Belgio – Tentativi di rendere invisibili le resistenze: sosteniamo le lotte dentro i CIE

Traduzione da: Getting the Voice out

Il 20 giugno 2018, per un’intera giornata, 120 attivistx hanno bloccato il cantiere per la costruzione delle unità familiari che confinano con il CIE 127bis. Nel centro, i detenuti hanno espresso il loro sostegno a quanto avveniva fuori in differenti maniere: alcuni hanno rifiutato di mettersi a tavola durante il pranzo, altri hanno scritto messaggi di solidarietà verso i/le militanti per esprimere la loro solidarietà, etc.

In questo contesto, un detenuto ha attraversato il corridoio gridando: “abbiamo bisogno di libertà, abbiamo bisogno di libertà!”. Allora il guardiano è arrivato e gli ha detto: “basta così, adesso ti calmi immediatamente altrimenti…”, altri detenuti allertati dal rumore si sono avvicinati rapidamente e opponendosi al guardiano hanno risposto: “ne ha il diritto, non sta facendo nulla di male”. La reazione delle autorità del centro non si è fatta attendere: 4 persone in cella! L’isolamento è sistematico per chi tenta di portare un messaggio diverso da quello delle autorità, mira a scoraggiare ogni forma d’azione, a rompere ogni forma di resistenza nascente dentro i centri.

Quello che succedeva dentro al centro, si osservava anche fuori.

Quando si parla delle resistenze alle politiche migratorie securitarie e repressive, siano esse dentro o fuori i centri, le autorità applicano continuamente una vera e propria logica di dissuasione. Il tentativo è di tagliare tutto il sostegno alle azioni che possano rendere pubblico quanto succede nei centres fermés (CIE), come dimostra l’arresto dell’equipe di giornalistx della Rtbf al momento dell’occupazione del cantiere da parte degli/delle attiviste questo 20 giugno 2018.

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Aggiornamento dalla frontiera del Monginevro tra convocazioni alla PAF e respingimenti

Fonte: Chez jesus – Rifugio Autogestito

Aggiornamento dalla frontiera del Monginevro tra convocazioni alla PAF e respingimenti

– Esempi di repressione quotidiana

L’altra notte la PAF ha gonfiato di botte un ragazzo che pregava di non essere rimpatriato in Italia. La polizia respinge sempre più frequentemente anche i minori, spesso ingannandoli sulla destinazione finale del viaggio in furgone, che inesorabilmente li riporta in Italia. Gendarmi e polizia pattugliano i sentieri in quad, in bicicletta e a piedi,spesso minacciando di sparare a chi cerca di passare questo confine senza avere la pelle e i documenti richiesti. Intanto, i terreni da golf stanno riaprendo i battenti. Torna il turismo tra queste montagne. D’inverno, questi sentieri calpestati di notte dai “migranti” sono piste attraversate da migliaia di sciatori, meta turistica per ricchi. D’estate, si trasformano in campi da golf, pare- di proprietà della Lavazza. Campi dal terreno iper curato, il “golf transfrontaliero”, come anche viene chiamato. “… 18 buche a cavallo su due paesi!” dice il sito. Campi accessibili solo per chi ha le possibilità di pagare. Anche la frontiera è stata privatizzata. Se la spartiscono polizie varie e multinazionali.

– Primo episodio

Camminare nei boschi tra Claviere e Monginevro è pericoloso: rischi di incontrare brutti ceffi sul cammino, come un gendarme in bicicletta che ti sbarra la strada. Poco tempo fa tre amic* che passeggiavano tra queste montagne militarizzate sono stat* fermat* e sono stati chiesti loro i documenti. Una di loro non li aveva. Il gendarme a sella della sua bici ha chiamato rinforzi e i tre amic* sono stat* caricat* su una camionetta e portati alla PAF (polizia di frontiera) per accertamenti. Dapprima le guardie hanno provato a mettere pressione dicendo che il loro intervento era dovuto ad una segnalazione: qualcuno li avrebbe visti marcare i sentieri con una bomboletta spray. Una volta arrivati in centrale sono stati perquisiti, ma nulla è stato trovato nei loro zaini. I tre amic* sono stat* rilasciat* con una convocazione alla PAF per un’audizione libera, perché sospetti “di aiuto all’ingresso e al soggiorno di persona straniera”. Anche questo fermo rientrerebbe nel quadro di un’indagine più ampia, aperta per favoreggiamento all’immigrazione clandestina, a cui sembra che il simpatico procuratore di Gap sia particolarmente affezionato. E’ palese che la volontà del procuratore e della polizia di frontiera sia quella di mettere pressione. Intanto chi cerca di passare continua a perdersi in montagna passando ore tra i boschi per scappare dalle varie polizie; almeno in tre, tra queste montagne sono già morti.

– Secondo episodio Continua a leggere

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Roma – 29 giugno presidio al CPR di Ponte Galeria

Riceviamo e diffondiamo.

29 giugno 2018 Presidio al CPR di Ponte Galeria a Roma.
Dalle 17 davanti al CPR, fermata Fiera di Roma, treno regionale FL1.
Contro ogni prigione e frontiera, solidali con le donne recluse.

 

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Roma – 21 giugno a Piazza della Marranella “San Ferdinando: un lavoratore immigrato assassinato dal razzismo. STIAMO UNITI, LA SOLIDARIETÀ SCONFIGGE LA PAURA”

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi: hurriya[at]autistici.org

SAN FERDINANDO: UN LAVORATORE IMMIGRATO ASSASSINATO DAL RAZZISMO.

STIAMO UNITI, LA SOLIDARIETÀ SCONFIGGE LA PAURA.

In Italia, con la crisi, i ricchi sono diventati sempre più ricchi, mentre un quarto della popolazione è diventata povera. Invece di prendere i soldi a quelli che li hanno rubati, tutti i governi in questi anni hanno fatto e stanno facendo la guerra ai poveri.
Più carceri, più espulsioni, più controlli nelle strade, più divieti da una parte, dall’altra meno lavoro , meno case, meno servizi.

Chi lavora e vive nelle campagne subisce le più dure condizioni di sfruttamento ed è costretto a vivere in delle baraccopoli.
Un bracciante immigrato è stato ucciso mentre cercava delle lamiere per ripararsi dalla pioggia e dagli incendi.
È stato ucciso da chi lo ha ridotto a vivere in quelle condizioni: proprietari terrieri, industriali, politici.

Solidarietà con tutti i lavoratori e le lavoratrici delle campagne, lottiamo per migliori condizioni di vita, perché episodi come questo non si verifichino più.

Nelle ultime settimane, in diverse parti di Italia, continuano numerosi episodi di violenza contro persone immigrate.
Scendiamo in strada per sconfiggere insieme la paura.

Diciamo al governo, alle istituzioni, e a tutti coloro che vogliono strumentalizzare la situazione, alimentare la guerra tra poveri, criminalizzare i nostri fratelli e sorelle immigrate, che in questo quartiere non c’è posto per il razzismo.

ASSEMBLEA PUBBLICA PIAZZA DELLA MARRANELLA
GIOVEDÌ 21 GIUGNO – ORE 18,30
Torpignattara solidale

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Bologna – 20/6 – Presidio contro CEFA complice dei lager in Libia

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi hurriya[at]autistici.org

CEFA COMPLICE DEI LAGER LIBICI

Dal gennaio 2018 la storica ONG bolognese CEFA è in prima linea nella gestione dei flussi migratori e della manodopera ricattabile e a basso costo in rotta per l’Europa.
Attualmente CEFA partecipa alla conduzione di almeno due campi di detenzione libici, Janzour e Zwara, sulla costa tripolitana. Prima emergenza, distribuzione di acqua, igiene, salute, protezione, questi i compiti che l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), assegna alle organizzazioni vincitrici (CEFA, CIR, Fond. Albero della Vita, Croce Rossa Italiana) del bando da circa un milione di euro.

I campi di detenzione libici per migranti sono veri e propri lager dove centinaia di migliaia di uomini e donne sono reclusi e torturati, dove si rischia la vita ogni giorno per inedia, malattie e violenze da parte di chi li gestisce. Di fronte alle storie terribili che arrivano da questi lager l’Europa ha deciso di ripulirne la faccia, piazzando al loro interno dei “presidi umanitari” che ne certifichino la conformità ai tanto decantati diritti umani. Quanto questa operazione sia di pura facciata ci è dimostrato dai fatti del 15 maggio presso il campo di Gharyan, anch’esso presente nel bando dell’AICS e dove altre solerti ONG europee (tra cui anche la bolognese GVC) vigilano sui diritti dei detenuti: l’esercito spara su un gruppo di reclusi in fuga, il bilancio è di 8 morti e 20 feriti.

In Libia esistono ufficialmente almeno 33 campi di detenzione per migranti, gestiti da soggetti diversi: esercito, polizia, milizie e trafficanti con cui il governo libico e i governi europei hanno siglato accordi. Il loro scopo è quello di intercettare i migranti, ridurne e controllare il flusso, affinché in Europa giungano persone già schedate e che, dopo aver subito l’indicibile lungo il percorso migratorio, siano ben liete di accettare ogni condizione e ricatto pur di rimanere. In tutto questo organizzazioni come CEFA hanno un ruolo di copertura, dando credibilità etica a dei veri e propri lager.

Si aggiunga poi che la Libia, con i suoi idrocarburi tanto bramati da ENI, è una regione che, per essere sfruttabile e saccheggiabile al massimo livello, va pacificata. Controllare le migliaia di persone che la attraversano e regolarne in maniera ordinata gli spostamenti è un necessario passaggio per normalizzare la regione.
CEFA è una delle tante ONG che ha deciso di offrire copertura umanitaria agli interessi dello Stato italiano e dei padroni. Grazie a CEFA strutture abominevoli come i lager libici potranno continuare a esistere, schedando e rendendo ricattabili centinaia di migliaia di persone che migrano verso l’Europa. I lager libici non vanno conformati ai diritti umani (sempre che questo sia realmente possibile), ma vanno distrutti!

CEFA OFFRE COPERTURA UMANITARIA AI LAGER LIBICI!
CEFA IN LIBIA C’È E CE FA SCHIFO!

Bologna, giugno 2018.
Nemici/che di ogni frontiera

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Aggiornamenti dalla frontiera italo francese e racconto del campeggio itinerante Passamontagna

fonte: Chez Jesus

Con il Campeggio Itinerante Passamontagna per tre giornate abbiamo camminato su strade e sentieri di queste montagne di frontiera.

Le abbiamo attraversate in corteo, tra canti, musica e cori. Abbiamo discusso e fatto assemblee, dibattiti sul dispositivo frontiera, sul sistema dell’accoglienza, sulla mercificazione e lo sfruttamento dei flussi migratori messo in atto dagli Stati.

Abbiamo attraversato quella linea immaginaria chiamata frontiera per ribadire che non la riconosciamo. Non abbiamo chiesto i documenti a nessuno. Contro ogni sistema che divide, categorizza e seleziona, contro il dispositivo repressivo che parte dai paesi di origine che gli stati occidentali ancora colonizzano e sfruttano, dai centri di accoglienza, dai CPR, dalle retate nelle città fino ad arrivare a queste frontiere fatte di divise, gendarmi e militari.

Passando dai paesi della Val Clarée interventi, musica, cori, qualche scritta per terra, manifesti anitfascisti attacchinati .
Non abbiamo dimenticato i responsabili delle tre morti in frontiera dell’ultimo mese, né i delatori di Generazione Identitaria che si divertono a denunciare i migranti di passaggio. Non abbiamo scordato il braccio operativo di questa frontiera, gli uomini in divisa che ogni giorno perseguitano chi è senza un documento, meno degno anche di una qualsiasi merce che ogni giorno circola da un lato all’altro del confine.

Nel mentre il governo italiano, con il suo ministro dell’Interno in verde, si diverte a fare politica sulla pelle dei migranti, chiudendo tutti i porti e bloccando le navi di chi fugge cercando un’altra vita. Questo gioco politico ci fa schifo.

In questa tre giorni siamo TUTT* arrivati a Briançon. Governi e potenti chiudono le frontiere ; noi con le nostre pratiche le abbiamo aperte e continueremo a farlo.
La tre giorni è passata. E il dispositivo repressivo frontaliero continua nella sua opera di selezione che è da tempo diventata assassina.
Un ragazzo è stato pestato alla PAF (polizia di frontiera francese) l’altra notte, dopo essere stato preso dalla polizia mentre cercava di arrivare in Francia. L’hanno pestato perché non accettava il respingimento in Italia, né di firmare i fogli di « réfus d’entrée ». Nelle ultime settimane sempre più spesso chi cerca di passare il confine si ritrova minacciato dalle armi dei gendarmi e dei militari, che intimano di aprire il fuoco su chi non accetta le intimidazioni.

Negli ultimi giorni numerosi minori sono stati respinti, nonostante anche le loro leggi dicano il contrario. Ieri un ragazzo di diciassette anni, molto malato, ha tentato per due volte di arrivare alla PAF per farsi portare all’ospedale. Voleva essere preso in carico dal sistema francese dopo mesi di malattia non curata nei centri di accoglienza in Italia. Faceva fatica a reggersi in piedi. Gli hanno detto che l’avrebbero portato in ospedale subito. Invece ingannandolo, gli hanno fatto firmare un foglio dal contenuto sconosciuto, prima di riportato in Italia.

La nostra rabbia non si placa, anzi, aumenta. La militarizzazione continua a uccidere. I neo-fascisti non se ne sono ancora andati.
Non lasceremo queste valli in mano a una militarizzazione che continua a uccidere, a gruppi fascisti che tentano di insinuarsi in questi territori. Resteremo su queste montagne, le attraverseremo e continueremo a lottare perché delle frontiere non restino che macerie.

Avec le Camping Itinérant Passamontagna, nous avons marché pendant trois jours sur les routes et les sentiers de ces montagnes frontalières. Continua a leggere

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Belgio – Domenica 10 giugno manifestazione nazionale delle/dei sans papiers @Bruxelles

Ieri 7/6 si è tenuta l’assemblea generale della Coordination sans papier del Belgio in vista della manifestazione nazionale di domenica 10 a Bruxelles. Si è discusso e parlato per qualche ora anche se, contro ogni aspettativa, sans papiers e solidali non erano moltx. Il che è stato letto un po’ da tuttx come l’ennesima dimostrazione dell’aria di scoraggiamento e della stanchezza che si respira in tutta la città in questi ultimi tempi. La persecuzione di cui i/le sans papiers sono vittime nelle strade, autobus, stazioni, parchi, occupazioni, persino dentro le abitazioni private dei cittadini belgi, ha raggiunto proporzioni drammatiche. L’assassinio delle bambina kurda di 2 anni, uccisa da un colpo di pistola esploso da un poliziotto mentre stava viaggiando con la sua famiglia e altre persone verso il Regno Unito è solo l’ultimo di una lunga lista di episodi criminali. A inquietare e esasperare le/i sans papiers è anche la prossima apertura di lager familiari, dove saranno internate famiglie intere con figlix minori al seguito. Si tratta dell’ennesimo assurdo progetto messo a punto da Theo Francken, il Segretario di Stato fascista xenofobo che ha fatto dell’umiliazione dei/le sans papiers una ragione di vita nonché il cavallo di battaglia del programma elettorale del suo partito (N-VA). 

Dunque come uscire da questa situazione di oppressione? Come incoraggiare le altre sorelle e gli altri fratelli sans papiers a riprendere le lotte? Come far rinascere un movimento di solidarietà ancor presente ma di giorno in giorno sempre meno intenso e stanco? Come uscire da una situazione di stagnazione e tornare a diventare propositivi?

La risposta dell’assemblea a questi interrogativi è stata unanime: attraverso la mobilitazione e le lotte, nel senso più ampio e vario del termine. 

C’è chi ha proposto di approfittare della campagna elettorale delle comunali di ottobre a cui seguiranno, l’anno prossimo, europee e federale per mettere la questione delle/dei sans papiers al centro delle politiche dei partiti dell’opposizione; c’è chi suggerisce di fare una piattaforma comune del coordinamento, delle occupazioni e delle associazioni solidali per intraprendere un nuovo anno di attivismo che si limiti ai soliti cortei; chi propone di trovare il modo di portare rivendicazione delle/dei sans papiers nelle piazze, strade, eventi culturali non solo a Bruxelles ma in tutte le città del paese. 

Sono due i principi su cui, però, ci si è trovatx tuttx d’accordo: prima di tutto rimettere al centro di tutto la dignità delle persone che le politiche del governo vogliono totalmente azzerare (per qlcn, giustamente, il principio stesso della schiavitù). Poi, levare dall’ombra in cui sono statx relegatx da un certo buonismo gauchiste e cattolico – guarda caso condiviso anche dai partiti di destra?!? –  i/le 100 mila, 150 mila sans papiers presenti sul territorio belga che non sono rifugiatx. 

La manifestazione di domenica 10 dunque si presenta come un’ennesima nuova fondamentale tappa. Il programma è chiaro. I le sans papiers vogliono prima di tutto regolarizzazione e documenti “al fine di riconquistare la dignità che gli è stata levata”. “Il coordinamento”, si legge nell’appello a manifestare, “chiama tuttx i/le sans papiers nascosti nell’ombra e tuttx nostrx sostenitori/trici a allertare sulla nostra situazione e mobilizzare un gran numero di cittadinx per esigere degli impegni solenni dei partiti politici sull’integrazione dei/delle sans papiers nello stato di diritto belga. Un’integrazione che passa per:

Regolarizzazione delle/dei sans papiers

Chiusura centres fermés

Libertà di circolazione 

Fine delle espulsioni 

Fine della criminalizzazione dei/delle sans papiers

Rispetto dei diritti fondamentali come l’accesso alle cure mediche e all’educazione 

Rispetto e applicazione dei diritti del minore. 

Appuntamento, dunque, giorno 9 per creare insieme striscioni e manifesti da portare al corteo e giorno 10 alla manifestazione. Poi nuova assemblea generale per coordinare una nuova stagione di lotte!

Senza frontiere, senza galere!

Libertà per tuttx!

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Roma – Venerdì 22 Giugno: Come se non ci fosse un Daspo @ Piazza dei Mirti

riceviamo e diffondiamo:

Anche quest’anno sono entrate in vigore le ordinanze comunali anti-movida che, con la scusa dell’abuso di alcol e dell’utilizzo di bottiglie in vetro, contribuiranno a sorvegliare e punire ogni persona che scelga di passare l’estate in strada e non rinchiusa a casa o nei bar, pub e vari localini da cui le città sono ormai invase. Queste ordinanze si inseriscono nella retorica reazionaria del decoro, dell’ordine e della sicurezza urbana, e del cosiddetto vivere civile, in contrapposizione a degrado e inciviltà di cui determinate soggettività sarebbero portatrici.
Ma di quale civiltà parliamo? Di quella di una società securitaria e repressiva che controlla, perseguita, sanziona, imprigiona, tortura e deporta chiunque non rientri nelle categorie accettabili di bravo e onesto cittadino, preferibilmente bianco e ricco. Incivili sono i corpi di chi non rispecchia la cosiddetta normalità, o di chi, con la sua straordinarietà, sputa in faccia alla morale cattolica e borghese dello Stato; incivili i corpi di chi infrange e ribalta la regola, di chi non si assoggetta ai confini imposti dalla democrazia. Corpi e vite che devono essere nascoste agli occhi della gente perbene: poverx, senzatetto, mendicanti che rovinano la città-vetrina con la loro mera esistenza e  infastidiscono i turisti; lavoratrici sessuali che provocano scandalo sabotando i ruoli in cui il patriarcato vorrebbe costringere le donne; commercianti abusivx o spacciatorx che per bisogno o scelta sopravvivono nell’illegalità; persone immigrate a cui questa società razzista e classista riconduce ogni abominio. Corpi che non importano e che invece lottano e resistono a criminalizzazione, repressione e messa ai margini quotidiane. Continua a leggere

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Tunisia – Manifestazioni e assalti alle sedi istituzionali dopo l’ennesima strage in mare

Nella notte tra il 2 e 3 giugno, al largo dell’isola di Kerkennah in Tunisia, è avvenuto l’ennesimo naufragio di un barcone di migranti che trasportava circa 180 persone, “la più grave tragedia in mare del 2018” secondo l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim). 68 sono i sopravvissuti (61 tunisini e 7 di altre nazionalità), si contano almeno 112 tra morti e dispersi, e al momento solo 73 corpi sono stati recuperati.

La maggior parte delle persone a bordo della barca affondata domenica erano tunisini che cercavano di sfuggire alla disoccupazione e una crisi economica che ha continuato ad attanagliare il paese dopo il rovesciamento di Ben Ali nel 2011.

Una forte manifestazione si è tenuta la sera di martedì 5 giugno nella città di El Hamma (governatorato di Gabes) in segno di protesta contro il naufragio di Kerkennah. 10 giovani di El Hamma hanno trovato la morte in questa tragedia e altri 3 sono ancora dispersi, 24 tra i sopravvissuti provengono da questa città. Gli/le abitanti della città hanno organizzato un corteo per chiedere la caduta del governo. I manifestanti sono scesi per le vie della città scandendo diversi slogan come “il popolo vuole la caduta del governo”, “assassini dei nostri figli, ladri del nostro paese”, “Essebsi il tuo tempo è finito”, rivolto al presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.

La notte successiva, mercoledì 5 giugno, i manifestanti hanno marciato verso il quartier generale della delegazione del governo, a protezione del quale era stato schierato l’esercito. I manifestanti hanno tentato di invadere il distretto di sicurezza nazionale, bloccato le strade bruciando pneumatici e lanciato pietre contro le forze di sicurezza, che hanno sparato con i lacrimogeni. Diversi giovani sono stati arrestati in seguito a una retata nei quartieri della città.

Le organizzazioni nazionali presenti nella regione di Gabès, la Lega tunisina dei diritti umani e l’Unione sindacale regionale (UGTT) hanno emesso comunicati in cui attribuiscono la responsabilità della tragedia al governo, indicando il modello di sviluppo che, secondo loro, è la causa della disoccupazione giovanile e della disperazione. La disoccupazione nella regione di Gabes supera il 25% e raggiunge il 55,2% tra i diplomati.

Lunedì 4 e martedì 5 si sono tenute manifestazioni nella città di Tataouine, nell’omonimo governatorato. Anche qui molte persone, sopratutto giovani, sono scese in strada esprimendo la loro rabbia e rivendicando le dimissioni del governo. I manifestanti si sono poi diretti all’ospedale regionale per accogliere le salme delle 5 persone affogate nel naufragio, che provenivano da questa città.

I giovani della città di Beni Khedache ( nel governatorato di Medenine) hanno attaccato la stazione della Guardia Nazionale nel centro della città all’alba di giovedì 7 giugno 2018, in segno di protesta per il naufragio avvenuto lo scorso sabato, dove sono morte 4 persone residenti nella città.
Secondo il portavoce del ministero dell’Interno, Khelifa Chibani, alle due del mattino i manifestanti hanno lanciato pietre contro la stazione della Guardia Nazionale. Subito dopo, hanno forzato l’ingresso dell’edificio per incendiarlo e distruggere alcuni documenti. Successivamente è stato preso di mira il quartier generale della delegazione del governo, dove è stata incendiata la sala delle guardie. I manifestanti hanno denunciato l’emarginazione della gioventù da parte del governo e la situazione sociale ed economica, oltre alla mancanza di orizzonti di sviluppo nella regione.
Il portavoce del ministero dell’Interno ha affermato che la situazione è sotto controllo e che l’esercito sta attualmente proteggendo i siti vitali.

Per smorzare le proteste, il governo tunisino, da parte sua, ha creato una commissione di crisi sull’incidente allo scopo di sostenere le famiglie delle vittime e garantire le cure ai sopravvissuti. Diversi funzionari di sicurezza, intanto, sono stati destituiti dal ministero dell’Interno in seguito al naufragio di Kerkennah avvenuto lo scorso fine settimana. Sono stati rimossi dall’incarico, in particolare, il capo del distretto di sicurezza nazionale a Kerkennah; il responsabile del servizio regionale dei servizi speciali a Sfax; il capo della brigata d’intelligence del distretto di Kerkennah; il titolare della polizia giudiziaria a Kerkennah; il capo della polizia giudiziaria a Sfax. Estromissioni anche nella Guardia nazionale, dove sono stati destituiti il capo distrettuale della Guardia nazionale di Sfax; il numero uno della brigata di ricerca e investigazione nel distretto di Sfax; il responsabile della Guardia costiera di Kerkennah; il titolare della sicurezza marittima a Sfax. Il ministero dell’Interno spiega che questi sono solo “le prime sanzioni” in attesa di “ulteriori azioni”.
Il 6 giugno il primo ministro tunisino Youssef Chahed ha rimosso lo stesso ministro degli Interni Lotfi Braham.

Al 7 giugno di quest’anno, i tunisini rappresentano la prima nazionalità tra quelli che sono riusciti a raggiungere l’Italia: 2.916 persone su un totale di 13.808. Secondo il ministro degli Interni tunisini, nei primi 5 mesi di quest’anno circa 6.000 persone sono state fermate dall’intraprendere il viaggio, un netto aumento rispetto al 2017. Lo scorso anno 9.329 tunisinx hanno tentato di arrivare in Italia, il 34% è stato bloccato e arrestato prima di partire dalle autorità tunisine, 6.151 persone sono riuscite a sbarcare in Italia e son state segregate negli hotspot: 2.193 sono state deportate in Tunisia, gli/le altrx hanno ricevuto un decreto di espulsione o sono reclusx nei CPR.
A ottobre del 2017 le famiglie delle persone recluse negli hotspot e CPR in Italia avevano portato avanti una protesta per evitare la loro deportazione e chiederne la liberazione.

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Belgio – Arresti di massa e notizie dalle carceri per persone migranti (centres fermés)

In Belgio, e principalmente a Bruxelles, si susseguono senza sosta i rastrellamenti, la detenzione, gli abusi e le violenze contro le persone migranti. L’assassinio di Mawda, una bambina kurda uccisa da una guardia mentre con la sua famiglia cercava di raggiungere la Gran Bretagna, la continue mobilitazioni di solidarietà e di protesta, non ha avuto finora alcun tipo effetto sull’operato del governo.

Il 25 maggio quattro persone irachene richiedenti asilo sono state arrestate davanti a uno degli sportelli della prefettura dove avevano un appuntamento e subito portati in un centro di detenzione. La notte stessa alle 6 di mattina, la polizia irrompe nelle loro celle. Dopo averli ammanettati con le braccia dietro alla schiena, i quattro sono traportati all’aeroporto di Rouen dove un jet privato affittato dalla stessa polizia li porta in Finlandia (paese dove avevano presentato richiesta d’asilo). Alla vista dell’aereo uno dei quattro cerca di resistere, oppone resistenza, urla. Dei funzionari allora “l’hanno preso per i gomiti e bendato con una maschera sul volto”. Arrivati a Helsinki, dopo uno scalo a Copenaghen, i poliziotti finlandesi li hanno presi e detenuti nel centro per migranti a Konnuso.

Episodi come questi sono all’ordine del giorno. Inoltre il 29 maggio scorso, mentre l’opinione pubblica seguiva le vicende dell’attentato a Liegi, la polizia ha messo a punto l’ennesimo rastrellamento al Parc Maximilien. Decine di persone sono state prese e portate nei centri di detenzioni per migranti.

“L’ufficio ha riempito i centinaia di posti dei nostri lager chiamati “centres fermés”. Posti che avevano liberato in occasione dei rastrellamenti annunciati alla stazione del Nord e al parc Maximilien di Bruxelles.

In seguito alla mobilitazione della piattaforma di solidarietà con le persone migranti e alla fuga sugli interventi della polizia, l’Ufficio degli Stranieri ha scelto di rastrellare i/le migranti in maniera più discreta. Diverse decine di persone (e il numero continua ad aumentare di ora in ora) sono state arrestate in queste ultime settimane e si ritrovano ora nei centres fermés. Altre sono state liberate in queste ultime settimane e si ritrovano dopo qualche ora passata in una cella e dopo aver subito delle violenze paragonabili a delle torture.

Hanno riempito i lager uno dopo l’altro: il 23 maggio è stato riempito Vottem, il 24 Merkplas e il 25 Bruges.

Agli inizi del mese, circa 70 di 85 persone rastrellate e imprigionate nei lager del paese sono state liberate, in Belgio o in altri paesi europei, dopo mesi di detenzione. Molte di queste persone hanno ripreso il loro viaggio verso la Gran Bretagna o altri paesi dell’Unione Europea. Qualcuno è stato ritrovato in Canada.

Qualcosa del genere succederà sicuramente a molte delle persone arrestate in questi giorni.

Allora è opportuno chiedersi a cosa servano questi rastrellamenti e queste detenzioni. A scoraggiare tutte e tutti i richiedenti asilo e tutte e tutti i sans-papiers, a fare aumentare le cifre delle e degli “Illegali”, a espellere, a confermare la politica de « voor een streng maar rechtvaardig migratiebeleid » (per una politica migratoria severa ma giusta), come dice Theo Francken? (Segretario di Stato all’emigrazione del partito N-VA, di ultra destra fiammingo, xenofobo, omofobo, razzista e islamofobo N.d.T.).

Nel campo per migranti 127bis, la situazione resta esplosiva, degli scioperi della fame sono cominciati all’inizio del mese di maggio e sembra continuino anche ora anche se abbiamo poche informazioni in seguito a delle forti pressioni fatte su detenutx affinché non abbiano contatti con l’esterno. Alcuni detenuti “recalcitranti” sono stati messi in prigione, altri in isolamento medico. Un uomo epilettico è in uno stato molto preoccupante.

Al centro Caricole, 5 detenuti sono invece evasi, uno di questi è stato indicato come “islamista” da Theo Francken. Tuttavia, giusto per ricordarlo, un uomo recluso per diversi mesi in un centre fermé di Vottem, sospettato di essere un terrorista, è stato finalmente liberato.

Il 10 giugno il coordinamento dei e delle sans-papiers ha convocato una manifestazione nazionale a Bruxelles: “Adesso abbiamo bisogno della regolarizzazione”!

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