Colonialismo carcerario: il progetto della Gran Bretagna per costruire un’ala in una prigione in Nigeria

Traduzione da: Corporate watch

Il governo britannico ha recentemente annunciato l’intenzione di costruire una nuova ala in una prigione in Nigeria. L’ala da 112 posti sarebbe stata costruita nella prigione di massima sicurezza di Kirikiri ad Apapa, nello Stato di Lagos, in Nigeria, e avrebbe consentito la deportazione dei prigionieri dal Regno Unito alla Nigeria. Lo stato britannico ha firmato un “accordo per il trasferimento del prigioniero” nel 2014 con la Nigeria ma non è stato in grado di espellere le persone a causa delle cattive condizioni delle carceri nigeriane.

Questo articolo presenta la ricerca di Corporate Watch su questo allarmante progetto; indagando sul flusso di finanziamenti e sul quadro più ampio del colonialismo carcerario, nonché sulla criminalizzazione razzista dei cittadini stranieri e sulla traiettoria che le persone devono affrontare dalla prigione alla detenzione fino alla deportazione.

Quello che sappiamo finora

Il Segretario agli Esteri, Boris Johnson, tramite una dichiarazione scritta il 7 marzo 2018, ha annunciato l’intenzione del governo britannico di costruire un’ala della prigione in Nigeria. La dichiarazione dice:

“Il 9 gennaio 2014, il Regno Unito ha firmato un Accordo di trasferimento obbligatorio del prigioniero con la Nigeria. Come parte di questo accordo, i prigionieri idonei che scontano condanne penali in Nigeria e nel Regno Unito possono essere rimpatriati per completare le loro condanne nei rispettivi paesi. A sostegno di questo, e per contribuire a migliorare la capacità del Servizio penitenziario nigeriano, il governo ha accettato di costruire un’ala con 112 letti, conforme alle norme delle Nazioni Unite, nella prigione di Kiri Kiri, a Lagos. Sono state piazzate offerte e identificato un fornitore per condurre i lavori di costruzione, insieme al supporto del progetto, al monitoraggio e alla valutazione, portando il costo totale a 695.525 sterline. Questo progetto è finanziato dal CSSF (Fondo per il Conflitto, la Stabilità e la Sicurezza ) del Fondo Migrazioni per il rimpatrio. La fornitura di questa assistenza è in linea con gli obiettivi di sicurezza e stabilità del governo in Africa occidentale. Funzionari dell’FCO effettuano regolari controlli dei nostri programmi in Nigeria per garantire che i finanziamenti siano diretti solo ai destinatari approvati.”

La prigione di massima sicurezza di Kirikiri fu costruita nel 1955, cinque anni prima che la Nigeria diventasse ufficialmente indipendente dal dominio coloniale britannico. La capacità ufficiale della prigione è di 1.056 persone. A marzo 2018, il carcere deteneva circa 5000 prigionieri, rendendolo incredibilmente sovraffollato. Secondo una ricerca dell’ONU, 3700 prigionieri erano in attesa di processo da cinque anni o più. È una delle 144 prigioni e 83 prigioni satelliti in tutto il paese.

Dopo l’annuncio, il portavoce del servizio carcerario nigeriano, Francis Enobore, ha dichiarato che il governo britannico non ha ancora comunicato formalmente il suo piano al governo federale. Ha inoltre dichiarato che:

“Nessun edificio del genere può essere costruito senza una sinergia tra il Regno Unito e il governo nigeriano; il Regno Unito non può farlo. Non c’è possibilità che il Regno Unito possa semplicemente entrare a Kirikiri e iniziare a costruire qualsiasi cosa. Ufficialmente, non siamo a conoscenza di tale mossa. Nessun documento formale è stato inviato al Servizio carcerario. Per quanto ne so, non ho visto nessun documento che mostri un passo formale da parte del Regno Unito per costruire un’ala della prigione a Kirikiri… Ho letto del piano. È una proposta ancora in esame nel Regno Unito. Non vi è alcun passaggio in cui si menzioni che sia stato fatto un invito formale al governo nigeriano. Il Responsabile generale sarà avvisato e ci saranno ulteriori piani. È troppo presto per me per iniziare a parlare di un progetto che non ho visto o sentito”. I prigionieri non possono attualmente essere trasferiti in Nigeria a causa delle condizioni delle carceri, che violano gli standard delle Nazioni Unite. Nel 2017, gli investigatori per i diritti umani hanno scoperto che i prigionieri nel paese erano soggetti a “esecuzioni extragiudiziali, torture, grave sovraffollamento e scarse strutture di base.” Il paese prevede ancora la pena di morte per reati come tradimento, omicidio, omicidio doloso e rapina a mano armata. Anche lo stupro, la sodomia e l’adulterio sono punibili con la pena di morte, secondo i codici penali basati sulla Shari’a, vigenti in alcuni stati. Più di 527 persone sono state condannate a morte nel 2016, con oltre 1979 presenti nel braccio della morte. Anche la corruzione è un serio problema nel servizio penitenziario, così come il fatto che bambini e adulti vengano imprigionati insieme.

Informazioni sul Conflict, Stability and Security Fund (CSSF) del Regno Unito

Secondo il governo, il Fondo “Conflitto, Stabilità e Sicurezza” (CSSF) della Gran Bretagna ha un budget annuale di oltre un miliardo di sterline e mira a commissionare progetti che possano aiutare a prevenire conflitti e stabilizzare paesi o regioni. È stato istituito nel 2015 ed è guidato dal Consiglio di sicurezza nazionale. Il suo budget era di 1.16 miliardi di sterline nel 2018.

Il fondo è incredibilmente riservato. Una relazione annuale è stata prodotta a causa delle pressioni sulla trasparenza, ma non fornisce un elenco completo dei progetti finanziati né dei paesi in cui opera. Un nuovo quadro contrattuale è attualmente in fase di sviluppo, tuttavia, di seguito è riportato l’elenco degli appaltatori finora noti:


Un rapporto, prodotto da Mark Curtis di Global Justice Now (GJN) nel dicembre 2017, mette in luce la realtà del CSSF. Il rapporto intitolato “Il conflitto, la stabilità e il fondo di sicurezza: deviare gli aiuti e minare i diritti umani” descrive come il CSSF sta usando sempre più denaro per finanziare progetti militari e antiterrorismo, comprese le forze di sicurezza in diversi stati coinvolti in spaventose violazioni dei diritti umani. Il GJN crede, in base alle sue ricerche, che il CSSF stia diventando un “fondo nero”, trasferendo in modo efficace denaro dal Dipartimento dello Sviluppo Internazionale ad altre agenzie governative.

Il fondo finanzia sempre più progetti e programmi relativi al controllo sociale, alla polizia, alla militarizzazione e alle carceri. Ad esempio, 2.5 milioni di sterline sono stati dati alle forze di polizia nigeriane come “assistenza strategica”. La formazione della polizia è stata anche finanziata in Sierra Leone per un importo di 2.31 milioni di sterline per fornire formazione a livello senior nella “gestione dell’ordine pubblico”.
Il CSSF è indubbiamente utilizzato per rafforzare gli stati e il loro apparato repressivo. 3,25 milioni di sterline sono stati donati a 11 progetti in Bahrein. Una richiesta di accesso agli atti da parte del GJN ha dimostrato che questi progetti includevano un contratto con l’Ispettorato delle carceri di Sua Maestà per aumentare le capacità nelle prigioni del Bahrein e insegnare alla polizia del Bahrein come “comandare e controllare” i manifestanti, comprese le sessioni sull’uso di “opzioni meno letali” come cannoni ad acqua e cani, così come raccolta di prove e consigli tattici.
Sayed Alwadaei, direttore di Advocacy presso l’Istituto per i diritti e la democrazia del Bahrein, ha dichiarato: “Il coinvolgimento del Regno Unito va oltre l’assistenza tecnica: ha creato una ragnatela attraverso le carceri del Bahrein, la polizia, la magistratura e ora il parlamento, nonostante la maggioranza dei leader dell’opposizione languiscano dietro le sbarre, un giro di vite senza precedenti tra la società civile e un netto deterioramento dei diritti umani. Il Regno Unito sta gestendo la repressione in un regime autoritario, pagato dal contribuente “. Esempio dopo esempio mostra il finanziamento dei regimi repressivi, dai corsi per i militari birmani e sudanesi alla formazione della polizia in Sri Lanka (dove la tortura da parte della polizia è diffusa). Anche i veicoli militari sono stati donati al governo bulgaro per aiutare a sorvegliare i suoi confini e catturare e rimpatriare i rifugiati.

Colonialismo carcerario

L’ala della prigione in Nigeria non è il primo progetto di costruzione carceraria che lo stato britannico ha cercato di avviare. Nel 2015, il primo ministro David Cameron ha annunciato piani per costruire una nuova prigione in Giamaica per gli stessi scopi – per consentire il trasferimento di prigionieri tra i due paesi. 25 milioni di sterline sono stati offerti per costruire una nuova prigione per 1500 persone come parte di un pacchetto di aiuti da 300 milioni di sterline alla Giamaica per l’incremento degli scambi e dello sfruttamento globale. Il pacchetto, che copriva solo il 40% del costo, è stato infine respinto dallo Stato giamaicano.

Il ministro degli Esteri, Kamina Johnson, ha detto ai legislatori che “i termini che hanno fornito (nel Regno Unito) non sono vantaggiosi per la Giamaica nel suo complesso e quindi noi (il Governo) lo abbiamo respinto”. L’offerta dello stato britannico di costruire una nuova ala della prigione in Nigeria è la continuazione di un retaggio di violenze risalenti al commercio degli schiavi nel XVIII secolo, in cui la Gran Bretagna si sostituì ai portoghesi come leader del commercio nella regione.

Un organizzatore della campagna End Deportations ha dichiarato: “È stata la Gran Bretagna a creare lo stato che ora è conosciuto come la Nigeria – unendo due regioni molto diverse: il Nord (allora, principalmente musulmano) e il Sud (allora, principalmente cristiano). Il nome “Nigeria” è stato scelto dalla moglie di un amministratore coloniale britannico. La Nigeria era spesso usata dagli inglesi come base per attacchi contro altri paesi colonizzati in Africa – distruggendo modi di vita autosufficienti e produzione agricola – portando alla carestia e alla povertà”.

La prima prigione che gli inglesi tentarono di costruire nel 1882 fu inesorabilmente presa di mira dagli anti-colonialisti, che furono in grado di incendiarla facilmente grazie alla sua struttura fatta con muri di fango e paglia. Nel 1885, il governo coloniale importò mattoni dall’Inghilterra al costo di £ 16.000 e ricostruì la prigione. Il potere neo-coloniale nel paese continua con gli organismi coercitivi come il Fondo Monetario Internazionale che orientano la produzione deviandola dall’agricoltura indirizzata ai bisogni nazionali verso industrie di estrazione delle risorse e di combustibili fossili. Nel dicembre 2017, Amnesty International ha chiesto ai governi di Nigeria, Regno Unito e Paesi Bassi di indagare sulla campagna militare nigeriana per mettere a tacere le proteste del popolo Ogoni contro l’inquinamento della Shell nel paese. Oltre ad addestrare la polizia nigeriana in tattiche repressive, lo stato britannico ha anche pagato per la costruzione di un nuovo centro di accoglienza  per le persone deportate in Nigeria.

Prigionieri di nazionalità straniera: Demonizzazione, razzismo e il complesso industrial-carcerario

Prima del 2006, la maggior parte dei prigionieri di nazionalità straniera è stata semplicemente fatta uscire di prigione alla fine delle sentenze. Questo accadeva prima della recente isteria nazionale anti-immigrazione fomentata da giornali razzisti. Ben presto l’imperativo del governo diventò quello di deportare quanti più “criminali stranieri” possibile. La legge sui confini del Regno Unito del 2007, introdotta dal governo laburista, fu un punto di svolta. Stabiliva che i “criminali stranieri” che scontano una pena di 12 mesi o più devono essere automaticamente espulsi e che tutti i non cittadini condannati alla prigione sarebbero indicati per la deportazione, qualunque sia la loro situazione.
Il sistema carcerario stesso è stato ridisegnato per consentire un maggior numero di deportazioni. Il sistema ‘a raggiera’ ha creato prigioni dove l’agenzia di frontiera era presente in pianta stabile e le persone potevano essere “gestite” in modo più efficiente. A seguito di pene detentive, se non già espulse, le persone sarebbero detenute nei Centri di espulsioni per persone immigrate a tempo indeterminato fino alla deportazione o a un ricorso legale accolto (raramente accettati nel caso di quelli che sono stati classificati come criminali). I centri di detenzione sono quasi tutti gestiti da società private e sono stati ampiamente studiati da Corporate Watch, rivelando abusi diffusi.
Al 31 dicembre 2017 c’erano 9.440 (1.585 in custodia preventiva, 6.892 condannati e 863 non criminali) detenuti di nazionalità straniera in custodia e nei Centri di espulsione gestiti da HMPPS (IRC); rappresentano l’11% della popolazione carceraria totale. L’Osservatorio sulla Migrazione ha riferito che nel 2016 il Regno Unito ha espulso 6.171 prigionieri stranieri, una piccola parte delle 39.626 persone espulse dal Regno Unito o che se ne sono andate volontariamente dopo l’inizio delle deportazioni. I cittadini dell’India, del Pakistan e della Romania hanno rappresentato il 32% del totale. Molti prigionieri stranieri provengono da minoranze etniche con legami coloniali nel Regno Unito. Un gran numero sono anche europei emarginati dell’est di etnia bianca che sono soggetti allo “xeno-razzismo”. Ad esempio nel 2015 sono stati espulsi più albanesi rispetto a qualsiasi altra nazionalità. Le nazionalità più comuni nelle prigioni, dopo i cittadini britannici, sono polacchi (9% della popolazione carceraria FNO), irlandesi (8%), albanesi (8%), rumeni (7 %) e giamaicani (5%).

Esperienze dei Prigionieri di nazionalità straniera

Secondo una ricerca di Sarah Turnbull e Ines Hasselberg dell’Università di Oxford, i cittadini stranieri potrebbero passare più tempo in isolamento rispetto ai loro omologhi britannici. Più specificamente, è molto probabile che siano imprigionati in attesa di giudizio e in attesa di processo e condanna, in seguito a condanne detentive più lunghe, che sia loro rifiutata la riclassificazione a condizioni detentive meno restrittive, che vengano detenuti dopo la condanna sotto i poteri dell’ufficio immigrazione e che sia rifiutata la cauzione della detenzione per immigrati a causa delle loro precedenti condanne.
I prigionieri stranieri hanno maggiori probabilità di sperimentare l’isolamento sociale all’interno della prigione a causa di barriere linguistiche e altri fattori, e hanno meno probabilità di avere un sostegno sociale esterno per aiutarli a sopravvivere in carcere. La ricerca ha dimostrato che i prigionieri stranieri sono anche più soggetti al suicidio e all’autolesionismo. Un esempio è il ventiseienne Darius Lasinskas, che si è suicidato a Huntercombe nel 2016, preoccupato per la sua deportazione in una prigione lituana. Nel 2015, l’Istituto per le Relazioni Razziali ha prodotto un rapporto straziante che descrive le morti di prigionieri stranieri e le storie complesse, tragiche e ingiuste di coloro che sono morti nel sistema carcerario britannico.

Deportazioni

Le deportazioni sono un’altra arma nell’arsenale del controllo sociale. Le persone vengono regolarmente deportate in Nigeria su voli commerciali, così come su voli charter ogni due mesi. I voli charter implicano la messa in servizio di un aereo dedicato per espellere persone in numero maggiore. I profitti da questi voli in Nigeria sono di Titan Airways. Durante un volo nel 2016, un deportato che era chiaramente non idoneo a viaggiare, dopo essere sopravvissuto a un’operazione al cervello, è stato portato sull’aereo in un’ambulanza.
Le testimonianze di una rifugiata detenuta nel centro di detenzione di Yarl’s Wood dicevano “Sono una lesbica che non va bene in Nigeria… Dovevo lasciare la Nigeria perché avevo paura di mio marito. Sono stata costretta a sposarlo con un matrimonio combinato… Il mio ex marito ha detto che sa che sto per essere deportata la prossima settimana. Mi sta aspettando. Sta progettando di uccidermi”. Le leggi anti-LGBT della Nigeria furono introdotte per la prima volta sotto l’impero britannico. Ora gli atti omosessuali sono punibili fino a 14 anni di carcere nel paese.
Un altro detenuto che parlava dei voli charter ha scritto che “molte atrocità sono state commesse durante questi voli. Le madri sono state separate dai loro figli che sono sfortunati per essere nati da genitori nigeriani dato che il governo non combatte per i loro diritti. Invece, fanno parte delle migliaia che il governo della Nigeria ha venduto al governo britannico. Bentornati al commercio degli schiavi!!!” Recentemente Mitie è subentrata a Tascor, in quanto la società ha firmato un contratto con il Ministero dell’Interno per espellere migliaia di persone ogni anno.

Criminalizzazione e rafforzamento del controllo nel regime di frontiera

Melanie Griffiths descrive il mutevole panorama politico che rende criminali un numero maggiore di persone e (certe) persone più straniere. Gli attori chiave in questo processo sono la polizia e persino glia agenti penitenziari, i cui ruoli ora includono il controllo dello stato di cittadinanza. Il rapporto di Corporate Watch sull’ambiente ostile parla dei tentativi di trasformare il Regno Unito in una nazione di sbirri frontalieri.
Un’iniziativa chiave che amplia la rete di ciò che viene considerato come criminale è l’Operazione Nexus; uno schema pilota che è iniziato a Londra nell’ottobre 2012 e si sta diffondendo in tutto il Regno Unito. Il Ministero degli Interni afferma che l’obiettivo generale dell’operazione Nexus è quello di migliorare la gestione dei cittadini stranieri e dei trasgressori di nazionalità straniera con particolare attenzione al rafforzamento del lavoro inter-organizzativo tra il Ministero dell’Interno e la polizia.
In questo schema, la Polizia Metropolitana è tenuta a comunicare i dettagli di tutti i “cittadini stranieri o presunti cittadini stranieri” che “incontrano o arrestano” a un’unità centrale di un Ministero degli Interni chiamata Unità di Comando e Controllo (CCU). Il personale di questa unità centrale controlla i loro dettagli nei database del Ministero dell’Interno, in primo luogo nel Case Information Database (CID). Se c’è una “corrispondenza” con un noto “trasgressore dell’immigrazione”, il caso viene poi riferito a diversi funzionari dell’Immigrazione (ICE) che sono inseriti come “ufficiali di collegamento di polizia” in un certo numero di stazioni di polizia “hub” di zona per questo scopo . Un gruppo di altri agenti ICE e di polizia lavora insieme in un centro operativo congiunto dedicato (JOC). Gli individui designati possono quindi essere a rischio di deportazione.
Le prove sono raccolte per dimostrare che la deportazione è “favorevole al bene pubblico”. Un fatto preoccupante dell’operazione Nexus è che non sono necessarie prove ammissibili in tribunale. Una vasta gamma di materiali viene utilizzata per accertare la “condotta” o il “carattere” criminale sulla base di una raccolta eterogenea di accuse, fonti anonime, prove circostanziali, dicerie e altro ancora.
L’operazione Nexus viene presentata come mirante a criminali stranieri “ad alto rischio”, tuttavia ha effettivamente ampliato la propria rete. Griffiths descrive questo: “Il Nexus fa molto di più che semplicemente aumentare la scoperta dei criminali stranieri: espande la definizione e l’appartenenza alla categoria stessa”.
Nuovi reati sono stati anche creati nell’ambito dell’iniziativa sull’ambiente ostile del governo britannico. Secondo l’Immigration Act 2016, i nuovi reati includono: “lavoro illegale” (in nero), in base al quale la pena massima è di sei mesi di carcere più un’ammenda illimitata. Inoltre, qualsiasi guadagno derivante dal “lavoro illegale” può essere sequestrato. Se l’accusa può dimostrare che un datore di lavoro sapeva o aveva “ragionevoli motivi per credere” che un dipendente non avesse il diritto al lavoro, può essere condannato a cinque anni di carcere. Allo stesso modo, affittare a qualcuno che hai “ragione per credere” sia senza documenti può anche portare a una pena detentiva massima di cinque anni.

Resistere alla solidarietà condizionata e alla narrativa del migrante buono e di quello cattivo

Diventando criminali o criminalizzati, gli esseri umani diventano fondamentalmente disumanizzati. Il processo violento di imprigionamento, detenzione e deportazione diventa meritato e giustificato all’interno dell’opinione pubblica perché la gente ha trasgredito la legalità o potenzialmente ha causato danni agli altri. Le prigioni sono santificate come naturali, normali e necessarie per disciplinare, punire e trattare le persone “problematiche”. Criminalizzare gli “stranieri” crea un sostegno popolare senza sforzo per la violenza di stato.
Allo stesso modo, la distinzione tra “migrante buono / meritevole” e “migrante cattivo / indegno ” o “rifugiato vulnerabile”, può rafforzare l’accettazione di incarcerazioni, deportazioni e regime di confine per coloro che cadono nelle maglie del sistema di giustizia penale.
Nel suo documento sui prigionieri stranieri, Griffiths ha condiviso che i giornalisti le hanno detto che i dati sulle durate estreme della detenzione non sono degne di notizia se i detenuti hanno precedenti penali. Se le organizzazioni caritatevoli, le ONG o anche i movimenti dal basso dipendono da discorsi di innocenza senza interagire in modo critico con le complessità del sistema di giustizia criminale, di razzismo, marginalità e precarietà, i nostri sforzi sono destinati a fallire nel sostenere altri esseri umani per sopravvivere a più ampi sistemi di oppressione e alla repressione dello stato. William Calethes descrive come la pena razzializzata persiste nel tempo poiché fornisce stabilità politica, sociale ed economica, necessaria per la continua accumulazione di capitale della élite bianca. La nostra solidarietà non può essere condizionata in un contesto più ampio di violenza di stato e capitalismo razziale.

Resistenza al complesso industrial-carcerario a livello globale

Il complesso industrial-carcerario è un mostro globale. Il potere penale sta giocando un ruolo sempre più importante nella migrazione globale. Il Fondo “Conflitto, Stabilità e Sicurezza” è solo un esempio di come le risorse capitaliste della Gran Bretagna e dell’Occidente stanno facendo leva su progetti neocolonialisti volti a rafforzare le forze statali, che usano la polizia e le carceri come strumenti per il controllo sociale. Nel frattempo, le corporazioni private traggono profitto dalla costruzione di carceri, dal lavoro carcerario e dal regime di frontiera in quanto i corpi umani vengono trattati come mere merci da sfruttamento. È chiaro che il progetto della prigione in Nigeria non impedirà le violazioni dei diritti umani all’interno delle sue mura. Né un aumento della capacità aggiungendo una nuova ala penitenziaria ridurrà efficacemente il sovraffollamento. Studi dal Regno Unito e altrove hanno dimostrato che la costruzione di nuove prigioni porta solo a un sovraffollamento. Mentre il governo britannico continua a lavorare sul suo programmada 1,3 miliardi di sterline di espansione delle prigioni per l’Inghilterra e il Galles, vediamo come gli stati continuano a investire in infrastrutture per la repressione senza riuscire a risolvere eventuali problemi sociali o economici ingabbiando esseri umani.

 

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