Campeggio itinerante “Passamontagna” – Programma dal 19 al 23 settembre

fonte: passamontagna.info

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Trieste – 8 settembre – Presidio contro l’apertura del CPR e assemblea per una manifestazione a Gradisca

l decreto Minniti-Orlando (qui) sulla protezione internazionale e l’immigrazione (2017) prevede, tra le altre cose, l’estensione della rete dei centri di detenzione di migranti “irregolari”. I Centri permanenti per il rimpatrio (CPR) sostituiscono i CIE (Centri di identificazione ed espulsione), aumentandone il numero: l’obiettivo della legge è la creazione di 20 CPR (uno per regione), per un totale di 1.600 posti.

I CPR – come già i CIE e i CPT – sottopongono a regime di privazione della libertà per il solo fatto di non possedere un permesso di soggiorno. Chi viene rinchiuso nei CPR si trova in uno stato di detenzione, privata/o della libertà personale e sottoposta/o ad un regime di coercizione, subendo giornalmente vari tipi di soprusi da parte dei dipendenti delle cooperative e delle imprese che gestiscono e speculano sui CPR.

La finalità della reclusione nei CPR è formalmente il rimpatrio, opzione inaccettabile per chi si è trovata/o costretta/o a giocarsi la vita per attraversare frontiere; più in generale, la finalità dei CPR è rafforzare il mantenimento di tutta la comunità di non cittadine/i in una condizione di inferiorità legale, terrore, ricattabilità e sfruttabilità.
Attualmente sono 5 i CPR aperti in Italia: Bari, Brindisi, Ponte Galeria (Roma), Palazzo San Gervasio (PZ) e Torino. In alcune città dove si intende aprire un CPR – come Montichiari (BS) e Modena – le persone migranti e native stanno creando reti di opposizione e mobilitazioni sul territorio per impedirne l’apertura.
In FVG, il presidente Fedriga ha dato la disponibilità all’apertura di ben più di un CPR, accogliendo il sostegno dei sindaci di Trieste, Udine e Gorizia (qui). Tuttavia la scelta di dove aprire il primo è per ora ricaduta su Gradisca d’Isonzo, dove c’è un ex CIE oggi parzialmente utilizzato come CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati). Il CPT/CIE di Gradisca, noto per essere tra i più terribili, era stato aperto nel 2006 e chiuso nel 2013 grazie alle rivolte portate avanti dai migranti rinchiusi al suo interno.

In queste ultime settimane sono iniziati trasferimenti di persone dal CARA di Gradisca di Isonzo e sono parzialmente cominciati i lavori per adibire la struttura a CPR. Il cantiere è stato direttamente affidato, per un importo pari a 2.750.000.000 euro, al 1° Reparto del Genio dell’Aeronautica Militare, saltando i tempi delle gare d’appalto ed enfatizzando la retorica emergenziale e la pratica di guerra al migrante (vedi qui).

La gestione dell’attuale CARA da parte della cooperativa Minerva, nota per i subdoli maltrattamenti riservati dai suoi operatori ai richiedenti asilo, scadranno a fine 2018. Gli accordi attuali tra Comune di Gradisca e Regione sono che a quel punto verrà chiuso il CARA ed aperto il CPR ad inizio 2019.
Ci opponiamo e ci opporremo totalmente alla creazione e all’apertura di un CPR e sappiamo che unendoci, organizzandoci e coordinandoci tra tutte/i le antirazziste/i e le/i solidali della regione possiamo bloccarne l’apertura. Per questo dopo due partecipati incontri in-formativi organizzati a Trieste contro il CPR lanciamo ora due ulteriori appuntamenti in preparazione di una prima manifestazione regionale. Invitiamo inoltre tutte le realtà e le persone antirazziste in regione ad agire nelle varie città in questo senso.

MARTEDÌ 21 AGOSTO h.19:00: Assemblea informativa e dibattito aperto su come opporsi al progetto CPR. C/O Piazza Goldoni.

SABATO 8 SETTEMBRE:
– h. 17:00: PRESIDIO CONTRO L’APERTURA DEL CPR IN PIAZZA UNITÀ D’ITALIA (TRIESTE).
– H. 20:00: ASSEMBLEA REGIONALE IN PREPARAZIONE DI UNA PRIMA MANIFESTAZIONE A GRADISCA CONTRO L’APERTURA DEL CPR.
— portati dove sederti ! —

Coordinamento abbasso-le-frontiere

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Clavière / Montgenèvre – Blocco della frontiera italo francese in risposta alle aggressioni notturne

fonte: Chez Jesus

Sulla frontiera tra Claviere e Montgenevre è stata un’altra notte di caccia al migrante. Giovanissimi gendarmi e militari, razzisti e spavaldi continuano a giocare alla guerra sui sentieri di montagna nascondendosi tra le rocce e cercando di terrorizzare le persone di passaggio. L’ennesima aggressione ad un gruppo di ragazzi, altre ferite, altri punti di sutura.
È per questo che ieri abbiamo scelto insieme alla “Fanfare Invisible” di Parigi di bloccare per circa un’ora la turistica e trafficata frontiera italo-francese.

Questo è il volantino che è stato distribuito:

La Frontiera al quotidiano
All Cops Are Borders

Claviere è un paese italiano a due chilometri dalla frontiera francese. Dall’inverno scorso, è un luogo di passaggio per i migranti che vogliono entrare in Francia. Da qualche settimana le violenze alla frontiera si sono intensificate: militari e sbirri rubano, picchiano, minacciano e insultano coloro che fermano senza documenti.

I cow-boys in montagna

La presenza poliziesca e militare sui sentieri di montagna è aumentata; per coloro che prendono questi sentieri ci sono fermi violenti, soprattutto di notte, umiliazioni, dei “se ti muovi sparo”: così come delle pratiche che provocano la messa in pericolo immediata delle persone coinvolte.
Per attuare questi fermi le forze di polizia sono ben equipaggiate: visori notturni, cani, quads.
Da qualche giorno anche i militari sono tornati sui sentieri. Giocano a fare la guerra, si allenano facendo la caccia al migrante di notte accompagnati dai poliziotti della PAF, che amano minacciare e picchiare la gente di passaggio.
Il 7 maggio scorso Blessing Matthews è morta affogata nella Durance cercando di scappare dalla polizia.

Pestaggi

Durante i fermi, la polizia di frontera si dà sempre più regolarmente ad atti di violenza, in particolare per forzare le persone fermate a dare le impronte digitali. Di seguito, una testimonianza raccolta il 13 agosto da un giovane di 16 anni fermato, che rifiutava di dare le sue impronte:
“Hanno cominciato a picchiarmi per obbligarmi a dare le mie impronte. Una volta, poi una seconda volta, più forte. Due persone sono venute a dare rinforzi. Si sono messi in quattro per fermarmi, per forzarmi ad aprire le mani, due da ogni lato. Io ho resistito. Allora uno dei quattro polizziotti mi ha preso per la nuca e mi ha sbattuto in terra. Io gli o detto che potevano anche uccidermi ma non avrei dato le mie impronte. Allora mi hanno caricato su una macchina e mi hanno buttato in strada giusto dall’altro lato della frontiera, in Italia. Sono restato lì a terra, 30/40 minuti. Avevo troppo male per alzarmi, poi mi hanno trovato due persone e hanno chiamato un ambulanza”
Quotidianamente le persone di passaggio vengono umiliate con perquisizioni corporali anche nellle parti intime e vengono umiliate con insulti e un razzismo espresso apertamente.

I responsabili politici ci martellano con le solite parole, che viviamo in uno stato di diritto. Ci teniamo a far comprendere cosa significa questo qui, nel caso particolare della frontiera : significa ronde, battute di caccia al migrante, umiliazioni e diritti violati per migranti e senza documenti.
Sono anche 10 anni di prigione per chi ” aiuta al passaggio in banda organizzata”, per chi lotta contro questo dispositivo e contro chi lo rappresenta. Sono le intimidazioni e la messa in pericolo sistematica delle persone di passaggio, l’unico “ordine democratico” della frontiera.

Queste non sono eccezioni, né anomalie: tutti questi fatti costituiscono altrettanti esempi di quella che è la politica frontaliera europea. Sono le pratiche quotidiane delle persone e delle istituzioni che invocano lo stato di diritto per meglio giustificare la violenza necessaria al loro potere.
Di fronte alla violenza della polizia, dello stato, noi continueremo a passare le frontiere, a combatterle, a bucarle.

français:
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Belgio – Apre il nuovo centro di espulsione per famiglie: detenuti 4 minori (ma incarcerare minori è una vecchia prassi UE)

Il 14 agosto scorso una prima famiglia di nazionalità serba con quattro figli minori nati in Belgio nel 2012, 2013, 2014 et 2017, è stata rinchiusa nel nuovo lager per famiglie migranti (centre fermé) aperto dal governo belga.

Nei giorni scorsi è arrivata la notizia che la loro espulsione è stata annullata all’ultimo momento. Ieri (23/08) una minore eritrea di 16 anni è stata espulsa verso l’Italia (procedura Dublino), contro la sua volontà e sotto scorta. A nulla è valsa la presenza di qualche attivista che ha cercato di sensibilizzare passeggerx e piloti del volo Bruxelles Airline.
Il giorno dopo centinaia di persone si sono riunite di fronte al Manneken Pis, il monumento più celebre di Bruxelles, per protestare contro la detenzione di minori e per chiedere la chiusura immediata di tutti i Centri di espulsione. In questo mese e nel prossimo seguiranno altre manifestazioni e azioni contro la politica migratoria del governo, le violazioni e le violenze di cui sono vittime le persone migranti sul territorio belga.
Il 19 agosto alcune attiviste del Collectif Anonyme hanno invaso la Gran Place di Bruxelles con uno striscione in cui era scritto: “Questo non è uno scandalo, carcerare bambinx lo è!”. Le due ragazze sono state arrestate, interrogate e poi liberate. Rischiano dagli 8 giorni a un anno di galera per l’accusa di “offesa alla morale pubblica”.
La detenzione di minori, tuttavia, non è una novità in Belgio (come altrove). Un post pubblicato dal blog Getting the voice out mette in evidenza come nel lager per migranti “Caricole” di Bruxelles, esistano delle celle dove la detenzione di bambini e bambine è una prassi da lungo tempo. Con la differenza che rispetto al nuovo Centro per famiglie, i minori vi possono restare massimo 48 ore (almeno così recita la legge) prima di essere espulsi.
Qui di seguito la traduzione del post:

Dei minori nel Centro Caricole, ancora e sempre.
Chiamata del 19/08 di un detenuto:
“1 famiglia brasiliana con due minori, 1 bambina di 2 anni e un bebè di 8 mesi, questa mattina non c’è più.
1 altra famiglia con un bambino di 4/5 anni va via prima della colazione. Il bambino ha girovagato nei corridoi questa notte chiamando sua mamma. Molte famiglie sono arrestate a Charleroi”.
…………………………………………………………………………………………………………………………………
18/08/2018
Dal momento della sua apertura, il Centro “Caricole” (centre fermé, vicino l’aeroporto di Bruxelles) comprende differenti camere (che altrx chiamano celle) dette “familiari”. Queste celle hanno annesso uno spazio leggermente separato per farvi dormire le/i bambinx. Sono separate dal resto degli altri spazi da alcune porte chiuse a chiave e fornite da una finestra d’osservazione.
La reclusione di famiglie con minori dentro al centro è una pratica comune da tanto tempo, ma le autorità si erano impegnate a non tener conto che di detenzioni di corta durata. Si dice che queste reclusioni durano tra le 24 e le 48 ore, in attesa di un volo d’espulsione già programmato. Ci è stato detto precedentemente che la durata di alcune di queste detenzioni potevano anche superare le 48 ore.
L’arresto di famiglie con bambinx, che minaccia la loro integrità psicologica e li traumatizza anche gravemente, si va sviluppando. Come confermano questo 17 agosto 2018 le nuove testimonianze di due persone detenute al Caricole da qualche tempo:

“Da quando sono al Caricole, ho visto numerosi minori arrivare con le loro madri, cosa che mi disgusta, tra cui una donna, oggi, una donna con un bambino che apprende a camminare. In generale restano una notte o due, poi sono mandati altrove. Ho anche visto una Palestinese, una mamma georgiana e 2 donne africane, …”

In un’altra testimonianza:

“Le precedenti settimane ho visto:
– Una donna anziana, russa penso, con una bambina di circa 5 anni. Sono rimaste sabato e domenica e sono ripartite lunedì.
– Una donna marocchina con suo figlio di 11 anni che sono restate 24h (circa dodici giorni fa) e sono state espulse verso il Marocco.
In questa settimana:
– Una donna dell’Europa dell’Est o russa, d’una trentina d’anni con sua figlia di 2 anni e mezzo o 3. Hanno passato 4h là oggi e poi sono ripartite.
– Una donna del Medio Oriente, con sua figlia di 14/15 anni che son rimaste 24 ore.
– Una donna africana d’una trentina d’anni, con sua figlia di 5 anni. Hanno passato l’ultima notte al Caricole, poi sono partite.

Questa pratica un giorno, magari dopo l’ennesimo dramma o reportage shock, definita come “sospensione della legge”. Non lo è affatto, si tratta semplicemente della volontà del nostro governo di espellere uomini, donne e bambinx, qualsiasi sia il prezzo (umano) da pagare. Una rinuncia a ogni etica, una disumanizzazione, un universo kafkiano per le sue vittime che mira unicamente a ottenere qualche bella cifra da agitare davanti l’elettorato più reazionario e cretino. Una cortina di fuma per il governo Michel e il suo luogotenente Francken.
Nelle nuove istallazioni di detenzione per famiglie del Centro 127bis, la differenza sta nella durata della detenzione, che potrà essere lunga, o senza dubbio ancora più lunga. “Appositamente costruiti” questi spazi permetteranno di aggirare la legge, la forma premendo sulla sostanza, lo spirito della legge che mira a proteggere i minori passa nel dimenticatoio. Ecco cosa fa chi ci governa, buttando del fango su tuttx. Triste Belgio.

È per questo motivo che ricordiamo ancora una volta che nessun arresto amministrativo nei Centri di espulsione sarà mai legale.

No ai centres fermés

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Egitto – La complicità italiana col regime e aggiornamenti dalle carceri

Lo scorso 5 agosto il ministro degli esteri italiano ha incontrato il suo omologo egiziano. Oltre a discutere dell’assassinio di Giulio Regeni ostentando tutta la loro complicità, i due ministri hanno affrontato sia la questione della guerra e delle elezioni in Libia, sia il tema del blocco dei flussi migratori. Non si tratta di una novità: già nel dicembre 2017 l’allora ministro degli interni Minniti aveva incontrato il presidente dittatore al-Sisi per parlare degli stessi argomenti. Nel settembre dello stesso anno è stato firmato un accordo tra i due ministri degli interni in cui l’Italia si impegna ad addestrare al Cairo personale di polizia di 22 paesi africani specializzati in “migrazione illegale”.
Durante l’ultimo incontro non si sono registrate sostanziali novità. Il ministro Shoukry si è limitato a confermare gli “ottimi rapporti con il governo italiano”, sottolineando che fin dal settembre 2016 l’Egitto ha mantenuto i suoi impegni come partner di primo piano dell’Unione Europea nella gestione e controllo di quella che chiamano “crisi migratoria”. Nonostante ciò il paese rifiuta di installare (insieme a Tunisia e Algeria) nel proprio territorio dei campi per rifugiati(i campi richiesti dall’Ue dove trattenere e selezionare le persone migranti). Continua a leggere

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Marocco – Dopo accordi bilaterali, violenze e deportazioni di migranti subsahariani

In questi ultimi giorni le autorità marocchine hanno rastrellato gli accampamenti siti nelle foreste nei dintorni delle città, e in alcuni quartieri  di Nador, Tangeri e Tétouan – vicino alle città spagnole di Ceuta e Melilla  – e arrestato centina di migranti. È proprio nei pressi di queste due città che negli ultimi mesi sono nati dei grandi accampamenti di persone migranti. Testimonianze dal posto parlano di “caccia all’uomo” e dicono che almeno 1600 – 1800 persone sono state arrestate e poi dislocate con la forza nella città di Tiznit (a 800 km di distanza da Tanger, circa 10 ore di viaggio in bus), o più a Sud nelle città di Agadir, Errashidia e Marrakesh nel deserto a sud del paese. Alcunx di loro sono statx abbandonatx lungo il tragitto nella zona desertica di Benguerir a oltre 500 km da Tanger, dove risiedevano. Almeno due persone sono morte. I due hanno cercato di lanciarsi dal bus che li stava deportando. I/le migranti, tuttx di origine subsahariana, hanno subito forti violenze da parte della polizia e successivamente da bande di criminali che hanno saccheggiato anche i loro averi e le loro case. Decine le persone ferite. Nemmeno donne incinte e bambini sono stati risparmiatx. Lo scenario è lo stesso di quello accaduto nelle città costiere algerine qualche mese fa. Del resto, lo stesso Marocco non è nuovo a questo tipo di operazioni di deportazione o trasferimento forzato di persone migranti verso accampamenti al Sud del paese. Negli ultimi mesi, le autorità marocchine hanno anche distrutto diversi spazi auto-organizzati, come il campo di Fes, dove la gente si rifugiava per scappare dalle continue violenze di Stato e razziste. Secondo l’Associazione marocchina per i diritti umani (AMDH) questi arresti sono del tutto illegali anche perché avvengono senza alcun mandato giudiziario, specificando soprattutto che “il Marocco, la Spagna e l’Unione Europea ne sono i responsabili”.  Continua a leggere

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Torino – Proteste, tentativi di evasione e un presidio venerdì 17 agosto davanti al CPR

Fonte: Macerie

Dopo la rivolta di settimana scorsa non si raffreddano gli animi nel Cpr di Torino; la struttura continua a essere stracolma con quasi 200 persone rinchiuse. Nonostante le forti proteste e l’inutile visita dell’ispettore intervenuto successivamente a rassicurare, nulla è cambiato delle condizioni di detenzione: la razione giornaliera di acqua è sempre di un litro a testa, sempre calda, il cibo fa schifo e le richieste di visite mediche vengono costantemente negate. Anche in altri centri i reclusi non stanno con le mani in mano ad attendere la fine dell’estate: a Palazzo San Gervasio (Pz) scioperi della fame e proteste contro le deportazioni sono all’ordine del giorno.

A Torino molti reclusi si tagliano per protesta, altri preferiscono salire sui tetti tra lo sguardo annoiato dei charlie, mentre qualcun altro tenta la via della fuga.

Negli ultimi giorni sono stati due i tentativi di evasione che hanno avuto, purtroppo, esito negativo con uno dei due ragazzi sbattuto in isolamento. Mentre ieri un altro ragazzo si è tagliato costringendo gli operatori a chiamare l’ambulanza per portarlo all’ospedale. Da dentro ci fanno sapere che in giornata la polizia è entrata per prendere la sua roba e di lui al momento non si sa nulla.

Al momento gli atti di protesta si concretizzano per lo più in maniera isolata e attraverso azioni di autolesionismo non si può negare che l’aria che si respira all’interno del Cpr sabaudo sia piuttosto tesa.

Come pure la repressione in città che non molla la morsa sopratutto intorno alla stazione di Porta Nuova. Da diversi mesi i controlli della stazione sono più serrati e agenti di polizia pattugliano dentro e fuori alla ricerca di “molesti e accattoni”, per lo più dalla pelle scura. Giovedì 9 agosto poi è andata in scena un’operazione in grande stile tra il pop e il grottesco: la “Summer clean station” che ha visto impegnati oltre 50 sbirri in stazione e nelle vie limitrofe e ha portato all’identificazione di 158 persone. Se la quotidiana guerra ai poveri in città non si placa con la calura estiva sta anche a chi è rimasto incastrato tra le torride architetture urbane fare la sua parte. Di fronte alle urla di libertà che si levano dal Cpr torinese, ai numerosi episodi di insubordinazione e ai pestaggi, quotidiani o straordinari, che chi si ribella subisce come reazione da parte della polizia, si dovrebbe perlomeno provare a farsi sentire.

Invitiamo tutte e tutti venerdì 17 agosto alle ore 16 sotto le mura del Cpr per un presidio in solidarietà ai reclusi.

macerie @ Agosto 13, 2018

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Palazzo San Gervasio (Pz) – Nel CPR ancora proteste e resistenze contro le deportazioni

Dopo lo sciopero della fame portato avanti il 23 luglio dai reclusi nel CPR di Palazzo San Gervasio, lo scorso mercoledì 8 agosto una nuova protesta ha visto protagoniste due persone, le quali intorno alle 19.30 si sono arrampicate sul tetto dei moduli della struttura, hanno divelto una telecamera, spostato verso l’alto i fari che illuminano il piazzale e resistito come potevano ai tentativi delle forze dell’ordine di farli scendere. La situazione purtroppo si è conclusa con l’arresto dei due e il loro trasferimento nel carcere di Potenza, con l’accusa di violenza, minacce e resistenza a pubblico ufficiale. 

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Belgio – Violenta deportazione impedita dai e dalle passeggerx

Sabato 11 agosto è entrato in vigore il decreto reale che permette di nuovo la detenzione di famiglie con minori al seguito, al fine di espellerli dal paese. Dei nuclei familiari sono stati già trasferiti presso il CIE 127bis di Steenokkerzeel (Bruxelles), accanto alle piste dell’aeroporto nazionale. Nei prossimi giorni è previsto il loro trasferimento nella sezione del lager per migranti riservato alle famiglie. Una grossa mobilitazione di singoli, gruppi e associazioni è in atto da mesi. Negli scorsi giorni sono state fatte alcune azioni. Un sit-in nel centro di Bruxelles è previsto il giorno in cui la prima famiglia varcherà i cancelli del lager.

Maggiori informazioni si possono trovare in questi indirizzi facebook: Collectif Crer, Semira Adamu 2018.

La scorsa domenica 5 agosto la polizia ha tentato di espellere per la terza volta un migrante di nazionalità algerina, in Europa da 13 anni. L’espulsione è fallita solo grazie alla tenacia e al coraggio dell’uomo aiutato dalla mobilitazione di un gruppo di solidali che si è recato in aeroporto per avvisare della deportazione i passeggeri del volo. L’uomo è stato comunque aggredito, percosso e offeso dalla polizia. Qui di seguito la traduzione del resoconto scritto dai/dalle solidali.

Deportazione violenta impedita dai/dalle passeggerx.

Traduzione da Getting the voice out

Un uomo detenuto nel CIE (centre fermé) Caricole ci chiama d’urgenza. È il 5 agosto alle 10 del mattino. Gli è stato detto che sarà espulso alle 4 dello stesso giorno sul volo TUI in partenza da Charleroi verso Algeri. L’uomo viene messo immediatamente in prigione.

Il signor A. è un uomo di 35 anni, nato ad Algeri, in Europa dal 2004. Ha vissuto prima in Italia e da 6 anni vive in Belgio. Lavora in un cantiere edile come manovale. Ha sempre lavorato, soprattutto nei grossi cantieri edili di Anversa e del centro commerciale del canale a Bruxelles per 9 mesi, prima di essere recluso a Merksplas, poi a Bruges e infine al Caricole presso Steenokkerzeel (Bruxelles). L’uomo non ha mai avuto un contratto di lavoro e dunque non possiede né documenti, né protezione sociale.

Il 5 agosto è il suo terzo tentativo di espulsione, gli è stata promessa una scorta di polizia. In effetti, egli aveva rifiutato già i primi due tentativi di espulsione. Risiede in Europa da 13 anni e non desidera ritornare in Algeria.

Un appello ai/alle militanti era stato lanciato per recarsi all’aeroporto di Charleroi per informare i passeggeri dello stesso volo della sua presenza e spiegargli la sua situazione.

Noi abbiamo deciso di non diffondere questi appelli sul nostro sito, dal momento che l’Ufficio di Stato lo sorveglia, il che potrebbe generare delle reazioni securitarie e interrompere la mobilitazione.

Tante persone erano presenti all’aeroporto per sensibilizzare i passeggeri e ci sono arrivati numerosi messaggi. Scrive un contatto: “l’aereo per Algeri non è mai decollato. I/Le passeggerx sono piuttosto nervosx e per ora sembra che sia impossibile imbarcare l’uomo”.

Poi: “È stato riportato al CIE. È stato massacrato dalla sua scorta. Dei passeggeri hanno rifiutato di viaggiare con loro. Una donna ha gridato molto forte dicendo che non si possono trattare le persone come degli animali. Il comandante dell’aereo ha preteso di lasciare l’apparecchio”.

Al suo ritorno un detenuto del centro ci ha detto: “è stato massacrato dalla sua scorta, è pieno di colpi su tutto il corpo e hanno insultato la sua religione. È questo che gli ha fatto più male”.

Estratto del rapporto medico che descrive le violenze della polizia.

“Domenica 5 agosto 2018, Mr Allag è stato trasferito dal centro Caricole al commissariato federale, poi al commissariata a Charleroi. Durante quest’ultimo trasferimento, è stato attaccato con delle cinture. La sua descrizione fa pensare a una camicia come quella utilizzata per i pazienti aggressivi. Dice di aver avuto dei dolori perché le cinture erano troppo strette. Al commissariato di Charleroi, gli hanno legato anche le gambe. E’ stato trasferito nell’aereo da sei poliziotti federali. Gli sono state legate le mani vicino alla vita, poi ancora con le mani sono state cinturate davanti alla pancia e alla fine è stato attaccato ai braccioli. L’immobilizzazione che descrive rendeva ogni movimento impossibile.

L’uomo ha cercato di gridare per avvertire i passeggeri della sua espulsione contro la sua stessa volontà ma dei poliziotti gli hanno schiacciato il collo e la cassa toracica per impedirgli di gridare. Gli hanno anche spinto la testa tra i due sedili incastrandolo come in una morsa.

Uno dei poliziotti l’ha insultato: “fotti tua madre”. Poi gli ha detto che il suo Corano doveva essere gettato alla spazzatura. Un altro poliziotto che egli identifica come il responsabile del gruppo con gli occhi blu e una t-shirt arancione ufficiale l’ha chiamato “miserabile” e “coglione”. […]

Bisogna dunque continuare…continuare a denunciare perché i passeggeri possano essere messi al corrente e possano reagire rifiutando di sedersi, o non mettendo i loro bagagli nel posto previsto. Continuare a denunciare per aggirare i piani messi in atto dalla polizia per far passare tutto nel silenzio. Continuare a denunciare per mettere fine a altre espulsioni.

Stop deportation!!!

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Castiglione di Garfagnana (LU) – Le donne del centro di accoglienza bloccano la strada per documenti e libertà

Ieri mattina un gruppo di donne provenienti dalla Nigeria ha portato avanti un blocco stradale a singhiozzo per ottenere documenti e libertà, protestando contro l’obbligo di vivere in un centro di accoglienza posto in una frazione di Castiglione di Garfagnana, mal collegata con Lucca tanto da renderle completamente isolate da due anni esatti.

Il blocco stradale diquattro ore ha probabilmente riguardato l’unica via principale e i residenti, a detta della stampa locale, piuttosto che ascoltare, comprendere e unirsi alla protesta, hanno pensato unicamente di allertare le forze dell’ordine che sono intervenute ripristinando la quiete tombale con qualche difficoltà.

La loro deportazione in questa frazione aveva destato polemiche nella giunta locale proprio nell’agosto 2016, quando il sindaco Daniele Gaspari l’aveva considerata, infatti, un’imposizione della Prefettura.
Imposizione prefettizia che ha fatto gola a un privato che guadagna affittando 4 immobili adibiti a centro di accoglienza, e alla cooperativa che gestisce, a detta stessa delle donne in lotta, la vita delle persone costrette a viverci.

L’arrivo di queste donne a Castiglione di Garfagnana è da ricondursi alle operazioni di “alleggerimento” che hanno riguardato, a più riprese, la tendopoli-hub delle Tagliate (Lucca), gestita dalla Croce Rossa.
Vi abbiamo recentemente parlato di questa tendopoli nel caso di un TSO a cui una ragazza nigeriana è stata recentemente costretta, proprio perché voleva lasciare il campo e scegliere dove vivere con sua figlia.

Sembra evidente che anche a Lucca e provincia sia chiaro il business legato alle cosiddette “categorie vulnerabili”, etichetta attribuita alle donne costrette a fare richiesta di protezione internazionale per entrare nel territorio europeo, bollino prezioso per chi gestirà il loro percorso a tappe nel sistema campo.
Di fatto, se da una parte questa denominazione e la conseguente infantilizzazione permettono alle cooperative di guadagnare più soldi sull’accoglienza di queste donne, dall’altra le commissioni che decidono sulla protezione internazionale non si fanno problemi a diniegare le richieste di regolarizzazione, spingendo queste donne a diventare clandestine.

Nel caso della protesta di ieri, fortunatamente non era una sola donna a lottare e a ricevere quindi una pesante rappresaglia, la forza di tutte loro speriamo che smuova presto qualcosa.

Vi lasciamo alle loro parole riportate nei giornali e alle foto dei cartelli portati nel blocco stradale, con le loro chiare rivendicazioni:


“Siamo qua da due anni e ancora siamo in attesa di una risposta dalle commissioni. Otto di noi hanno ricevuto una prima risposta negativa, mentre le altre ancora aspettano. Lo Stato italiano non ci riconosce. Nel frattempo ce ne stiamo quassù, dove d’inverno il freddo e la nebbia fanno paura, senza fare niente e senza documenti. Abbiamo solo soggiorno e tessera sanitaria.

Quello che chiediamo sono però i documenti per la residenza. Stiamo per di più in una zona remota con scarsi collegamenti con i mezzi pubblici. Basti pensare che il pullman per Castelnuovo, da noi, passa solo due volte.
La mattina, alle 10, e il pomeriggio, alle 15.20. Se qualcuna di noi dovesse recarsi a Lucca, il primo treno disponibile sarebbe alle 11.50, ma, al ritorno, non saremmo in grado di prendere l’ultimo pullman disponibile per tornare a casa”.

e ancora:

“Stamattina abbiamo manifestato davanti a casa nostra – concludono – ed è intervenuta anche la cooperativa che ci gestisce, oltre ai carabinieri. Ci è stato detto che cercheranno di risolvere il problema. Noi però non vogliamo stare più qui senza fare niente”.

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