Fonte: Macerie
Di seguito riportiamo un’interessante descrizione e analisi di un compagno che nei tempi di repressione ha studiato gli apparati che si occupano di gestire i flussi migratori, dove tratta della gestione “logistica” che si sta cercando di imprimire agli uomini e alle donne che intraprendono il viaggio della fortuna verso l’Europa. Sarà uno dei due contributi di sua penna che pubblicheremo nei prossimi giorni, scritti nati dall’esigenza di comprendere quali livelli burocratici e operativi si concretizzino in strutture come il Cpr e di come vengano da una governance internazionale che si avvale delle nuove tecnologie così come delle retoriche politiche, che siano queste palesemente repressive o con sfumature più umanitarie.
Come Amazon: il modello logistico su chi immigra in Europa
Ogni giorno le frontiere esterne dell’Unione Europea sono interessate da flussi e movimenti: i porti, gli aeroporti e i valichi terrestri sono i luoghi fisici del passaggio di merci e ogni anno di milioni e milioni di persone. Lo spazio Schengen, infatti, è un forte polo d’attrattiva per gli scambi e per il transito di numerose categorie di soggetti portatori ognuno di valori, investimenti e consumi differenti.
I turisti, i manager, gli studenti, i trasportatori, i lavoratori a termine rappresentano un’immagine dominante, quella del cuore di questo movimento e, nello stesso momento, una parte del carburante necessario al sostentamento del sistema economico nostrano. Per questo genere di persone le frontiere sono tutt’altro che chiuse e l’immagine della Fortezza Europa un problema assai remoto. Accompagnata a questa vi è poi un’altra immagine mendace, prodotta soprattutto dal discorso mediatico e politico, che vedrebbe nell’Europa un territorio assaltato da orde di barconi. In realtà la quasi totalità del flusso migratorio in entrata, composto da chi diventerà presto irregolare, è rappresentato da un attraversamento di persone provviste di un visto d’ingresso. Un panorama, quindi, assai più sereno, meno caotico e minaccioso per l’attrattività bulimica di televisioni e social. In modo speculare ai profili sopracitati, emerge, principalmente come target di una sovraesposizione mediatica in termini allarmistici, la massa degli escludibili, di chi preme alle frontiere e attraversa il mediterraneo rischiando la propria vita, di chi per status, spendibilità sul mercato o presunta pericolosità sociale, vede costruirsi attorno a sé l’abito dell’indesiderabile.
Di fronte a questo gruppo umano, prende consistenza il muro, la divisa, l’ostacolo insomma.
Approcciarsi alla questione migratoria, attraverso il netto e rigido schema interpretativo dell’aperto\chiuso, dal quale deriva la seducente, ma errata immagine della Fortezza, non aiuta a comprendere in pieno i meccanismi, le modalità e gli scopi attuali della frontiera europea. La Forteresse, insomma, non esiste in modo continuativo, più precisamente si palesa e opera a seconda del profilo economico e sociale della persona che sta tentando di eludere o varcare il confine.
Un tentativo descrittivo adeguato dovrebbe piuttosto esprimersi in termini di selettività, filtraggio e, in fin dei conti, di governance dei flussi. Attraverso questo frame emergono alcune nuove rappresentazioni come quella dello smart border e all’orizzonte, con un minimo di azzardo, la metafora della logistica. Questi concetti offrono un panorama molto diverso da ciò che si è spinti ad osservare, permettendo di cogliere dinamiche e meccanismi di selezione e management, messa a valore e sfruttamento della massa migrante, categorizzazione e concentramento fisico che non sono di immediata percezione. Si può delineare così una logica che lega tra loro i differenti luoghi del mondo migrante sparsi sul territorio europeo, siano essi gli snodi di transito del traffico, i centri d’accoglienza, i campi di lavoro, i centri per la detenzione amministrativa dei migranti o semplicemente le strade delle grandi città. Continua a leggere→