Abbiamo deciso di tradurre questo articolo rilanciato nello scorso Gennaio dal blog rabble.org in quanto ci sembra particolarmente attuale e interessante come spunto di riflessione, nonostante alcuni passaggi che non condividiamo. A distanza di soli due mesi, quello che era già ampiamente prevedibile è avvenuto: i paesi UE, all’unanimità, si sono accordati con la Turchia per detenere tutte le persone in arrivo nella Grecia, per poi deportarle indietro in Turchia. Gli altri migranti già presenti in Grecia vengono man mano portati nei campi governativi, gestiti da polizia e militari dell’esercito, in posti isolati, lontani dai centri abitati, e dove non è permesso l’accesso a volontari e media. I migranti cosiddetti economici sono reclusi nei 7 centri di detenzione. I solidali presenti nelle isole si interrogano su come continuare a supportare i migranti, ora che, appena sbarcati, vengono condotti direttamente nelle prigioni chiamate hotspot. Una prima manifestazione contro il centro di detenzione di Lesbo a Moria si è tenuta il 24 Marzo, e un corteo il giorno 26 al porto di Mitilene contro la deportazione, in quel momento in corso, dei migranti.
Traduzione da Rabble
Di seguito ripubblichiamo un articolo tratto dal blog “On the Refugee Trail”.
Questo articolo è scritto dal punto di vista di chi offre supporto umanitario alle/ai migranti lungo le frontiere della Fortezza Europa.
Su questo sito abbiamo spesso criticato l’approccio umanitario alla cosiddetta “emergenza-migratoria” (ad esempio in questo articolo).
Noi e altre/i compagne/i sosteniamo che la sola risposta efficace alla crudeltà del regime delle frontiere sia combatterlo attivamente, agendo per sabotare e distruggere i confini e il più ampio sistema di cui fanno parte: dalle recinzioni di filo spinato alle frontiere esterne, dai rastrellamenti alla detenzione all’interno dei campi, alle culture di divisione, silenzio e sottomissione che abbiamo interiorizzato.
Vediamo che molte delle persone accorse alle frontiere per aiutarne altre, giungono a conclusioni simili. Ė impossibile non notarlo, se si tengono gli occhi aperti anche solo un pochino vedendo (osservando) da vicino quel freddo mostro dello Stato e la sua palese brutalità, la retorica della democrazia liberale (dis)svelata nei suoi cinici trucchetti.
Contro le tenebre del fascismo che si sta riorganizzando in Europa, questa nuova ondata di persone mosse da amore e rabbia verso le frontiere, capace di auto-organizzarsi insieme alle persone senza documenti, potrebbe offrire delle possibilità per il futuro.
Quindi, il problema non è più “combattiamo i confini?” ma “come?”. Quali modi efficaci possiamo trovare per attaccare questo feroce sistema? Come possiamo abbattere insieme le recinzioni e distruggere il loro controllo sul nostro mondo e sulla nostra vita?
Cosa dovremmo fare quando verranno chiuse le frontiere?
Abbiamo cucinato zuppe, distribuito coperte, fornito informazioni, calore, cibo e speranza. È stato divertente, è stato tragico. Abbiamo cercato di dare un volto umano alla rotta balcanica. È stato intenso, gratificante, inestimabile. L’appoggio è stato sbalorditivo, vedere la solidarietà è stato magnifico. Ma ho paura che siamo sulla strada sbagliata. Mentre forniamo aiuto per salvare vite umane sul campo, i politici dall’alto delle torri di vetro di Bruxelles lavorano duramente superando le loro differenze per contenere, regolare, chiudere e rallentare l’arrivo di persone straniere in Europa. Lo stanno facendo con la burocrazia selvaggia, con i maremoti della storia che li spingono in avanti, crollando addosso ai movimenti solidali così come ai visitatori del nostro continente, spezzando la solidarietà, isolando i migranti da noi e dalla società. I migranti sono a poco a poco reclusi in campi e prigioni, contenuti come una malattia, per proteggere l’Europa dall’esposizione. Questo è il volto brutale di burocrazia e ordine, regolamentazione e isolamento, che non tollerano nessun supporto indipendente, nessuna informazione indipendente, nessun contatto indipendente.
Lo shock di un milione di stranieri ha dato le vertigini ai razzisti europei, spaccato e polverizzato la macchina burocratica. I super-controllori stati europei vogliono che questo disastro dell’irregolarità, di caos e di mancate registrazioni finiscano. Meglio un migrante annegato di uno non registrato. Meglio un bambino imprigionato che un bambino contrabbandato. Meglio tenerli in scatole bianche e tenere quelle scatole bianche dietro barriere di filo spinato con volontari – registrati, naturalmente – che tengano i migranti in riga. Meglio dividerli per nazionalità, genere, età, vulnerabilità, prendergli le impronte digitali e controllare quanto hanno sofferto, perché non è che accettiamo tutti qui. Scrivergli un numero sulla mano, etichettargli le unghie, contare le tazze di zuppa che hanno avuto, stampare i loro documenti, dargli trenta giorni di tempo per arrivare al livello 2 o è Game Over. Poi il loro viaggio comincia di nuovo, e quando arriveranno qui la prossima volta, il campo sarà un campo di detenzione, il distributore di cibo una guardia carceraria, la registrazione sarà per un volo di rimpatrio. E noi cuochi di zuppe e distributori di cibo dove saremo?
L’incapacità della Grecia e dell’Europa ha fatto sì che le persone pensino che questo non possa accadere. Ma questa è una speranza illusoria. Certo, la Grecia non è in grado di gestire le registrazioni, per non parlare della gestione di un milione di persone detenute. Ma il Grande Fratello Europa ha forza da vendere. I funzionari di Frontex stanno arrivando sulle isole come una piaga di cavallette nere, tormentando strutture di supporto non conformi, liberando la rotta dei Balcani dalla inadeguata Guardia Costiera greca e dai volontari insubordinati. A tempo debito, le tendopoli scompariranno e ci sarà un muro pulito, bianco, con un rotolo di filo spinato in cima ideale per essere riempito di graffiti con messaggi taglienti. Le persone bagnate e impaurite saranno qui rinchiuse, “trattate” e, quando usciranno, una trasformazione magica sarà avvenuta. Loro avranno la fortuna di diventare cittadini europei temporanei di seconda classe, pronti per l’espulsione non appena la loro catastrofe sarà terminata, o di diventare migranti economici inutili e senza diritti sanguisughe per la nostra benevolenza, o disgustosi stupratori opportunisti musulmani che non possono essere espulsi in fretta. E noi cuochi di zuppe e distributori di cibo dove saremo?
Piove e soffia il vento, ma ancora le barche trasportano migliaia di persone ogni giorno. Cosa succederà quest’estate? Non siamo gli unici a domandarcelo. Gli showmen d’Europa dicono di avere due mesi per ”salvare Schengen”, per far sopravvivere un progetto vecchio trent’anni, che ora sta crollando sotto il peso di un milione di persone senza documenti- lo 0,2% della popolazione europea. Molti migranti sono residenti in Libano, un paese di 4 milioni di abitanti! Se i migranti ci hanno portato a questo fino ad ora, come sarà dopo? La struttura infinitamente rigida del diritto europeo, l’ordine e la burocrazia, costruite faticosamente e con estrema cura in capo a cinquecento anni di colonialismo, schiavitù e oppressione, stanno andando fuori di testa completamente per questo minuscolo disturbo nella demografia del continente. Gli europei hanno costruito i loro stati come un bambino costruirebbe una casa di stuzzicadenti -col presupposto che nessuno entri a disturbare. Ora il più lieve soffio d’aria li sta facendo crollare. “Non riusciamo più ad affrontare questi numeri” ha detto il primo ministro olandese. Immaginate cosa dirà a giugno, quando l’Egeo sarà caldo e calmo.
Dobbiamo prepararci a questo. All’Europa son già saltati i nervi e si è data due mesi per salvare se stessa dai migranti. Solo la sua infinita incompetenza e la disunione hanno permesso ai migranti di viaggiare così a lungo. Ma con un governo quasi fascista in Polonia, un dichiarato razzista al potere in Ungheria (con una opposizione ancora peggiore) e con l’intera Europa centrale che aspetta solo una scusa per chiudere le frontiere, non possiamo più contare sulla speranza o sulla preghiera. Persino l’imperatrice d’Europa, Angela Merkel, ha provato e fallito aprendo le porte ai migranti. Stava navigando contro le tempeste di cinque secoli, contro le ondate di populismo, xenofobia e terrore che guidano gli stati attorno a lei, e il suo stesso partito.
Dobbiamo essere pronti per questa Europa che cerca, a casaccio e goffamente, ma con la determinazione di un ubriacone pazzo, di imprigionare migranti e fermare il loro arrivo qui. In Europa i due ventricoli della società razzista e della burocrazia maniaca del controllo si rafforzano a vicenda, pompando la loro insidiosa ideologia in tutto il continente. Quest’ultima viene vomitata dalle espressioni delle persone comuni: “non c’è posto per loro qui”,”non si integrano”,”sono tutti stupratori”,”aprire le frontiere non funziona”,”serve un po’ d’ordine qui”, “ci rubano il lavoro”, “più li salviamo, più ne arrivano”. L’Europa ha costruito se stessa dando per scontato di essere al sicuro dagli stranieri. Ora è in crisi esistenziale. E, come un topo chiuso in un angolo, farà a pezzi tutto e di più per salvare se stessa. Non risparmierà alcun diritto, né alcun migrante che troverà sulla sua strada.
Dobbiamo essere preparati a questo. Lo Stato ha beneficiato del fatto che abbiamo dato vestiti asciutti a chi era bagnato, dato da mangiare alle persone del campo, distribuito coperte alle persone che dormono al freddo sotto il cielo stellato. Ma adesso gli siamo d’ostacolo. Stiamo dando alle persone un motivo per essere solidali. Stiamo costruendo relazioni con coloro che non dovrebbero essere qui. Lottiamo per loro, a volte una sola persona alla volta, per farlo fino alla frontiera successiva. Ora siamo diventati bersagli.
Dobbiamo unirci, comunicare, conoscere i nostri punti di forza e attaccare il razzismo, l’esclusione e la separazione che lo stato ci impone. L’Europa sta dandosi due mesi di tempo per salvare se stessa. Noi cosa faremo?