Svizzera – 10 spunti per chiudere un bunker

fonte: frecciaspezzata.noblogs.org

In questo paese esistono bunker sotterranei e altre strutture in cui delle persone sono costrette a vivere. Noi vogliamo eliminarli!

1. Presa di coscienza: Nessuna persona dovrebbe per alcun motivo vivere sottoterra e non avere la possibilità di autodeterminarsi. Avvicinati ai centri, spezza l’isolamento, parla con le persone che ci vivono, conoscile, ascolta le loro storie: Arrabbiati!

2. Fai girare la voce: scrivi, invita, discuti con chiunque possa essere sensibile alla questione, organizza punti d’incontro; più si è più c’è possibilità di aumentare il raggio d’azione!

3. Trasforma la rabbia in azione: La solidarietà è un’arma potentissima! I bunker non si chiuderanno da soli e nessun* li chiuderà finché non ci si mette in gioco. Qualunque azione in solidarietà alle persone che stanno dentro sarà utile alla chiusura.

4. Un bunker vuoto è un bunker chiuso e ci sono già diverse esperienze in Svizzera che ce lo insegnano: trovare alloggi alternativi, rispettando le volontà delle persone recluse, potrebbe essere provvidenziale nella chiusura stessa. Ospitarle a casa propria è una possibilità, occupare alcune delle numerose case vuote in questo cantone è un’altra. Perché non provare?

5. Se c’è un bunker è perché c’è chi lo gestisce. Ci sono diverse aziende che lucrano sulla pelle dei/delle migranti come per esempio Croce Rossa, Caritas, ORS, Securitas. Non supportare, boicottare e mettere sotto pressione sono metodi sicuramente efficaci per scoraggiarle a continuare in questo business.

6. Non dimentichiamo le istituzioni, principali mandanti di questa situazione! Tenere anche loro sotto pressione continua, lottare contro la xenofobia perpetrata da politici e media, non dare alcuno spazio al razzismo è fondamentale!

7. Istituzioni e aziende sono fatte di persone e queste persone hanno dei nomi. Facciamo emergere i protagonisti e i principali approfittatori di questa situazione di segregazione. Scoraggiare personalmente, fare emergere le responsabilità di ogni aguzzino, fermare il motore di questa macchina.

8. Vuoi conoscere altri spunti? Ne hai anche tu da proporre? Contatta il collettivo tramite l’indirizzo: r-esistiamo[at]riseup.net

LOTTIAMO INSIEME PER LA CHIUSURA DEI BUNKER
E LA LIBERTÀ DI TUTT*!

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Belgio – Testimonianza da dentro il centre fermé di Vottem (Liegi)

Il 10 marzo prossimo saranno 20 anni di esistenza del lager per migranti di Vottem (Liegi). Ci sarà una manifestazione nazionale per chiedere la sua immediata chiusura insieme a tutti i centres fermés del Belgio.
Qui di seguito pubblichiamo la traduzione di una testimonianza da dentro il lager.

Uno dei nostri compagni, Diallo Ahmad Bailo, è stato arrestato il 25/12 nei pressi della Stazione Nord di Bruxelles e poi trasferito nel centre fermé di Vottem. Dal 11/02 ha cominciato a soffrire di dolori allo stomaco domandando di essere visitato da un dottore: come soluzione, il 15/02 è stato messo in isolamento accusato di essere un bugiardo (pur avendo fatto un’operazione allo stomaco nel mese di novembre).
In questa situazione di solitudine, mancanza di giustizia, maltrattamento personale e strutturale, malgrado gli allarmi che sono stati lanciati dal suo avvocato, nulla è cambiato. Allora ha Diallo ha deciso di condurre un’altra forma di lotta: lo sciopero della fame, che ha cominciato il 15 febbraio per attirare l’attenzione su questa amministrazione penitenziaria robotizzata (Vottem esiste da 20 anni), facente capo al governo belga, che se ne frega della sua persona. Un combattente instancabile, sempre presente per difendere la giustizia sociale, l’uguaglianza, la dignità, la libertà.
Non abbiamo più il diritto di reclamare i nostri diritti e di essere considerati come degli esseri umani. Dobbiamo continuare a subire e accettare questa ingiustizia che è la continuazione modernizzata della tratta negriera? Abbiamo subito tanto, è tempo di cambiare.
Trascrizione della testimonianza audio di Diallo Ahmad Bailo
“Il mio nome è Diallo Ahmad Bailo. Sono nel centre fermé (CPR) di Vottem, a Liège, dal 25 dicembre 2018. Io sto in Belgio dal 2014, senza documenti dal gennaio 2014. Poiché sono senza documenti, mi hanno soprannominato “illegale”.
Sono nato in Mauritania ma i miei genitori sono di origine guineana, di Guinée-Conakry. Ma io sono nato in Mauritania. Ho ricevuto ieri delle informazioni tramite il mio avvocato secondo cui l’Ufficio degli Stranieri voleva contattare l’Ambasciata della Guinea per espellermi lì. Tuttavia, io non conosco niente, quasi niente della Guinea. Io volevo essere espulso in Mauritania. Quanto alla mia salute: sono malato da tanto tempo. Ho fatto di tutto per non essere espulso ma mi rendo conto che non c’è altra soluzione. [Resto sempre senza mangiare] ma ho smesso di fare lo sciopero della fame, perché malato di fegato, non posso fare lo sciopero della fame per un periodo lungo. Poiché non mi hanno liberato, allora ho smesso di fare lo sciopero.
Qui, dentro al centre fermé, i servizi medici non sono affatto come fuori. Ti danno giusto del paracetamolo per il mal di testa. Solo questo, non ci sono servizi medici come quando sei libero, fuori.
All’interno io sono in isolamento da due settimane, sono solo nella mia camera. Esco 30 – 40 minuti al giorno, faccio una doccia al giorno. Ci sono tre pasti al giorno, c’è la televisione ma io sono in isolamento da due settimane….
Da due settimane non dormo. Soffro tanto di stress, faccio molti incubi.
C’è solo la sicurezza che viene ogni volta, non vedo altre persone. Non comunico con nessun altro. Ah, veramente chi lavora dentro non è affatto apertx, solo “buongiorno”, “buongiorno” ed è finita lì. Per me sono delle persone quasi razziste. Non parlano con nessuno, nemmeno “buongiorno”, altre dicono “buongiorno”, altre ancora vanno avanti come se non vedessero nulla (…) comunicazione interrotta.

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Torino – Sabato 30 marzo corteo: chiamata internazionale contro le frontiere

Fonte: Passamontagna

CORTEO INTERNAZIONALE CONTRO LE FRONTIERE
La nostra solidarietà non ha confini

SABATO 30 MARZO TORINO

Chiamata all’interno del corteo blocchiamo la città di Torino contro sgomberi e arresti

Facciamo appello alla solidarietà internazionale di tutti i compagnx che lottano per la libertà, contro ogni autorità politica, economica, militare, contro il capitalismo, il fascismo e il razzismo per una mobilitazione massiccia il 30 marzo a Torino.

SILVIA ANTONIO NICCO BEPPE POZA STECCO NICO AGNESE SASHA RUPERT GIULIO

TUTT* LIBER*

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San Ferdinando – Aggiornamenti sullo sgombero della tendopoli: quello che nessuno dice

Fonte: Campagne in lotta

IL GIORNO DOPO, AGGIORNAMENTI SULLO SGOMBERO “UMANITARIO”

San Ferdinando (RC): lo sgombero procede disorganizzato e arbitrario. Molte persone hanno atteso in fila fino a notte per poter entrare nelle nuove tende, ma essendo ormai stracolme sono stati cacciati tutti coloro che avevano il permesso di 6 mesi o la protezione internazionale. Altri, in assenza di alternative, sono tornati a dormire nelle baracche non ancora distrutte. Molte sono le persone in strada che non hanno un posto dove andare, mentre da ieri sera alla stazione di Rosarno la polizia fa salire la gente sui treni pur di allontanarla. Tra i pochi che sono stati caricati sugli autobus diretti verso i centri di accoglienza -secondo il prefetto 200 persone, in realtà poco più di 30 e tutti muniti di un agghiacciante numero identificativo- molti sono tornati indietro. Molti infatti non possono abbandonare la zona perché attendono di essere pagati dai datori di lavoro o perché stanno ancora lavorando.

In tutto questo le donne la cui sussistenza e il cui lavoro era spesso legato alla vita della tendopoli sono in una situazione ancora più precaria. Di loro, ancora una volta, non si parla.

C’è chi si sposta verso altri insediamenti nella Piana di Gioia Tauro, come Marotta, Rizziconi e Taurianova, o verso i ghetti di altri distretti agroindustriali. Risulta evidente che questo “atto di umanità e legalità” non fa altro che alimentare la proliferazione di nuovi ghetti, ma anche che allo Stato i ghetti vanno bene, a patto che siano sotto il suo controllo e altamente securizzati. Ciò che rimane della tendopoli attualmente sono un mucchio di macerie su cui sventolano le bandiere della CGIL, i cui rappresentanti sono stati cacciati via questa mattina dagli abitanti della tendopoli infuriati contro l’ipocrisia di sindacato e istituzioni.

TUTTI RIVENDICANO IL SUCCESSO DI QUESTA OPERAZIONE, NESSUNO VEDE LA VIOLENZA INSITA IN SGOMBERI, DEPORTAZIONI E SEGREGAZIONE?

Corrispondenza di Radio Onda d’Urto di oggi giovedì 7 marzo con un compagno che abitava nella tendopoli sgomberata.

 

SGOMBERO DELLA TENDOPOLI DI SAN FERDINANDO: QUELLO CHE NESSUNO DICE

Fonte: Campagne in lotta

Un’operazione di umanità, civiltà, solidarietà, per aiutare dei poveri ragazzi. É questa la narrazione che da giorni fanno dello sgombero della Tendopoli di San Ferdinando i professionisti dell’ipocrisia politica, dalla Caritas all’USB passando per la CGIL, senza dimenticare ovviamente il Prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari, e il sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi. A parte il prefetto, si tratta degli stessi soggetti che animano il Comitato per il riutilizzo delle case sfitte nella Piana di Gioia Tauro, costituitosi qualche settimana fa. Pur con sfumature diverse, sono tutti d’accordo sul fatto che l’operazione militare di questa mattina andasse fatta. Chi come l’USB dice che si é esagerato con la presenza di militari (più numerosi degli abitanti del ghetto), si poteva fare meno, chi invece come il sindaco Tripodi difende la scelta per questioni di ordine pubblico. Sono comunque imprevedibili, questi africani, non sia mai che protestino. Continua a leggere

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San Ferdinando – Appello di chi vive nella tendopoli per lo sgombero del 6 marzo

Riceviamo e pubblichiamo l’appello di chi vive nella tendopoli di San Ferdinando. Un appello alla solidarietà per la giornata di mercoledì 6 marzo, quando lo Stato ha deciso di sgomberare il ghetto per rinchiudere una parte della popolazione nella tendopoli-prigione, un’altra parte in diversi centri di accoglienza e disperdere tutte le persone senza documenti in regola.

Questa decisione arriva dopo l’ennesima morte per un incendio, proprio quando si sta concludendo la stagione di raccolta e mentre chi abita tra tende e baracche ha chiesto a gran voce un vero e proprio tetto.

Mentre lo Stato ufficializza la logistica della prossima operazione di Guerra, nella quale interverranno 900 tra agenti di polizia, carabinieri e guardia di finanza, uomini del genio guastatori dell’Esercito e idranti per reprimere eventuali proteste, ci preme sgomberare qualcosa anche a noi…
Vorremmo togliervi dalla testa le tante menzogne e infamie circolate negli ultimi tempi grazie al costante impegno di protagonisti locali della politica e dell’associazionismo.
Chiediamo a tutti i compagni e le compagne di prestare attenzione alle voci di chi si autorganizza nella lotta piuttosto che alle parole di chi, dal dopo rivolta 2010 a oggi, si è costruito/a carriere e prestigio legati al proprio Nome e Cognome.
Quanti di voi conoscono il nome di qualche abitante della tendopoli?
Quanti di voi continuano a dibattere con sindacalisti, sindaci ribelli o professionisti dell’umanitarismo e del commercio equo e solidale che di “Rosarno” hanno fatto il proprio brand?

Abbiamo già raccontato in passato le dinamiche violente e colonialiste di un tentativo di sgombero (non l’ultimo in ordine cronologico) al quale la popolazione della vecchia tendopoli ha dovuto far fronte.
I protagonisti indigeni sono talmente preoccupati dal prendere parola su ciò che avviene sotto casa propria da silenziare chi sta per essere segregato o deportato. E guai a solidarizzare con chi vive nelle tendopoli se non hai la residenza nella piana di Gioia Tauro: la questura emette denunce e fogli di via, mentre chi non ha la divisa supporta la repressione attaccando la solidarietà attiva attraverso la macchina del fango sui social network o nelle mailing list.
Questa volta, tra le molteplici iniziative messe in campo dallo Stato e dall’apparato “umanitario” per fiaccare la resistenza allo sgombero, è comparso anche Mimmo Lucano e uno dei fondatori di SOS Rosarno. Quest’ultimo, in presenza del Prefetto, ha pensato bene di ammonire verbalmente chi da tempo racconta la connivenza dell’USB con lo Stato.

A voi la scelta, esserci o stare a guardare.
Qui le corrispondenze di Radio Onda d’Urto e Radio Onda Rossa.
Qui sotto l’appello in tre lingue.

A CHI LOTTA CONTRO SFRUTTAMENTO E REPRESSIONE: NON SI PUÒ RESTARE IN SILENZIO! NO ALLO SGOMBERO DELLA TENDOPOLI!

Per la soddisfazione di molti, gli annunci del governo si sono avverati. Noi, gli abitanti della vecchia tendopoli di San Ferdinando, mercoledì 6 marzo saremo sgomberati, per ordine del comune, dal luogo in cui abitiamo, che abbiamo costruito in questi anni con fatica e molti soldi, non avendo altre alternative per vivere. Vogliamo far sapere a tutti che non accetteremo di stare in altre tende, controllati notte e giorno, e nemmeno nei centri di accoglienza (campi), lontani da dove lavoriamo e sempre sorvegliati. E non vogliamo finire per strada se non abbiamo un documento. Vogliamo vivere liberi e vogliamo vivere nelle case, a prescindere dall’avere o no un documento. La nostra presenza in questo territorio non è un’emergenza, ma da anni contribuisce all’economia di questo paese. Ma voi, se doveste cercare lavoro in un posto diverso, accettereste di vivere in una tenda o in un campo? A Rosarno ci sono già molte case, alcune addiruttira costruite con i soldi dell’Unione europea e destinate agli immigrati che vivono e lavorano nella piana di Gioia Tauro, ma restano disabitate perché le istituzioni non vogliono consegnarle. BASTA! Siamo stufi delle bugie e delle false promesse di associazioni e sindacati (CGIL e USB), che fingono di sostenere le nostre richieste e invece continuano a fare i loro interessi. Sono le stesse persone che, mentre in altri luoghi si battono contro il governo razzista, qui sostengono lo sgombero e propongono i campi come soluzione. Sappiamo che la risposta ai nostri problemi è avere i documenti per poter vivere una vita normale: una casa, un contratto di lavoro e libertà di movimento. Cose per cui stiamo lottando da tempo. È ARRIVATO IL MOMENTO DI DIRE BASTA! Non ci faremo intimidire da chi ci minaccia e ci vuole zitti e tranquilli, per aiutare la polizia a svolgere lo sgombero. Non accetteremo compromessi se non ci danno case dove vivere. Chiediamo a tutte le persone solidali, a chi si dichiara antirazzista e antifascista, a chi lotta contro repressione e sfruttamento, di non restare in silenzio davanti a questo ennesimo atto di violenza!
Invitiamo tutti e tutte a raggiungerci e unirsi a noi nei prossimi giorni e di aiutarci a diffondere il più possibile la nostra voce, per raccontare quello che succede qui davvero! Lo Stato ci vuole dividere ma noi resteremo uniti! La solidarietà è l’arma più forte del mondo!

TO ALL THOSE WHO FIGHT AGAINST EXPLOITATION AND REPRESSION: WE CAN’T KEEP QUIET ANY LONGER! NO TO THE EVICTION OF THE TENDOPOLI!
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San Ferdinando – Ordinato lo sgombero della tendopoli: non ci sono più scuse, è ora di agire

Fonte: Campagne in Lotta

ORDINATO LO SGOMBERO DELLA TENDOPOLI: NON CI SONO PIÙ SCUSE, E’ ORA DI AGIRE!

In queste ore agli abitanti della vecchia tendopoli di San Ferdinando stanno ricevendo l’ordinanza di sgombero, emessa ieri dal Comune, dando seguito alle minacce di Salvini. L’intenzione sembra essere quella di bonificare l’area e demolire tutto ciò che vi si trova a partire da mercoledì prossimo. Nessuna reale soluzione abitativa è stata paventata, a parte posti in centri di accoglienza molto lontani dai luoghi di lavoro e solo per i pochi che hanno un permesso di soggiorno di 5 anni o come richiedente asilo; chi invece ha un permesso umanitario o per casi speciali finirà nella nuova tendopoli, controllato e impossibilitato ed autodeterminare la propria vita. Per tutti coloro che non hanno un permesso, c’è la strada. Intanto l’inutile teatrino degli ultimi mesi da parte di associazioni, sindacati e del neonato comitato per il riutilizzo delle case si è svelato per quello che è: colpevole di avere ancora l’ennesima volta ostacolato la rabbia e i bisogni della lotta autorganizzata e per questo inevitabilmente complice di questo sgombero annunciato. La CGIL fin dall’inizio ha chiesto con forza le realizzazione di campi container come soluzione “degna”, alternativa alla vita in baraccopoli, e nell’ultimo corteo ha invocato esplicitamente lo sgombero, senza mai far cenno alla questione dei documenti, centrale da anni per chi lotta. Dal canto suo, l’USB non ha mai smesso di strumentalizzare il dolore e la rabbia degli abitanti della tendopoli, palesandosi solo in occasione delle tragedie e dimostrandosi più volte dalla stessa parte di governo e polizia.

Mentre i morti dell’ultimo e dei precedenti incendi sono ancora caldi, le case in contrada Serricella e in Via Maria Zita a Rosarno, pronte da tempo, rimangono chiuse e disabitate.

Le parole non bastano più, è ora di agire. La misura è colma, non ci sono più scuse.

NESSUNO DEVE ESSERE SGOMBERATO, NESSUNO MUOVERÀ UN PASSO SE PRIMA NON SI TROVANO SOLUZIONI REALI.

LA RABBIA DEGLI ABITANTI DELLA TENDOPOLI VI TRAVOLGERÀ!

VOGLIAMO CASE PER TUTTI!

Ascolta la corrispondenza di Radio Onda d’Urto con un compagno che vive nella tendopoli:

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Antonio, Beppe, Lorenzo e Niccolò dal carcere di Ferrara

fonte macerie

«Spesso negli anni è capitato di giocare di fantasia, provando a immaginare come e quando sarebbe giunto lo sgombero dell’Asilo. Quanta polizia avrebbe invaso il quartiere quanto avrebbero retto le barricate, quanto avrebbe resistito chi fosse riuscito a raggiungere il tetto, se fosse coinciso con un’operazione repressiva, quale sarebbe stata la risposta fuori.

Oggi a distanza di due settimane, tante domande hanno avuto risposta. Ma ancora non riusciamo a farcene una ragione. Sarà perché ci hanno portato via, uno dopo l’altro, prima alle Vallette in isolamento poi nella sezione speciale del carcere di Ferrara. Colpiti da un’inchiesta che ci descrive una setta interna e nascosta alla più ampia compagine di chi negli anni si è organizzato all’Asilo. Un’ordinanza che ha schifosamente selezionato e travisato pezzi di conversazione intime, politiche e amicali, al fine di avvalorare la tesi inquisitoria. Una ricostruzione che in nessun modo può cogliere la varietà di tensioni, idee e slanci ribelli che a partire da quel posto si sono scatenati nel mondo intorno.

Sarà perché non abbiamo visto blindati e celerini chiudere per oltre una settimana interi pezzi di quartiere, allontanando chiunque non abitasse in zona o non potesse dimostrarlo per isolare completamente l’oramai ex-covo di sovversivi. Sarà perché non abbiamo sentito gli operai al lavoro giorno e notte per rendere la struttura inaccessibile, ma soprattutto inutilizzabile.

Sarà che in fondo non ci interessa. Gli ultimi giorni, qui dentro, non sono trascorsi nella nostalgia dei tanti ricordi e momenti vissuti all’interno, di cosa abbia significato per ciascuno di noi, delle lotte che vi si sono affacciate e che lo hanno attraversato negli anni, ma nel rimpianto di non essere stati con voi in questi giorni là fuori: lungo la strada dal centro fino ad Aurora, nell’assemblee concitate, in un bar a smaltire i lacrimogeni.

Perché se con lo sgombero qualcuno ha perso la casa, un luogo dove organizzarsi e confrontarsi, tanti si sono sentiti privati di un pezzo di libertà, strappato con una forza e una modalità tali da segnare un punto di non ritorno. Una “scintilla”. Una dichiarazione di guerra a cui tutti si sono sentiti di reagire e i cui echi sono arrivati fin’oltre i chilometri, le mura e le sbarre che ci dividono.

Questo è il regalo più bello che potevate farci: sapere che lo sgombero dell’asilo e la risposta a questa inchiesta siano stati un’occasione per esprimere ognuno il suo malessere, la propria rabbia e ribellione ben oltre le singole lotte e iniziative di chi da anni si organizzava con costanza là dentro.

E poi che importa se quando usciremo non riconosceremo l’asilo per quello che è stato, se negli occhi di chi ci sarà, ritroveremo lo stesso amore e la stessa rabbia che oggi si respirano a Torino.

Una speranza c’è. Quella speranza non è in un asilo occupato, ma nel cuore, nella mente e nelle braccia di chi ha deciso.

“i prigionieri”

Antonio, Beppe, Lorenzo e Niccolò»

Ferrara, 18 febbraio 2019

macerie @ Febbraio 28, 2019

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Torino – Diretta con due reclusi nel CPR di Corso Brunelleschi

fonte: Radio Blackout

Aggiornamento da un recluso al diciassettesimo giorno di sciopero della fame, in inglese e tradotto in simultanea.

Chiacchiera in italiano con un altro recluso, da molti anni a Torino.

L’impossibilità di ricevere cure adeguate, l’indifferenza dell’autorità, le difficoltà nei colloqui, ancora l’orrore della detenzione amministrativa.

Ascolta

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Roma – 1 marzo – “Accoglienza e controllo” @ Cagne Sciolte

Riceviamo e pubblichiamo.

Accoglienza e controllo

Con il termine “accoglienza” si intende l’insieme delle strutture e degli strumenti istituzionali e delegati ai privati utilizzati per gestire la persona migrante dal momento del suo ingresso nel territorio nazionale fino alla supposta integrazione nella società.
È definita e organizzata da precise procedure in base alle condizioni e alla situazione di appartenenza della persona “accolta”, la quale viene sottoposta a un processo di spersonificazione e mercificazione.

Il processo di accoglienza segue una serie di iter: la prima fase di selezione comincia nei centri di prima accoglienza e soccorso (Cpa, Cpsa) e negli hotspot, dove avviene l’identificazione e la  valutazione della richiesta d’asilo. Già in questa prima fase però si possono verificare situazioni differenti: se la persona migrante decidesse di non intraprendere l’iter per la regolarizzazione o se non dovesse soddisfare i requisiti necessari, si procederebbe con la reclusione in un Cpr o con l’immediata espulsione; qualora invece la persona migrante scegliesse di presentare una richiesta d’asilo, avrebbe inizio la fase d’attesa e, analogamente ad un pacco postale, verrebbe smistata in un centro di seconda accoglienza, ora riservato solo alle persone titolari di protezione internazionale e a minori non accompagnatx. L’introduzione dell’ultimo decreto di sicurezza ha negato a* possessor* di protezione umanitaria e protezione speciale di continuare il percorso nel sistema di accoglienza. Continua a leggere

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Roma – 2 marzo – CORTEO CONTRO PADRONI E STATO DI POLIZIA

fonte facebook

ADESSO BASTA!
IL SILENZIO È COMPLICITÀ

CORTEO CONTRO PADRONI
E STATO DI POLIZIA

A partire dalla forte risposta di chi ha resistito allo sgombero dell’Asilo occupato di Torino e dalla estesa solidarietà di fronte agli arresti, crediamo si debba far risuonare nelle nostre strade, quelle che calpestiamo ogni giorno, una voce chiara e decisa contro il governo.

La guerra ai poveri, l’inasprimento dei sistemi di sorveglianza, le retate e i controlli in strada sono quotidiani e incessanti.
La popolazione immigrata viene criminalizzata e isolata nei centri di accoglienza, nei ghetti, nei lager per il rimpatrio (C.P.R.). Senza dimenticare tutte le persone morte in mare o in montagna nel tentativo di varcare una linea immaginaria detta confine.
Il lavoro diventa sempre più precario e con paghe da fame, e gli affitti sempre più alti.
Di pari passo è in corso un feroce attacco a tutte le occupazioni nel tentativo di annientare ogni forma di autonomia e autogestione.
Le “grandi opere” e le nocività devastano, inquinano e deturpano intere aree geografiche facendo arricchire imprese di costruzioni e multinazionali, lasciando sul territorio solo macerie.

Difendiamo chi viene colpito perché si ribella a questo stato di cose, come a Cosenza, Milano, Firenze, Roma, Torino e Trento.

Se non ci interessiamo alla realtà presto sarà lei a interessarsi di noi, ed ha già il volto di un gendarme. Reagire ora è possibile e necessario. Sappiamo che siamo tutti/e sotto attacco e ovunque dobbiamo organizzarci per rispondere.

L’unico modo per sconfiggere la paura e la rassegnazione è riprenderci collettivamente le strade in cui viviamo. Lo faremo tutti/e insieme in corteo, uniti/e e determinati/e!

Siamo nemiche e nemici di questo governo, di ogni governo.
E scommettiamo di non essere i/le soli/e.
ROMA
SABATO 2 MARZO – ORE 17:00
CORTEO
CONCENTRAMENTO A LARGO PRENESTE

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