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Nel pomeriggio di sabato 22 febbraio alcune delle persone che vivono nel Cas di via Mattei, insieme ad alcune/i solidali, sono scese in strada, di fronte al mercato della Montagnola, per protestare contro le condizioni materiali di vita a cui sono state costrette all’interno della struttura di via Mattei e smascherare il sistema di ricatto e controllo che attraversa ogni aspetto della loro vita da quando sono arrivate in Italia. “Via Mattei è una prigione, ci trattano come schiavi, vogliamo libertà” e “Vogliamo salute, documenti e decidere sulle nostre vite” sono alcune delle frasi ripetute a gran voce dalle scale della Montagnola, che riassumono l’appello di chiamata al presidio. Parole che ricordano quelle usate nel corso delle proteste del 2018 da parte delle persone che avevano attraversato quel posto, che allora aveva la funzione di un hub (primo centro di smistamento per persone richiedenti asilo). Parole che, oggi come allora, ne smascherano la natura. Eppure, la struttura in via Mattei di cui parliamo è sempre la stessa: l’ex cpt, ex Cie, ex hub. Proprio la stessa che l’11 giugno aveva chiuso, per ordine della Prefettura, e fatto scendere in strada centinaia di persone – sindacati, associazioni, “movimento” bolognese – a protestare contro i licenziamenti degli operatori e le deportazioni (a Caltanissetta) delle persone che ci vivevano.
Certo qualcuno si era spinto a protestare in termini espliciti proprio “contro la chiusura dell’hub”, cioè come a dire che quel posto sarebbe dovuto rimanere aperto per garantire “un’accoglienza vera”, “i progetti di integrazione e autonomia avviati al suo interno” e chiaramente “i posti di lavoro degli operatori che ci lavoravano (e non solo)”. Come finì quella storia? Parte delle persone furono poi ricollocate in altre strutture dell’accoglienza regionale, 39 furono effettivamente deportate a Caltanissetta e altre decisero di andarsene. L’aver impedito che tutte le 169 persone allora presenti fossero deportate a Caltanissetta fu fatta passare come una vera vittoria. Passata l’estate e senza la minima ombra dei tanto decantati lavori di ristrutturazione con cui la Prefettura aveva motivato la chiusura temporanea, il campo di via Mattei riapre nella forma di Cas. È un vero peccato che la notizia sia circolata unicamente per risollevare il tema dei lavoratori dell’accoglienza, mentre nel frattempo, nel silenzio generale, circa 200 persone venivano deportate lì da altre strutture della regione. Senza preavviso, senza alcuna possibilità di scelta, senza alcuna alternativa, se non quella di finire in strada. Continua a leggere