Roma 5/12 – Analisi e confronto sul decreto sicurezza – Cena benefit La Lima @ BAM

Uno stato lasciato indisturbato nelle guerre, nei saccheggi, nelle stragi e nei campi di tortura, si arma fino ai denti per rafforzare anche la guerra dentro i suoi confini.
I suoi nemici sono le persone escluse, sfruttate e chi sceglie di lottare.
Nelle scuole, nelle strade, nelle case occupate, nei luoghi di lavoro e di ritrovo la ricetta è disciplinamento e pugno di ferro.

ANALISI E CONFRONTO SUL DECRETO SICUREZZA
con compagnx di Rete Evasioni e Hurriya

ore 18:30 discussione
ore 20:30 cena benefit Cassa di solidarietà “La Lima”

a BAM – Biblioteca Abusiva Metropolitana – via dei castani 42

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Bologna – Migrazione e detenzione delle donne nel CPR di ponte Galeria – Domenica 2 dicembre

fonte: Il Tribolo – spazio di documentazione anarchico

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Roma – Di CPR si muore ancora

Riceviamo e pubblichiamo. Per scriverci e inviarci contributi hurriya[at]autistici.org

ROMA – MORTA UNA DONNA NEL CENTRO DI DETENZIONE PER MIGRANTI DI PONTE GALERIA

L’11 novembre scorso una donna è morta nel CPR di Ponte Galeria (Roma). Siamo venute a saperlo ieri, 24 novembre, durante il presidio davanti le mura di quel lager. Dai racconti delle recluse emerge che Natalia avesse problemi di cuore e nonostante questo, in seguito ad un malore, i soccorsi sono arrivati solo quando lei era già morta.
In generale, da questa e altre storie, sappiamo che all’interno dei centri di permanenza per il rimpatrio le persone che necessitano di cure o medicinali normalmente non le ricevono.
Questa morte ci appare un fatto speciale, ma è in realtà un caso limite di una situazione quotidiana fatta di negazione delle cure, condizioni igieniche indegne e pasti scadenti nella generale privazione di libertà e violenza quotidiana.
Se da un lato la distribuzione dei farmaci richiesti (anche da prescrizione medica) viene negata, dall’altro la medicalizzazione delle recluse avviene attraverso la somministrazione di psicofarmaci nascosti nel cibo.
Complici e responsabili di quanto avviene all’interno del CPR sono la Cooperativa sociale Albatros 1973, la prefettura di Roma e il garante nazionale dei diritti dei detenuti, oltre che tutti coloro che col centro collaborano.

Ancora una volta le uniche che ci raccontano quanto accade nei lager sono le persone recluse. Infatti la notizia della morte di Natalia è uscita solo grazie alle loro voci.
I giornali e le associazioni non si sono occupati di tutto ciò, confermando il loro ruolo di connivenza e continuando a garantire la facciata democratica dei centri.
La sera in cui si è consumata questa infamia le detenute hanno deciso di rifiutare il pasto collettivamente.
Sappiamo inoltre che da almeno tre giorni nel CPR di Ponte Galeria non c’è acqua calda.

La violenza sulle donne che lo stato continua a dire di combattere in realtà è strutturale, e viene agita fra gli altri dai tutori dell’ordine sistematicamente in strada e nelle galere, oltre che in casa. Quanto ci raccontano da dentro le mura del CPR e quanto viviamo ogni giorno ne è la prova.
Decidiamo  di recarci lì davanti ogni mese per solidarizzare con le donne che vivono quotidianamente la violenza degli stati colonialisti e patriarcali.

IL MIGLIOR MODO PER SAPERE COSA ACCADE NEI CENTRI È SENTIRE LA VOCE DI CHI È RECLUSA, PER QUESTO È IMPORTANTE ESSERE SOTTO QUELLE MURA.

PORTIAMO IN STRADA LA NOSTRA RABBIA PER QUANTO È ACCADUTO E CONTRO QUESTO SISTEMA SUPREMATISTA E ASSASSINO.

Solidarietà per Trabelsi, condannato a dieci anni di carcere  per la rivolta del Dicembre 2017 a Pian del Lago

Oggi come ieri, l’indifferenza è complicità

Nemiche e nemici delle frontiere

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Torino – Sabato 15 Dicembre: Corteo contro la sorveglianza speciale e ciò che le ruota attorno

fonte: macerie

Il decreto Immigrazione e Sicurezza viene presentato dal governo giallo-verde come un provvedimento volto a migliorare la vita di tutti. Ma le nostre vite non miglioreranno.

Peggioreranno, invece, e di molto: peggioreranno per i poveri, per gli stranieri, per chi vuole o deve vivere in modo diverso da quello che questo sistema prescrive.

Con questo decreto aumenteranno i dispositivi di controllo sulle nostre vite, saremo sempre più ricattabili e sfruttabili sul posto di lavoro e migliaia di persone diventeranno clandestine, costrette a nascondersi e a vivere in condizioni degradanti.

Chi lotta dovrà misurarsi con limitazioni sempre più restrittive e una repressione più dura. Così, ora, occupare una casa significa rischiare fino a quattro anni di carcere mentre bloccare il traffico, durante uno sciopero o un picchetto, fino a dodici anni.

Scendiamo in strada contro questo decreto, l’ennesimo, che vorrebbe stringere una morsa sempre più forte intorno alle nostre vite.

Scendiamo in strada perché sappiamo chi sono i mandanti e gli esecutori di questa miseria organizzata e imposta.

Scendiamo in strada per esprimere la nostra solidarietà e rabbia con chi si batte contro tutto ciò e per questo viene colpito, con la galera o altre misure cautelari. Come Antonio, un nostro compagno sottoposto da agosto alla Sorveglianza Speciale e che avrà un’udienza di appello il prossimo 20 dicembre.

Qui di seguito (e qui scaricabile) un primo manifesto di indizione che riassume la storia di Antonio.

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Belgio – Due testimonianze scritte da reclusi nei centri di detenzione

I solidali e le solidali del Belgio sono riuscitx a raccogliere due ulteriori testimonianze da parte di persone migranti e rifugiati racchiuse nei lager per migranti del paese (in tutto cinque strutture). L’accesso alle informazioni riguardanti quanto succede dentro i centres fermés (equivalenti ai CPR in Italia) è quasi del tutto inesistente. Le sole notizie su queste strutture di morte che arrivano ai media sono quelle date dalle autorità. Eppure, le detenute e i detenuti raccontano delle situazioni orribili e dei trattamenti brutali a cui sono continuamente sottopostx dalle guardie.

Perquisizioni, isolamento, abusi di ogni genere il cui unico scopo è quello di azzerare le persone, inducendole in molti casi al suicidio, prima di procedere alle espulsioni o alle deportazioni in altri strutture e/o paesi. Come nel caso della mamma serba e delle sue quattro figlie nate in Belgio, detenute nel centre fermé per famiglie e costrette ad accettare il “rimpatrio volontario”.

Traduzione da: Getting the voice out

Centre fermé: due testimonianze scritte da persone ospitali

H mi chiama … dal 23/08 è nel centre fermé di Vottem. “Non va bene per niente …; mi hanno cambiato di stanza, adesso sono solo con un altro ragazzo; non si può uscire che un’ora al giorno, non vediamo nessuno. Dobbiamo persino mangiare nella nostra camera”.

Dal tam-tam capisco che H ha probabilmente fatto un tentativo di suicidio, e che è per questo motivo se ora si trova in isolamento; “una gabbia di lusso”. Vado a trovarlo la settimana dopo, dopo le feste dei Santi, e provo a sapere quello che è successo.

Raccontami, H… lui è imbarazzato, non osa guardarmi negli occhi perché sa che questo mi rattrista molto.

Poi comincia a parlare, la testa nascosta sulla mia spalla…

“Mi han detto: “Sarai portato all’ambasciata d’Etiopia, per vedere se accettano di rilasciare il lascia passare per la tua espulsione”. Io ho detto: “d’accordo, vado all’ambasciata”. Lì tutto è durato solo 3 minuti! Nessuno m’ha parlato, nessuno m’ha fatto delle domande, ha ascoltato quello che avevo da dire. La signora che m’accompagnava ha firmato i documenti e siamo ripartiti. Poi mi han detto: “devi domandare l’asilo, non hai altra scelta, altrimenti ritornerai in Etiopia”; allora ho risposto: “d’accordo, faccio domanda d’asilo”. Continua a leggere

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Modena – Presidio contro i CPR ed enti aguzzini [24 novembre]

fonte: NO CIE modena

Caleidos sfrutta i migranti, le banche investono nei lager

Nell’ estate 2013 le continue rivolte dei migranti reclusi resero inagibile il CIE di Modena che da allora è rimasto chiuso.
Sulle orme del decreto del ministro Minniti, l’attuale governo lega/5 stelle vuole riaprirlo con il nome di CPR, centro di permanenza per i rimpatri.
Ciò vuol dire che decine di donne e uomini verranno rinchiusi per il solo crimine di non avere i documenti.
Pezzi di carta concessi da uno Stato che esporta guerre e sfruttamento nei paesi da cui provengono queste persone e si arroga il diritto di scegliere chi può farsi una vita altrove e chi no.
Come se questo non bastasse quattro banche speculeranno sulla loro detenzione. L’edificio dell’ex CIE di Modena è infatti di proprietà della finanziaria Alba Leasing, che fra i suoi soci annovera le banche BPER, BPM, Credito Valtellinese e Banca di Sondrio.
I probabili futuri reclusi nel CPR saranno coloro che oggi vengono buttati in mezzo alla strada dal sistema della seconda accoglienza, su cui la cooperativa Caleidos lucra a Modena. Caleidos da anni promuove il lavoro a costo zero per i rifugiati da lei gestiti, ricatta attraverso i suoi progetti di inserimento sociale chi non è disposto ad accettare la condizione di sfruttamento, cerca di imbrogliare sugli stessi diritti che i profughi avrebbero secondo il progetto di accoglienza (pocket money e food money) e tenta di spezzare la solidarietà tra migranti sfrattando chi nelle fredde notti d’autunno ospita compagni di sventure che altrimenti dormirebbero per le strade.

Vogliamo rompere il silenzio che pesa su tutto questo, non permettiamo che lo sfruttamento delle persone continui indisturbato.

Sabato 24 Novembre alle 15:30 presidio a Modena contro i CPR e contro chi lucra sulla pelle dei poveri (a breve info sul luogo preciso).

Nemici e nemiche delle frontiere

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Sorveglianza speciale e misure preventive – Lo stato di polizia chiamato prevenzione

fonte: round robin

“Il concetto di pericolosità ormai sta permeando tutto l’apparato giuridico e repressivo italiano, le misure preventive sono solo un esempio a riguardo, ma basti pensare a come tale concetto abbia invaso la questione migratoria, facendo da presunta base teorica alla reclusione nei Cpr, al diniego dell’asilo e alla stessa deportazione per averne un’idea più chiara.”

Sorveglianza speciale e misure preventive – Lettura

Sorveglianza speciale e misure preventive – Stampa

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Intossicati dalla razza: una storia italiana

fonte: Radiocane

«Oggi, i vecchi e sperimentati dispositivi razzisti e deumanizzanti formatisi negli anni del colonialismo italiano nel Corno d’Africa si stanno riattivando sulla pelle di donne e uomini migranti, e molte parole proprie dell’ideologia di quell’epoca si ripresentano nel linguaggio quotidiano, così come torna a riaffacciarsi prepotentemente una concezione della donna e della famiglia di stampo clerico-fascista».

In questa conversazione con Nicoletta Poidimani si disvelano le radici inestirpate della “narrazione tossica” oggi dominante, basata sull’omissione della storia dell’oppressione.

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Parigi – Il 23 novembre corteo contro i centri di detenzione

fonte: paris-luttes.info

I CRA (Centri di detenzione amministrativa) sono delle prigioni, devono essere chiuse!
La marcia partirà dal Ministero dell’Interno, direzione dell’Immigrazione nel 20° arrondissement (18 rue des Pyrénées 75020 / Métro Porte de Vincennes) verso il Centro di detenzione di Vincennes dove si contatteranno le/i detenutx del CRA di Vincennes e di Mesnil-Amelot.

Mentre i sermoni sull’ospitalità si moltiplicano nei teatri e nei musei, sermoni che coinvolgono soltanto coloro che ci credono, lo Stato francese rastrella, arresta e espelle quelle e quelli che taluni promettono d’accogliere “con dignità”.

Lo Stato francese rastrella a Grande-Synthe il 30 settembre 2018 e sono decine le persone messe in carcere nei Centri di detenzione di Mesnil-Amelot, 30 in quello di Lille e 25 in quello di Coquelles.
Lo stato francese rastrella agli sportelli delle prefetture della Val-de-Marne, della Val-d’Oise, di Parigi, del Hauts-de-Seine, di Seine-Saint-Denis e di Seine-et-Marne, e sono proprio i Centri di detenzione di Mesnil-Amelot, di Plaisir, di Palaiseau e di Parigi Vincennes a diventare la pietra angolare di una gestione carceraria del cosiddetto problema migratorio.

Lo Stato francese, nella continuità coloniale e nella logica di una politica post-coloniale, rende le persone irregolari per poter detenere e deportare tuttx coloro che non hanno commesso nessun altro delitto che nascere nel paese sbagliato e di essere presenti qui.
Rastrellamento – Detenzione – Deportazione è il meccanismo centrale della violenza di Stato e del razzismo che colpisce in maniera particolare le persone migranti.
Da gennaio 2019 la durata massima della detenzione delle persone arbitrariamente decretate come “illegali” in attesa di espulsione, sarà di 90 giorni. 90 giorni recluse, ristrette, spesso umiliate o malmenate, 90 giorni private della libertà e sottomesse all’arbitrio delle guardie, della prefettura e dei giudici ai loro ordini. 90 giorni ad aspettare di essere violentemente imbarcati nel fondo di un aereo regolare, ammanettate, incappucciate, spesso sedate.

A quelle e quelli che oggi si agitano per migliorare le condizioni della detenzione, programmano dei laboratori pedagogici o gettano dentro gli spazi comuni dei palloni da calcio, noi rispondiamo: “sono i Centri di detenzione che bisogna chiudere”.
A quelle e quelli che ritengono l’accoglienza come orizzonte politico, noi rispondiamo: “è il CESEDA, il codice di entrata e di soggiorno degli stranieri e del diritto d’asilo, che bisogna abolire”.

Imprigionati perché razzializzati/e, messi dentro perché poveri/e, sottomessi al regime di deportazione così come all’arbitrarietà della violenza della polizia all’ombra dei muri dei Centri di detenzione amministrativa. Questa è la condizione degli/delle stranierx resi illegalx nella Francia metropolitana e soprattutto nei cosiddetti Territori d’Oltre Mare.

Non esistono i Centri di detenzione dal volto umano. Non è solo la manganellata che fa la violenza dello Stato. Sono anche le mura e le loro recinzioni. È l’aereo e la scorta di guardie. È il tribunale e il suo giudice razzista. Sono i traduttori e le traduttrici che rifiutano di tradurre e accusano coloro che hanno davanti di mentire. Sono i medici e le mediche che umiliano e prescrivono dei calmanti per mettere a tacere la rabbia.

Il corteo partirà dal Ministero degli interni, direzione dell’immigrazione nel 20° arrondissement e una volta arrivata alle porte del Centro di detenzione di Vincennes, si contatteranno le/i detenutx di Vincennes ma anche del Centro di detenzione di Mesnil-Amelot perché non esiste il noi senza loro.

Contatti: Collectif La Chapelle Debout
Mail: collectif.lachapelle.debout[at]gmail.com
FB

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Taranto – Contro le deportazioni, rivolta ed evasione dall’hotspot

L’hotspot di Taranto

Nel pomeriggio di ieri 14 novembre le 40 persone presenti da giorni nell’hotspot di Taranto hanno portato avanti una protesta contro le deportazioni, scontrandosi con le forze dell’ordine. Due persone sarebbero riuscite a scavalcare la recinzione ed evadere dal lager di stato.
Apprendiamo la notizia dall’unico articolo di un quotidiano locale che riporta il fatto, e del quale ricopiamo di seguito alcuni brani.

”Nel primo pomeriggio di ieri – intorno alle ore 14.00 – sarebbe scoppiata una protesta dei quaranta migranti ospiti da 3-4 giorni dell’hotspot in zona Porto, al Varco ovest. I migranti – molti di questi di nazionalità algerina – avrebbero dato in escandescenze perché rischiano di essere rimpatriati.

L’hotspot tarantino, in questi mesi sotto la lente d’ingrandimento dell’Anac – Autorità nazionale Anticorruzione – (di cui spiegheremo in seguito) vedrebbe il transito di migranti che da località come Ventimiglia, arrivano con i bus, percorrendo 1100 chilometri fino alla provincia ionica, per le procedure di identificazione.

Tornando all’accaduto, i migranti avrebbero protestato in modo aggressivo: uno di loro, in particolare, avrebbe ferito ad una gamba un carabiniere intervenuto a riportare l’ordine, con un occhiello metallico staccato da un modulo. La rabbia dei migranti sarebbe poi sfociata in una sassaiola contro le forze di polizia intervenute. Due migranti, che sarebbero poi scappati, avrebbero scavalcato la cancellata e, dai binari della ferrovia, avrebbero lanciato sassi e cocci di vetro contro gli agenti. Il massiccio intervento delle forze dell’ordine avrebbe poi arginato la protesta e ristabilito l’ordine. I migranti si sarebbero infine rintanati nei box della struttura, dove dormono da alcuni giorni.”

”Tra le anomalie riscontrate dall’Anac, inoltre, ci sarebbe l’affidamento diretto ad una Onlus “Noi e Voi”, che tutt’ora gestisce l’assistenza generica ed amministrativa dell’hotspot. a cui l’Ente con “carattere d’urgenza” aveva affidato la gestione dei suddetti servizi nel marzo 2016. Al termine della scadenza, c’era stata una procedura a cui avrebbero partecipato tre soggetti economici, con la sola ammissione della “Noi e Voi” Onlus.”

”Andando sul sito del Comune di Taranto, inoltre, si può consultare il bando di gara per la “procedura aperta relativo all’affidamento delle attività per la gestione ed il funzionamento dell’hotspot”.

Questo bando, però, datato 11 ottobre 2018 e con scadenza al 26 ottobre 2018 (consultabile integralmente al seguente link) è stato sospeso dopo soli 7 giorni, in data 18 ottobre 2018”

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