Riceviamo e diffondiamo.
In questo fine anno 2018, momento in cui tradizionalmente la maggior parte delle persone sono prese dalle feste natalizie, le donne e gli uomini senza documenti detenutx nei centri di permanenza per il rimpatrio di tutta Italia stanno mettendo in atto forti e collettive forme di protesta contro la privazione della propria libertà: scioperi della fame e rivolte hanno interessato Torino, Roma, Bari e Palazzo San Gervasio, dove in seguito alla protesta due persone erano state arrestate con l’accusa di violenza e resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato. Da qualche giorno uno dei due uomini è rientrato nel Cpr perché il giudice non ha convalidato l’arresto, mentre l’altro è ancora in carcere.
E ancora nel Cpr di Palazzo San Gervasio (Potenza) la sera del 21 dicembre sei persone recluse hanno tentato la fuga: due sono riuscite a ritrovare la libertà, le altre quattro invece sono state catturate dalle guardie e ricondotte all’interno del lager. Uno di loro nel tentativo di fuga ha riportato ferite gravi alle gambe, tanto da non riuscire a camminare, e a tutt’oggi non ha ancora ricevuto cure mediche.
Gli uomini reclusi a Palazzo San Gervasio raccontano la tremenda situazione che vivono quotidianamente, e che sappiamo essere comune a tutte le strutture detentive di questo tipo: cibo scadente, acqua calda che va e viene, camere con vetri rotti alle finestre dalle quali penetra il freddo, assenza di visite mediche specialistiche. Inoltre il modo in cui è concepita la struttura ha l’intento di ostacolare la comunicazione e l’organizzazione collettiva tra i reclusi: il Cpr è suddiviso in moduli – nei quali vengono detenuti uomini sulla base del Paese di provenienza – separati tra loro da cancelli perennemente chiusi. I pasti vengono consumati all’interno della propria stanza, sul letto, e ogni modulo ha un passaggio verso una piccola zona all’aria aperta, separata dalle altre. I prigionieri non hanno quindi la possibilità di incontrarsi, e i contatti con chi è in un’altra area possono avvenire solo per via telefonica.
Nonostante tutte le difficoltà ci arriva forte la loro determinazione a non farsi annientare dal sistema di detenzione, controllo e sfruttamento delle persone migranti messo in atto dallo stato.
Il minimo che possiamo fare è sostenere le loro lotte e essere presenti sotto alle mura di questi lager per gridare forte che non sono solx.
Alcune nemiche e nemici delle frontiere