamente in un presidio davanti al Municipio (5).

Cagliari, corteo selvaggio 12/8/15

Cagliari, corteo selvaggio 12/8/15

Il presidio è continuato per tutta la notte: “Siamo diventati dei prigionieri. Non abbiamo alternative: iniziamo lo sciopero della fame” hanno affermato i migranti, che continuano a lottare per partire senza farsi fotosegnalare (6).

Kalymnos

Kalymnos, protesta dei migranti 10/8/15

Kalymnos, protesta dei migranti 10/8/15

Nell’isola dell’Egeo il 10 Agosto duecento migranti si sono riuniti per protestare davanti all’autorità portuale. Da giorni sono bloccati sull’isola, con un caldo insopportabile e con un solo bagno e una doccia a disposizione per centinaia di adulti, neonati e bambini. Rifiutavano di farsi prendere le impronte digitali e volevano raggiungere il continente.

Nella repressione della protesta è stata segnalata la presenza, oltre che della guardia costiera, di “civili” armati di bastoni e fucili d’assalto: la minaccia di usare le armi ha costretto i migranti a ritirarsi. I giornali locali riportano anche il lancio di bombe carta per intimidire i migranti (7, 8).

 

Kalymnos, civili armati , 10/8/15

Kalymnos, civili armati , 10/8/15

Kos

Migliaia di migranti, (secondo alcune fonti 7000), per la maggior parte siriani ma anche afgani e africani, hanno raggiunto nelle ultime settimane l’isola greca, posta a pochi chilometri dalla costa della Turchia e per questo motivo abbastanza facilmente raggiungibile anche con imbarcazioni di fortuna. Nell’isola non è prevista nessuna forma di “accoglienza”, anche minima. Sono sorti decine di piccoli accampamenti improvvisati negli spazi pubblici dell’isola. Il sindaco dell’isola ha subito lanciato appelli per “liberare” questi spazi dalla presenza sgradita dei migranti, e le forze dell’ordine supportate da fascisti locali hanno provveduto a sgomberare la maggior parte dei campi e spostare con la forza migliaia di persone nello stadio dell’isola, dove avviene l’identificazione. Le proteste dei migranti contro l’identificazione, per i lunghi tempi di attesa e per la mancanza di tutti i beni primari (acqua, cibo, letti, servizi igienici) è stata repressa dalla polizia attraverso l’uso di granate stordenti e bastoni, minacce con coltelli, e in seguito anche con l’uso di estintori. Perso il controllo della situazione, le autorità e le forze dell’ordine hanno pensato bene di trasformare lo stadio in un vero e proprio campo di concentramento, chiudendo per un giorno circa 2000 persone all’interno dell’impianto sportivo senza acqua, cibo, ombra, letti e servizi igienici. Le richieste d’aiuto al governo centrale sono state subito soddisfatte: un aereo da trasporto C130 con a bordo due plotoni della polizia antisommossa MAT è stato frettolosamente inviato sull’isola. La celere ha presidiato l’ingresso dello stadio, reprimendo con manganelli e spray urticanti le proteste dei segregati.

I report di Medici senza frontiere, presente sul posto, insieme alle corrispondenze di alcuni giornalisti e attivisti locali, hanno rotto il muro di silenzio su quanto stava avvenendo.

Kos, striscione dei solidali

Kos, striscione dei solidali

MSF riporta di 6 feriti a causa delle violenze della polizia, di 26 persone con crisi di panico provocate dalle granate stordenti e dai gas lacrimogeni, e di 30 persone svenute per le terribili condizioni di detenzione.

Nelle ultime ore lo stadio è stato sfollato, ora all’interno sono presenti circa 150 persone , sopratutto siriani appena sbarcati, in attesa dell’identificazione.

 

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