Per quale ragione si deve vivere sfruttati e in silenzio? Noi siamo più di loro, ricordiamocelo sempre

Fonte: Campagne in Lotta

Una persona investita e poi denunciata, un arrestato pestato selvaggiamente e diverse cariche della polizia. Dieci fogli di via già esecutivi da diversi comuni e dodici denunce per interruzione di pubblico servizio e manifestazione non autorizzata (le cui pene sono state inasprite dalle recenti leggi Salvini, con salatissime multe per blocco stradale, da 1000 a 4000 euro).
Questo è solo il primo bilancio della risposta che lo Stato e le istituzioni hanno dato alle proteste e gli scioperi messi in campo lo scorso 6 dicembre in Calabria e in Puglia. Quel giorno infatti i lavoratori e le lavoratrici delle campagne si sono rifiutate di andare al lavoro e ancora una volta hanno manifestato con coraggio, insieme a solidali venuti da tutta Italia, bloccando la zona industriale di Foggia e l’ingresso del Porto di Gioia Tauro.

Le loro richieste? Sempre le stesse, da tanti anni, poter vivere e lavorare senza essere sfruttati, che per un cittadino non europeo significa anche poter accedere a un permesso di soggiorno. Per questo lo scorso 6 dicembre, ancora una volta, erano in strada per chiedere un incontro con il Ministero dell’Interno, visto che in più occasioni, nel corso degli anni, le prefetture hanno ribadito di avere le mani legate dalla legge sull’immigrazione. Continua a leggere

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Torino – Sul 1 febbraio: dal Mercato Centrale al CPR

fonte: Macerie

Cominciamo anche in quest’occasione dalla fine. Prima di raccontare quella che è stata la giornata di sabato torinese, tra iniziative contro la riqualificazione, e chi ne muove i fili a livello economico e politico, e contro i Cpr, all’interno della giornata di mobilitazione nazionale contro la detenzione amministrativa, diamo spazio a una notizia arrivata da poco: la rivolta scoppiata nella notte appena trascorsa all’interno del Centro di corso Brunelleschi.

L’unica fonte che al momento abbiamo è quella dei giornali locali online. Il sequestro dei telefoni, di cui abbiamo in più occasioni scritto, rende difficile avere notizie precise su quanto è accaduto. A quanto raccontano i pennivendoli, l’area viola da poco ristrutturata dopo le recenti rivolte è stata nuovamente devastata dai reclusi, che hanno lanciato mattoni e pietre contro la polizia prima di salire sul tetto della struttura. Una dozzina tra poliziotti e militari sono rimasti feriti negli scontri. Le minacce, le espulsioni e il clima di terrore che le forze dell’ordine stanno tentando di instaurare un po’ in tutti i Centri non hanno avuto la meglio sul coraggio, la determinazione e la voglia di libertà dei reclusi. Lo stesso si può dire del sequestro dei telefoni che, al di là della tanto sbandierata regia esterna delle rivolte, sta servendo principalmente a isolare i reclusi, spezzando le relazioni con i solidali fuori.

Torniamo ora a sabato.

L’appuntamento è alle 11 nel quadrante nord-est di piazza della Repubblica, per dare un po’ di fastidio a Combo, l’ostello di lusso inaugurato da qualche settimana che darà un nuovo volto alla piazza. Davanti al luogo scelto per il presidio, a difesa dell’ostello, è schierato un buon numero di celerini e agenti in borghese. Interventi al microfono si alternano al cacerolazo, chi appende uno striscione, chi la mostra sui progetti di riqualificazione in Aurora, qualcun altro fa il giro della piazza per distribuire due volantini e si accorge che a qualche decina di metri, davanti al Mercato Centrale, c’è un gazebo del Movimento 5 Stelle.

Una presenza inaspettata che in poco tempo attira l’attenzione di diverse persone del presidio, attorno al gazebo si forma un nutrito capannello che con cori e interventi al megafono ricorda le responsabilità dei pentastellati nel governo della città e in quello nazionale. Dalla cacciata di una parte di balonari, alla difesa delle concessioni autostradali di Benetton, dalle leggi contro i blocchi stradali e le occupazioni di case, ai gironi danteschi concepiti per gli immigrati che devono ottenere un permesso di soggiorno. Fino ad arrivare alla decisione di dividere in due il mercato delle scarpe che si trova a pochi passi dal gazebo, a tutto beneficio del Mercato Centrale. Parecchie le persone che si fermano a guardare la scena, chi solo per curiosità, chi per dire la propria contro i 5 stelle, qualcuno si limita invece ad annuire davanti alle accuse contro di loro. Tra una chiacchiera e l’altra si viene a sapere che in pochi mesi già due ambulanti di scarpe, spostati su corso Regina Margherita, hanno restituito le licenze perchè da quelle parti, come ampiamente preventivato, non passa quasi nessuno. Non è difficile immaginare che altri faranno lo stesso nei prossimi tempi e lo spazio lasciato vuoto sarà magari riempito da qualche dehors di street-food.

A contestatori e attivisti si aggiunge poi anche qualche agente della digos e un reparto di celerini, che mostrano quanto sia azzeccato lo slogan Movimento 5 Stelle Partito della Polizia che campeggia su uno striscione a pochi passi dal gazebo. Vedere i governanti in piazza costretti a venir difesi dalle forze dell’ordine è certamente edificante e non sarebbe male se diventassero scene sempre più abituali…

Dopo un’oretta si torna dall’altro lato della piazza per concludere il presidio contro Combo e prepararsi alla biciclettata verso il Cpr di corso Brunelleschi, dove sono rinchiusi alcuni tra gli uomini che pagano il prezzo maggiore delle politiche di riqualificazione urbana. Un centinaio di biciclette si dirige verso piazza Castello, passando per via Po, dove con uno striscione appeso alla Cancellata di Palazzo Reale e un intervento al microfono si sottolinea come le recenti morti nei Cpr di Caltanissetta e Gradisca siano morti di Stato.

Dopo un breve giro per piazza Solferino ci si dirige davanti alla stazione di Porta Susa e quindi in piazza Statuto dove, mentre le bici girano in tondo bloccando il traffico, qualcuno lascia una scritta sull’asfalto contro i Cpr e la macchina delle espulsioni. Altre scritte verranno lasciate lungo corso Francia, e sull’asfalto oltre a un po’ di vernice, finirà ancha uno dei poliziotti in moto che hanno seguito per tutto il tempo la biciclettata. Arrivati su via Mazzarello all’altezza di via Monginevro, per impedire al corteo in bici di passare davanti all’ingresso del Cpr, la strada è chiusa in entrambi i sensi di marcia dai blindati della celere messi di traverso. Dopo aver spiegato alle persone affacciate ai balconi il perchè di un tale dispositivo poliziesco, le bici si dirigono verso l’altro lato del Cpr, quello di corso Brunelleschi. Un breve giro per il quartiere e la biciclettata si ferma davanti le mura del Centro, dove si sta svolgendo un’altra iniziativa contro il Cpr.  A piedi ci s’incammina quindi lungo il muro di cinta per salutare con grida e cori i reclusi. Terminato il saluto molti decidono di ripartire: non c’è voglia di fermarsi lì sotto.

Ma di questo, magari, avremo modo di riparlarne…

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Milano – Sul presidio contro i CPR del 1° febbraio

Fonte: Punto di rottura – Contro i CPR

Ieri eravamo in piazza Duomo in solidarietà a tutti i reclusi nei cpr. Tanti gli interventi e tante le persone che si sono fermate ad ascoltarci e ad esprimere il loro supporto.

Pubblichiamo il testo del volantino che è stato distribuito.

MILANO SI SVEGLIA CON UNA NUOVA PRIGIONE

Come ogni luce ha la sua ombra, così lo scintillio delle metropoli ha il suo volto oscuro.
Il capitalismo è guerra dove si estraggono petrolio, oro, nichel e diamanti ed è siccità nei luoghi più torridi del mondo. Per non vivere nel terrore e nella carestia molte persone si mettono in viaggio verso l’Europa. Spesso attraversano un deserto e il mare. Durante il viaggio non si contano i pestaggi, gli stupri, i rapimenti, le torture e le morti. Le persone sopravvissute al viaggio, giunte in Europa vengono forzate all’identificazione e bloccate alle frontiere verso il nord. Alcune trovano la morte sui sentieri per il confine. Continua a leggere

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Con il sangue agli occhi. Lottiamo contro i CPR

Nei Centri di espulsione continuano le fughe, gli scioperi, le resistenze alle deportazioni, le rivolte, le proteste collettive e individuali.
A forza di delegazioni in visita nei centri e commissioni d’inchiesta lo Stato ha acquisito un’esperienza ventennale e oggi rilancia con l’apertura di nuovi CPR: centri più piccoli e fortificati, sempre più simili alla carcerazione penale, espulsioni più veloci.
Meno propaganda e più fatti, questo è il segnale che arriva dall’attuale governo, in barba a chi crede che sia una possibile sponda per la conquista di diritti civili.

Tra “i fatti” ci sono gli abusi, la negligenza medica, la somministrazione coatta di psicofarmaci, il cibo avariato, i pestaggi, i lacrimogeni lanciati dove non si può scappare, le cariche della celere, il sequestro dei telefoni per impedire qualsiasi contatto con l’esterno, le deportazioni punitive nei confronti di chi racconta la realtà di questi moderni lager.
La discrezionalità nella gestione di questi Centri, più volte denunciata dall’associazionismo, potrebbe giungere oggi a una messa a sistema che “accontenta” tutti: normalizzare l’abominio è la tendenza che abbiamo sotto gli occhi.

Le morti, per qualsiasi causa, in ogni contesto di privazione della libertà per noi hanno sempre un responsabile: lo Stato.
Nessuno Stato racconterà la verità sulla violenza che commette quotidianamente.
Nel caso dei CPR, solo il coraggio delle persone recluse è riuscito a rompere l’invisibilità di ciò che accade perché molto spesso non ci sono neanche familiari e persone care che vanno ai colloqui e che possono raccogliere testimonianze.

Ne abbiamo avuto un tragico esempio proprio nel lager di Ponte Galeria. Il 24 novembre 2018, durante un presidio solidale, le donne recluse comunicarono la morte per mancanza di soccorsi di una loro compagna con problemi cardiaci, Natalia, avvenuta l’11 novembre. Nessuna istituzione confermò quella morte, nessun media ne accennò, non ci fu nessuna inchiesta. Solo 6 mesi dopo, nel maggio del 2019, nella relazione del Garante dei detenuti del Lazio, la morte di Natalia veniva accennata e minimizzata in tre righe: “Nonostante l’immediata prestazione di cure mediche, nel novembre del 2018 una donna  di  nazionalità  moldava  è  morta per un attacco cardiaco all’interno del Centro. Risiedeva  in  Italia  da  molti  anni  con  impiego  da  badante  ed  era  stata  fermata  con documenti non validi pochi giorni prima nelle strade della Capitale”.

Il primo febbraio ci uniamo al presidio previsto davanti al CPR di Ponte Galeria a partire dalle ore 15, in adesione ad una mobilitazione nazionale lanciata in più città.
Lo Stato ha provato con denunce e inchieste ad allontanare i/le solidali da quelle mura e ha sequestrato i telefoni dei detenuti per impedire che venga raccontato cosa avviene dietro quelle sbarre e quel cemento.
Non c’è altro modo per farci sentire vicini/e dalle persone recluse in quel Centro di espulsione.

Da Roma mandiamo la nostra solidarietà a Paska, compagno che il 31 gennaio verrà processato a La Spezia dopo aver ricevuto un pestaggio in carcere, e ai rivoltosi che verranno processati ad aprile per le proteste nel carcere di Spini di Gardolo (Trento) a seguito della morte di un compagno di prigionia.

Per la libertà.

Compagni e Compagne

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Macomer 1 febbraio – Presidio in solidarietà alle persone recluse nel CPR

fonte: No CPR Macomer

Aderiamo alla Settimana di azioni e mobilitazione per la chiusura di tutti i CPR, per la liberazione immediata di tutte le persone rinchiuse.

Per Vakhtang
NO CPR NÉ A MACOMER NÉ ALTROVE
Presidio 1° febbraio 2020
Solidarietà ai e alle prime arrivate
Appuntamento a Macomer alle 15:30
al campo sportivo Sertinu in via Papa Simmaco

Per la chiusura immediata del CPR di Macomer, per la libertà di movimento, perché nessuna persona sia imprigionata e deportata a causa della sua provenienza e della sua condizione economica.
Da lunedì 20 gennaio è operativo il Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), realizzato all’interno dell’ex carcere speciale di Macomer. La gestione di questo campo di prigionia per immigrati e immigrate è stata affidata a una società controllata dalla multinazionale ORS, specializzata nella gestione privata di centri di detenzione.
I e le prigioniere del CPR, ipocritamente definite “ospiti”, vengono rinchiuse all’interno di questo carcere, circondato da alte mura, filo spinato e barriere d’acciaio, senza aver commesso alcun reato se non quello di esistere, per la sola ragione di non essere cittadine e cittadini europei e di non avere i documenti in regola.
La reclusione all’interno di questo lager può arrivare fino a sei mesi, in attesa che si organizzi la loro deportazione nel presunto paese d’origine.
Questi osceni campi di detenzione per migranti hanno più volte cambiato nome (CPA, CPT, CIE ed ora CPR) ma sono sempre stati luoghi di pestaggi e torture, cui le e i prigionieri hanno risposto con autolesionismo, evasioni e rivolte, come insegna l’esperienza del lager che ha funzionato a Elmas, dal 2007 al 2015. I CPR sono luoghi chiusi e impenetrabili a qualsiasi controllo, dove può accadere di tutto, persino omicidi, come quello di Vakhtang, pestato e ucciso dalle guardie il 18 gennaio scorso al CPR di Gradisca d’Isonzo.
Antirazzist@

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Torino 1 febbraio – Biciclettata contro il CPR

fonte: Macerie

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1 febbraio: giornata di mobilitazione nazionale contro i Cpr e la macchina delle espulsioni

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi: hurriya[at]autistici.org

La macchina delle espulsioni in Italia si trova in un momento particolare.

Da una parte le rivolte e le lotte dei reclusi che negli ultimi mesi a Roma, Bari, Torino, Caltanissetta, Trapani e Gradisca tentano di mandarla fuori strada e far chiudere i Centri della detenzione amministrativa.

Dall’altra chi governa, deciso a potenziare questa macchina, come mostra la recente apertura dei Cpr a Gradisca e Macomer e la prossima a Milano, e farla girare più spedita che mai spianando la strada da ogni potenziale ostacolo. La scelta di un ex-carcere per il Cpr di Macomer, le reti elettrificate in quello di Gradisca, il sequestro dei telefoni a Torino e Gradisca, misura che minaccia di estendersi agli altri Centri e diventare la norma, sono chiari segnali di un tentativo di indurire ulteriormente la detenzione amministrativa.

A questo si aggiungono gli arresti, le espulsioni, i pestaggi e le condizioni in cui sono stati lasciati i reclusi dopo le rivolte, a dormire nelle mense o fuori al freddo senza servizi igienici. Una politica del terrore che ha portato alla morte di due reclusi: Aymen Mekni, tunisino di 34 anni, nel Cpr di Caltanissetta e V.E., georgiano di 37, in quello di Gradisca, ammazzato di botte dalle forze dell’ordine. Due omicidi di Stato che dovrebbero impaurire gli altri reclusi e scongiurare la possibilità che qualcun altro si ribelli. Nel frattempo, a Caltanissetta come a Gradisca, i compagni più vicini ai due reclusi uccisi vengono espulsi in fretta e furia per togliere di mezzo scomodi testimoni.

Contro il coraggio, la rabbia e la voglia di libertà espressi dai reclusi durante le rivolte, lo Stato ha deciso di vendicarsi utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione.

La determinazione con cui le persone rinchiuse in questi monumenti all’infamia di quest’epoca hanno da sempre affrontato la loro reclusione dovrebbe essere d’esempio per noi fuori, specie in un momento come questo in cui le condizioni di vita e di lavoro all’interno delle città si fanno sempre più dure e se non riusciamo ad alzare la testa l’aria continuerà a farsi sempre più soffocante.

Non possiamo lasciarli da soli nelle mani degli aguzzini di Stato.

Invitiamo a una giornata di mobilitazione nazionale contro i Cpr e la macchina delle espulsioni per sabato 1 febbraio.

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Roma 1 febbraio – Presidio al CPR di Ponte Galeria

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi: hurriya[at]autistici.org

Nei CPR si continua a morire. Dopo la morte del ragazzo a Pian del Lago di Caltanisetta il 12 gennaio è solo di pochi giorni successivi l’assassinio di un altro uomo di origine georgiana all’interno del CPR di Gradisca d’Isonzo, aperto poco più di un mese fa.
Nel CPR di Ponte Galeria, l’ultima morte di cui siamo a conoscenza risale all’11 novembre 2018, quando Natalia è deceduta ancora prima dell’arrivo dell’ambulanza.
Dai CPR far uscire notizie all’esterno è molto difficile, soprattutto da quando i cellulari personali vengono sequestrati ai detenuti. Questa pratica è stata inaugurata nella sezione maschile di Ponte Galeria dopo la sua riapertura ma si sta estendendo anche nei CPR dove sempre più spesso accadono rivolte ed evasioni.
I telefoni servono a mantenere contatti con i familiari e gli avvocati ma servono anche per far conoscere le condizioni in cui vivono le/i detenute/i all’interno del CPR. L’acqua fredda, il cibo scadente, il ricorso a tranquillanti, i tentativi di autolesionismo fino alle morti e agli omicidi sono informazioni di cui si è a conoscenza solo grazie alle telefonate ricevute. Per questo motivo le relazioni con l’esterno sono molto temute da chi gestisce i CPR e dalle guardie che intimidiscono le/i recluse/i dal tenere contatti con i solidali o allertare i servizi emergenziali come le ambulanze.
Per mantenere alta l’attenzione su queste strutture di repressione e portare solidarietà a chi dentro continua a resistere e ribellarsi è necessario manifestare la nostra rabbia di fronte ai CPR.
Insieme alle altre iniziative che si terranno nelle giornate dal 27 al 2 febbraio in tutta italia, si terrà davanti al CPR di Ponte Galeria un presidio solidale. L’appuntamento è il 1 febbraio 2020 alle 15, fermata Fiera di Roma del treno per Fiumicino.

Nemiche e nemici delle frontiere

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Vercelli 8 febbraio – Presidio contro i Cpr sotto la sede di Versoprobo

Fonte: Punto di Rottura
Qui evento su fb

8/2/2020 – PRESIDIO CONTRO VERSOPROBO SCS
Milano e Versoprobo SCS unite per vocazione: lucrare sulla vita delle persone

“Versoprobo SCS: la vocazione per il sociale, gli esordi e le nuove sfide”. Così si presenta sul proprio sito la cooperativa Versoprobo di Vercelli (Corso Marcello Prestinari 168, Vercelli), alla quale – senza alcun dubbio – piacciono le sfide da cui può trarre profitti. Infatti, nel 2015, allettata dall’aumento dei flussi migratori verso l’Europa e l’Italia in particolare ha ben pensato di inserirsi nel sistema dell’accoglienza di emigranti. Come si evince dal suo sito e dai suoi introiti, ha svolto il proprio lavoro brillantemente, tanto da essersi guadagnata la fiducia e l’apprezzamento delle prefetture (Torino, Novara, Alessandria, Asti, Verbania, Biella, Vercelli, Varese, Campobasso, Chieti e Verona) per cui svolge le sue attività. Il legame con le forze dell’ordine si è consolidato anche grazie alla seconda vocazione di Versoprobo: la gestione del settore turistico. Infatti, una delle spiagge che gestisce a San Cataldo alle porte di Lecce è il “Lido della polizia”. Grazie alla sua duplice vocazione, Versoprobo, dalle informazioni che pubblicizza, alla data attuale ha accolto 1042 persone.

Ma, tra non molto questa cifra crescerà. Tra le nuove sfide di questa cooperativa, premiata a Torino a La Centrale Lavazza come una delle 53 imprese più “competitive e primatiste di bilancio di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, c’è la fornitura di servizi al nuovo CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) di via Corelli a Milano. A breve la metropoli scintillante del Nord Italia si sveglierà con un nuovo CPR, nella stessa sede che occupava fino al 2014 e dove attualmente si trova anche un CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria). Continua a leggere

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Francia/Gap – 13 febbraio presidio durante il processo contro chi lotta in frontiera

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi: hurriya[at]autistici.org
[Sotto trovate il testo in francese]

Giovedì 13 febbraio, due maraudeuse andranno a processo al tribunale di Gap per “oltraggio” e “rifiuto di farsi identificare” a seguito di una maraude al confine italo-francese il 26 lo scorso novembre.
Questo processo è legato al clima repressivo sulle frontiere e in ogni altro luogo, sulle persone solidali, ma anche e soprattutto su* migrant*.
Infatti, l’intimidazione e la repressione esercitata dallo Stato sulle persone solidali attraverso controlli mirati, multe, le molestie della polizia, i processi, ecc. sono solo una piccola parte dell’arsenale repressivo messo in atto dalle autorità nel quadro delle politiche anti-migrazione.
Controlli razzisti, pestaggi e rapine da parte di poliziotti, il percorso da combattere in prefettura, la mancata cura dei minori in alcune città, reclusione nei CPR/CRA ( Centro di Permanenza e Rimpatrio in Italia, Centre de Rétention Administrative in Francia) in condizioni atroci, le espulsioni effettuate “perché il vostro paese non è considerato abbastanza pericoloso” o semplicemente perché alla Francia non importa, sono la routine quotidiana che vivono le persone che vengono qui senza i documenti giusti.

Questa repressione orchestrata dallo Stato e messa in atto dal duetto Polizia-Giustizia sembra rivolgersi a tutti gli individui e a tutte le organizzazioni considerate indesiderabili, a tutte le forme di solidarietà che non sono a profitto della nazione, tutte le forme di azione non in linea con il loro patriottismo.

Di fronte a queste politiche mortifere, continuiamo a organizzarci!
Ci vediamo giovedì 13 febbraio alle 8.30 davanti al tribunale GAP.

Non esitate a far circolare queste informazioni.

Fuoco alle frontiere Continua a leggere

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